Spartiacque 25 settembre
La campagna elettorale volge al termine con un vincitore annunciato, Giorgia Meloni, che, fatta la tara agli inevitabili slogan dell’ultima ora, si è rivolta più all’estero che all’interno. Meloni ha parlato da presidente del Consiglio in pectore, mandando segnali chiari a chi, oltre confine, aveva orecchie per intendere. Così si spiegano le rassicurazioni sull’alleanza atlantica, la collocazione italiana sul fronte occidentale, i segni d’intesa con i repubblicani (più che con Trump) negli States. Così si spiega la ribadita volontà di non vedere di buon occhio gli scostamenti di bilancio tanto invocati da matteo Salvini. Meloni sa di dover scontare un pregiudizio oltralpe e per questo ha lavorato per smentirlo e rassicurare chi nel mondo si chiede: “Chi è questa Meloni? Cosa farà?”.
Il risultato delle urne sarà un passaggio importante per misurarla e, per lei, di misurare l’ampiezza dei passi che dovrà compiere nel breve e medio termine. Dirà se quell’idea di trasformare un partito molto “italiano” come Fratelli d’Italia in un partito conservatore sul modello inglese o nel centro di gravità di un soggetto repubblicano stile americano avrà fiato per correre oppure no.
Lega, Forza Italia, Noi Moderati
Bisognerà vedere come andranno i suoi alleati, Lega e Forza Italia, che oggi paiono arrivati alla fine di una parabola e che dovranno, dal 26 settembre, comunque vada, reinventarsi.
Diverso il discorso per Noi moderati, formazione ricca di buone idee e persone di valore, che, proprio per questo, potrebbe trovarsi a dover svolgere un ruolo fondamentale dopo il voto. Meloni lo sa bene, altrimenti non avrebbe generosamente acconsentito a trovare loro uno spazio di rappresentanza per questa corsa.
Pd e M5s, nuova “Lega Sud”
Il 25 settembre sarà uno spartiacque anche per tutti gli altri. Sicuramente per Enrico Letta, che le ha sbagliate tutte non solo in campagna elettorale, ma da quando è segretario. Come è d’uso, da quelle parti, lo congederanno per affidarsi a una nuova guida (Bonaccini s’è già alzato dalla sedia).
Curioso sarà vedere cosa accadrà ai 5 Stelle e se il padre padrone Beppe Grillo tornerà sulla scena o se lascerà a Giuseppe Conte la leadership di un movimento che ha cambiato idea su tutto: è passato dal “vaffanculo” al “gratuitamente”, da compagine di rivoluzionari a gang di trasformisti. Oggi il M5s è una Lega del Sud che lucra sul risentimento del Meridione (chissà se un giorno li sentiremo urlare “Milano ladrona”) e illude su impossibili politiche assistenzialiste (con quali soldi?).
Renzi e Calenda
Impossibile prevedere il futuro del Terzo Polo, formazione che ha impostato la sua campagna elettorale in attesa degli eventi: “se fallisce il governo, noi…”, “se torna Draghi, noi…”.
Vedremo quanto durerà l’alleanza di Carlo Calenda con l’irrequieto e furbissimo Renzi, che, dopo aver fatto la campagna elettorale con i soldi e i voti del compare, tornerà – vedrete – a essere di nuovo ciarliero e protagonista.
Ma, tranquilli, non succederà nulla di diverso da quanto è già successo. Carlo può stare sereno.
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