

RITIRO ARMI PESANTI. Come confermato dal presidente ucraino Petro Poroshenko, l’accordo prevede anche il ritiro delle armi pesanti da parte di entrambi gli schieramenti. Verrà creata una zona di sicurezza di 50, 70 e 140 chilometri a seconda del tiro e del calibro delle armi in mano ai diversi eserciti. Il ritiro delle armi pesanti verrà effettuato a partire da domenica e durerà al massimo 14 giorni, sotto la supervisione dell’Osce. Poroshenko ha anche aggiunto che tutte le parti si sono impegnate per far sì che Kiev riprenda il controllo di tutti i suoi confini con la Russia, alcuni dei quali sono attualmente nelle mani dei ribelli separatisti. Questo avverrà dal giorno successivo alle elezioni municipali, che si terranno a Donetsk e Lugansk come parte di una riforma costituzionale.
STIPENDI E PENSIONI. Nel documento finale è previsto anche che Kiev ristabilisca i rapporti economici, così come i pagamenti di stipendi e pensioni, con le aree sotto il controllo dei ribelli. Con l’aiuto di Germania e Francia anche le linee di credito dovrebbero essere ripristinate.
«BARLUME DI SPERANZA». Tra gli altri punti dell’accordo ci sono: scambio reciproco di tutti i prigionieri entro «19 giorni» e ritiro di tutte le truppe illegali (anche quelle nazionaliste di Kiev), uscita dal Paese di tutti i combattenti stranieri e mercenari, amnistia generale in molti distretti di Donetsk e Lugansk per i crimini commessi durante i combattimenti. I leader dei ribelli separatisti hanno dichiarato: «Se questi accordi verranno infranti, non ci saranno nuovi incontri». Angela Merkel si è dimostrata meno ottimista degli altri partecipanti alla trattativa: «Ora abbiamo un barlume di speranza ma non facciamoci illusioni: molto lavoro rimane da fare, ci sono ancora grandi ostacoli davanti a noi».
Foto Meeting Asem da Shutterstock
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