La preghiera del mattino
Tutti gli errori di Maurizio Landini
Su Fanpage Tommaso Coluzzi scrive: «È il momento della ribellione. Maurizio Landini lancia la manifestazione della Cgil a Roma, che si terrà domani, con un video sui social del sindacato».
Oggi dunque la Cgil non è tanto impegnata a contrattare sulle condizioni dei lavoratori quanto ad appellarsi a una generica ribellione, e nell’organizzare questa ribellione Landini commette un altro terribile errore contrapponendo la base sociale che vuole guidare a quella di chi non “paga il fisco”. I vecchi comunisti si affannavano a spiegare ai sindacalisti troppo radicali, una semplice verità: «Guarda che l’operaio che s’iscrive alla Cgil non di rado ha una cugina che fa la bottegaia, una sorella che lavora in nero come cameriera, uno zio che fa l’idraulico. Se non tieni conto nelle tue lotte e propagande della realtà effettuale delle cose, finirai per isolare i movimenti che organizzi».
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Su First online Franco Locatelli scrive: «C’è un altro aspetto, solitamente trascurato, che spicca nell’intervista di Sapelli ed è l’atto d’accusa ai sindacati per il loro silenzio sull’immigrazione. Sapelli è sempre stato molto vicino ai sindacati, da giovane nella Fiom di Torino e in anni recenti alla Cisl ma l’onestà intellettuale gli fa dire che oggi “è assordante il silenzio dei sindacati che sanno solo pietire diritti per tutti ma non si fanno capofila di un vero processo di innovazione” nel quale l’ordinata accoglienza di migranti da formare nei loro paesi d’origine e da indirizzare verso le nostre fabbriche che più hanno bisogno di personale può avere un grande valenza. Difficile dargli torto. Bravo Prof».
Come nota Sapelli, Landini è incapace di fare i conti con la realtà. Anche sulla questione dell’immigrazione dovrebbe costruirsi uno spazio per organizzare i tanti lavoratori extracomunitari che sicuramente nei prossimi anni troveranno un’occupazione in Italia. Perso in stravaganti battaglie identitarie, il segretario della Cgil non s’impegna concretamente neanche su questo terreno.
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Su Startmag Giuliano Cazzola scrive: «La Cgil ha manifestato insieme a un centinaio di associazioni “in difesa della Costituzione”, che ad avviso del conducator Maurizio Landini e dei suoi sodali (che hanno preso la parola dal palco) sarebbe minacciata da un governo che è intenzionato ad annichilire il Parlamento tramite il ricorso al presidenzialismo o al premierato e a spaccare in tanti pezzi l’Italia attraverso l’autonomia differenziata. Si potrebbe discutere a lungo in punto di diritto e di opportunità politica su questi propositi, ammesso e non concesso che trovino la strada per essere approvati dal Parlamento. Scomodare la legge fondamentale, presidio delle nostre istituzioni, per fare dell’agitazionismo propagandistico è un’operazione irresponsabile perché non si scherza con la libertà e la democrazia per dare una mano di vernice ad una piattaforma sindacale scritta da un comitato di alcolisti anonimi».
Mi pare che l’appassionato giudizio espresso in queste righe tratte da un articolo di Cazzola sia quello che le piattaforme landiniane si meritano.
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Su Startmag Pierluigi Mennitti scrive: «Ma soprattutto si consolida uno slittamento a destra dell’intero quadro elettorale in Germania. AfD vince anche se partiti e liste conservatrici più moderate non perdono, o addirittura stravincono come la Cdu in Assia. Chi perde sono le sinistre al governo (Spd e Verdi), quella all’opposizione (la Linke che esce dal parlamentino dell’Assia e resta ancora fuori in Baviera) e l’Fdp, che di sinistra non è ma condivide la responsabilità di governo a Berlino. Materiale per ulteriore analisi nei prossimi giorni. In vista di una nuova tornata regionale fra un anno che si annuncia caldissima in tre Länder dell’Est (Brandeburgo, Sassonia e Turingia) dove AfD appare inarrestabile».
Il voto di due Länder dell’ex Germania occidentale (Assia e Baviera), conferma i sondaggi che danno l’AfD (primo partito in tante aree dell’ex Ddr) al 23 per cento su base nazionale. La prospettiva di un parlamento con la Cdu-Csu al 27 per cento, la Spd al 16, i Verdi al 14 e un dieci per cento disperso perché non arriva al 5 per cento, non è irrealistica. I popolari tedeschi hanno già sacrosantamente denunciato alcuni elementi non accettabili degli “alleati tedeschi”, la presenza di loro esponenti che minimizzano il carattere criminale del regime nazista o peggio, un certo sciovinismo anti Ue, e tra gli ex “orientali” forti pulsioni filo putiniane (peraltro presenti anche tra i socialdemocratici).
L’allarme di Manfred Weber e dei tedeschi del Ppe, che pur rivendicano stretti rapporti con Giorgia Meloni, è comprensibile, non risolve però un problema grosso come una casa: che succede se si lascerà la maggioranza (o anche tutta l’opposizione in caso di union sacrée tra popolari, Spd e Verdi) dell’opposizione a un’Allianz che già denuncia, con toni volgarmente qualunquistici ma efficaci, come i politici governanti la Germania non si dividono secondo idee e programmi, ma si uniscono per la spartizione del potere? Ci sono vie per uscire da questa trappola? I furbi popolari bavaresi hanno aiutato la formazione di una forza di destra radicale anti AfD (i Liberi elettori) che nel loro Land ha preso gli stessi voti degli “alleati”, più o meno il 16 per cento. Si può riprodurre questa scelta? Oppure c’è la via praticata qualche anno fa in Austria e oggi in Svezia e Finlandia, e presto forse in Olanda, di convergenze tra destra moderata e radicale, al fine di emendare quest’ultima dalle posizioni politicamente e moralmente inaccettabili.
C’è chi ricorda, però, come scelte di questo tipo abbiano portato al potere Benito Mussolini e Adolf Hitler. Ma questo è un parallelo storico gravemente sbagliato: non siamo negli anni Venti e Trenta del Novecento, non ci sono milioni di ex soldati che hanno ancora negli occhi e nella mente i gas, le trincee, i cadaveri del ’14-’18, non ci sono centinaia di migliaia di disoccupati alla fame, non c’è un’inflazione sopra il 100 per cento, non ci sono milizie armate di partito mosse dalla paura o dalle speranze nella Rivoluzione russa del ’17. La nostra situazione piuttosto è quella pre 1914, quando élite (sonnambuli sono stati definiti i loro esponenti) infastidite da movimenti politico-sociali che si affacciavano sulla scena nazionale, sono state in qualche modo tentate da un breve guerra (re e imperatori divisi ma cugini ne avrebbero limitato gli effetti) che disciplinasse i disturbatori. Se questa analisi è realistica, oggi bisogna guardarsi oltre che dagli estremisti anche dai neo sonnambuli.
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