Entrate fiscali, il Tesoro non la racconta tutta: il gettito Iva è calato del 7,5 per cento (e non del 2)
I dati sulle entrate tributarie nei primi dieci mesi dell’anno sono «drogati». Le stime del ministero delle finanze, infatti, sono pesantemente condizionate «dagli aumenti delle aliquote decisi dal governo». Mentre non appaiono con altrettanto risalto quei numeri che sono, con più evidenza di altri, sintomo della «reale situazione» in cui versa l’economia italiana. A parlare è Alessandro Giovannini, docente di Diritto tributario nelle Università di Siena e Pisa. Di quali numeri parla Giovannini? Gettito Iva a -7,5 per cento e non solo -2 («significa che siamo in piena recessione»), proventi dell’imposta di registro a -11 per cento («gli scambi immobiliari sono bloccati») e gettito sul lotto e altri giochi a -15 per cento, un dato quest’ultimo particolarmente preoccupante «perché in controtendenza».
Nel periodo gennaio-ottobre 2012 le entrate tributarie sono cresciute del 4,4 per cento (+13,6 miliardi di euro), attestandosi a quota 322,8 miliardi. Cosa significa?
L’aumento delle entrate si giustifica essenzialmente questo: circa 10 miliardi di euro provengono dalla prima rata dell’Imu; 3,5 miliardi dalle imposte sulla benzina; 3 miliardi dal gettito dell’imposta sostitutiva sugli interessi e sui redditi di capitale; altri 3 miliardi dall’aumento dell’imposta di bollo; 2 miliardi di maggiori entrate derivanti dalle maggiori ritenute sugli interessi bancari; e 1 miliardo dalle imposte sull’energia elettrica. Sono solo 500 milioni invece quelli che derivano dalle maggiori entrate della lotta all’evasione fiscale. Serve aggiungere una spiegazione?
Aggiungiamola.
Emerge con evidenza come sia ancora lungo il cammino della lotta all’evasione, che pure l’attuale governo ha portato avanti con serietà; ed emerge anche con chiarezza come le maggiori entrate siano prevalentemente frutto di inasprimenti di tributi già esistenti e dell’introduzione ex novo dell’Imu.
Quali sono le previsioni per fine anno?
Difficile dirlo. Anche perché non si sa ancora come sono andati i secondi acconti dell’Irpef e dell’Ires. Così come non sono ancora disponibili i dati sul saldo dell’Imu. Di certo nulla fa pensare che si possa anche solo intravedere la fine della recessione.
Le imposte indirette hanno garantito maggiori entrate per 8,2 miliardi di euro (+5 per cento). Chi ha pagato di più?
L’aumento si giustifica non tanto per un maggior gettito dell’imposta sulle società o dell’Irpef, men che meno per un aumento dell’Irap il cui saldo è pari a 0; quanto piuttosto si spiega con l’aumento di gettito delle ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale. Basta considerare che solo le ritenute sui redditi finanziari (come conti corrente e guadagni di borsa) sono aumentate del 299 per cento. E ciò è accaduto perché l’aliquota su questi redditi è stata portata al 20 per cento.
Nonostante il governo abbia inasprito le aliquote sull’Iva, il suo gettito è calato del 2 per cento, pari a quasi 1,8 miliardi di euro in meno. Eppure le imposte indirette sono cresciute del 3,7 per cento (+5,3 miliardi). Come si spiega?
Perché nelle imposte indirette sono comprese anche le imposte di fabbricazione (benzina ed energia elettrica) che, in ragione dell’aumento delle aliquote deciso dal governo, hanno visto incrementare il loro gettito anche del 120 per cento. Ma questo dato non rispecchia la reale situazione dell’economia italiana.
Come mai?
Questo dato è “drogato” dall’aumento per legge delle aliquote. Lo specchio della situazione economica è offerto piuttosto da due imposte che sono più direttamente collegate all’andamento del mercato. La prima è l’Iva, il cui decremento, solo apparentemente minimale (non dimentichiamo che il dato del -2 per cento è una media), è ben più grave di quanto sembri: solo a gennaio il gettito Iva è aumentato (+6 per cento); mentre da febbraio e fino ad ottobre la diminuzione è stata sensibile (-7,5 per cento), confermando di fatto la tendenza recessiva dell’economia. La seconda è l’imposta di registro che ha fatto segnare un minor gettito pari al -11 per cento e, come sappiamo, questa è un’imposta che colpisce tradizionalmente gli scambi immobiliari, un mercato ora totalmente bloccato.
Nel complesso, quindi, l’economia rallenta, la gente comune tira sempre di più la cinghia ma lo Stato incassa più di prima. È un situazione sostenibile?
No, perché larga sostanza delle maggiori risorse drenate ai cittadini e alle famiglie va a coprire, da una parte, i maggiori interessi sul debito, in costante aumento per effetto della speculazione finanziaria in atto contro i nostri titoli di Stato; dall’altra non viene redistribuita equamente a favore dei ceti più bisognosi.
Monti, dopo averle alzate un po’ dappertutto, ha detto che l’anno prossimo bisognerà ridurre le tasse. Questo governo e il prossimo da dove potrebbero partire?
Penso che una significativa riduzione del carico fiscale complessivo, ormai, non sia più rinviabile. Ma la prima cosa da fare è una feroce lotta alla criminalità organizzata, che è la prima fonte dell’evasione fiscale nel nostro paese: secondo le più attendibili stime economiche, l’evasione riconducibile alle mafie supera i 90 miliardi di euro l’anno. Ai quali si possono aggiungere poi i 60 miliardi dispersi nei rivoli della corruzione. Penso che ci troviamo di fronte ad un campo tutto da arare ma che può ancora dare i suoi frutti a vantaggio dell’intera economia nazionale. Ma c’è un dato ulteriore che non abbiamo considerato e che dice molto più di tanti altri come è davvero la situazione economica degli italiani.
Sarebbe?
Che gli italiani pare che abbiano anche perso la loro fiducia nella “Dea bendata”: i proventi del Lotto e di tutti gli altri giochi sono, infatti, diminuiti del 15 per cento in meno di un anno, pari a 1 miliardo di euro in meno. Un dato, oltretutto, in controtendenza, perché è noto che, in periodi di crisi, la spesa per le lotterie e i giochi aumenta sempre.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!