E se la facessimo finita con la tolleranza?

Di Rodolfo Casadei
19 Aprile 2022
Tradotto in italiano il libro di Adrien Candiard che smitizza l'idea di una Andalusia medievale multireligiosa sotto il dominio arabo
Moschea di Cordova, Andalusia, Spagna
Moschea di Cordova, Andalusia, Spagna

Meglio tardi che mai: la Libreria Editrice Vaticana ci regala l’edizione italiana del libro di Adrien Candiard sulla tolleranza fra le religioni e sull’ipotetico modello rappresentato dall’Andalusia medievale, apparso nella sua prima edizione nel 2014 col titolo provocatorio En finir avec la tolérance? Différences religieuses et rêve andalou, cioè “Farla finita con la tolleranza? Differenze religiose e sogno andaluso”. Il frate domenicano, priore del convento di Nostra Signore del Rosario al Cairo e studioso dell’Ideo (Istituto domenicano di studi orientali), metteva in discussione sin dal titolo il modello di tolleranza religiosa occidentale e l’idealizzazione che è stata fatta dell’Andalusia multireligiosa sotto il dominio arabo. Il titolo italiano dell’agile libretto è molto più irenista: Tolleranza? Meglio il dialogo. Il caso-Andalusia e il confronto fra le fedi religiose.

Andalusia mitica

In estrema sintesi, Candiard spiega che l’Andalusia medievale come viene raccontata oggi non è mai esistita, è una costruzione a posteriori che deve giustificare il modello illuminista di tolleranza religiosa, fondato sulla riduzione della fede a questione privata ed estranea alla ragione; oggi questo modello mostra la corda perché non ha disattivato il potenziale conflittuale del fattore religioso, ma ha piuttosto ridotto la religione a elemento puramente identitario, foriero di conflitti potenzialmente non meno rovinosi di quelli ai quali ha messo fine.

Se c’è qualcosa da imparare da alcuni dei pensatori cristiani, musulmani ed ebrei dell’Andalusia medievale è piuttosto la capacità di condurre dispute teologiche circa la verità delle rispettive religioni nel rispetto degli interlocutori; rispetto che non si misura sulla base della gentilezza dei modi, ma della serietà con cui hanno studiato e approfondito le credenze altrui.

Per Candiard il dialogo fra persone di religione diversa non può ridursi alla testimonianza personale, deve comprendere anche il dibattito, la discussione, l’argomentazione su base razionale volta a confutare il discorso altrui. Lo esigono la fede nell’esistenza della verità e l’esigenza di non recidere il nesso fra fede e ragione.

Spagna multireligiosa

La preferenza di Candiard non cade sull’Averroè prima malinteso dai cristiani medievali e poi idealizzato dagli illuministi, ma su apologeti seri come il musulmano Ibn Hazm e il cristiano Raimondo Lullo. Costoro dimostrano passione per la verità, ascolto delle ragioni dell’altro, lucidità nell’esercizio della ragione.

La Spagna multireligiosa del tempo era appassionata di dispute teologiche pubbliche organizzate dagli stessi sovrani cristiani e musulmani, ma il modo in cui si svolgevano ricordano i talk show televisivi odierni: l’abilità retorica e la falsificazione spudorata delle posizioni dell’avversario prevalevano sull’autentica ricerca della verità. Che invece si manifestava nelle conversioni, fenomeno niente affatto raro e quasi sempre genuino: i convertiti di ogni genere erano gente seria, che abbandonava famiglia e città a causa della nuova fede abbracciata.

Averroè e Tommaso

Il libretto stupisce il lettore di media cultura confutando alcune convinzioni comunemente accettate, come quella che Averroè sarebbe il filosofo che ha teorizzato la “doppia verità”, cioè la contrapposizione di fede e ragione (non è così); e come quella che vede in Tommaso d’Aquino colui che ha coniato la definizione della verità come “adaequatio rei et intellectus”, mentre invece il merito andrebbe al filosofo ebreo egiziano Isaac Israeli ben Salomon.

Ma le pagine più belle sono quelle che Candiard dedica al commento del Libro del Gentile e dei Tre Savi di Raimondo Lullo, che contrappone a Nathan il saggio di Lessing. In quest’ultimo la tolleranza religiosa è fondata sull’idea che le differenze fra le varie religioni sono irrilevanti, una volta trovato l’accordo su ciò che hanno in comune.

Pericolo sincretismo

Invece nel libro di Lullo i tre saggi, che rappresentano i tre monoteismi, continuano a discutere fra loro su quale sia la religione vera anche dopo avere insegnato al pagano la semplice esistenza di Dio e della vita eterna, cose sulle quali concordano: «Non scelgono di rassicurare il pagano, disperato per la divisione, garantendogli che sull’essenziale sono d’accordo e che le loro differenze sono quisquilie quasi folcloristiche. Non cercano il consenso, l’abolizione delle rispettive credenze personali. Mettono invece in evidenza i loro dissensi attraverso un confronto che, per quanto beneducato, rimane in un certo senso violento: non esiste confronto senza affermazione delle proprie opinioni a spese delle opinioni altrui. Ma questa forma di violenza, ammorbidita dalle regole che si sono dati, ne evita un’altra, molto meno evidente ma più opprimente: la violenza dell’obbligo al consenso, che in fondo impedisce, cancellando le differenze, ogni dialogo autentico. (…) la vera posta in gioco della tolleranza non è constatare che tutti gli uomini mi assomigliano, sarà invece accettare di rispettare anche quelli che non mi assomigliano affatto. Ciò presuppone una presa d’atto: che le differenze che ci distinguono sono profonde, enormi. Devo dunque accettare di pensare che si può davvero pensare in altri modi, essere in disaccordo con me, e non a motivo di semplici malintesi da dissipare. Il sincretismo, che vuole ricondurre tutte le diversità all’unità, con la sua aria di elevata tolleranza è veramente più totalitario: preclude la stessa possibilità teorica di disaccordo!».

Non si potrebbe dire meglio.

Foto Ansa

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1 commento

  1. FRANCESCO BRODA

    Un maestro della tolleranza in questa chiave è stato Giovanni Guareschi dove i confronti spesso violenti tra Don Camillo e Peppone erano il riflesso di un profondo rispetto e affetto reciproco.

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