Dame che odiano le donne, «hanno votato Trump come i loro mariti buzziconi»
La prima notizia è che la resistenza antitrumpista si sta riorganizzando, rispolverando alcuni classici intramontabili. Come lo sciopero del sesso. «Io ho fatto la mia parte rompendo con il mio ragazzo repubblicano», singhiozza Amanda su TikTok incitando le sostenitrici di Kamala a divorziare dai mariti, mollare i fidanzati. McKenna giura al Guardian: «Non lascerò che un uomo mi tocchi finché non avrò riavuto i miei diritti». «Ragazze, è ora di boicottare tutti gli uomini!», strepita una creator in un video da 3,5 milioni di visualizzazioni. «Voi avete perso i vostri diritti e loro hanno perso il diritto di colpire a sangue! Il movimento 4b inizia ora!».
4b è la variante femminista sudocoreana del 2 di picche: no al matrimonio etero, no a partorire figli, no ad appuntamenti, no al sesso (in lingua originale: bihon, bichulsan, biyeonae, bisekseu). E no a Trump, che muoia con tutti i filistei. «Costruire il corpo dei miei sogni che nessun uomo toccherà per i prossimi 4 anni»: è la didascalia del video girato da una nuova adepta del movimento mentre si allena su un climber.
La resistenza antitrumpista si riorganizza: no al sesso e no alla tinta
Dicono i media che le ricerche di “4b” su Google siano aumentate del 450 per cento dopo la vittoria di Trump, con un picco di interesse da parte di utenti da Washington DC, Colorado, Vermont e Minnesota. Grazie a TikTok è stato «offerto alle donne un modo per colpire gli uomini alla giugulare», sostiene sempre una giornalista del Guardian, invitando a considerare anche quel perverso pronatalista di Musk, con «almeno 11 figli viventi», «un archetipico nemico del 4B».
«È straziante sapere che in questo paese conti solo se sei un uomo bianco eterosessuale. È semplicemente devastante che siamo a questo punto – riflette McKenna -. Quando gli uomini ci proveranno con me, mi limiterò a respingerli». Proprio come in campagna elettorale nel 2016: Vote Trump, Get Dumped. C’è anche chi ha deciso oggi come allora di tornare dal parrucchiere. Un’iniziativa coraggiosissima, «smettere di avere fede nell’America? L’ho fatto», incita le folle l’ardita condottiera @girl_dumphim. «Ho anche rinunciato a colorare i capelli. Fanculo la tinta dei capelli. Fanculo al fatto che i miei capelli siano lunghi e folti… Fanculo all’essere tutto ciò che il patriarcato vuole che siamo perché, chiaramente, non gliene frega un cazzo di noi».
Le “bianche e arrabbiate” di Repubblica tradiscono Repubblica
La seconda notizia – sfuggita alle tiktoker come alle deputate europee che stanno riempiendo i social di video per assicurare alle sorelle americane la solidarietà del parlamento di Belgio, Norvegia e Finlandia, «dear sisters, you’re not alone!» – è che però Trump è stato votato da una valanga di donne. Il 52 per cento delle donne bianche (la fetta di elettorato più grande in America), più di quelle che lo avevano votato nel 2016. «Portatrici sane di patriarcato», le chiama oggi Repubblica, dopo aver dedicato loro i titoli migliori. “La carica delle donne per Harris”. “Le mogli dei repubblicani: ‘Scegliamo Kamala per compensare il loro voto’”. “Bianche e arrabbiate, l’assalto finale di Kamala negli Stati in bilico”.
«Ho molte amiche che partecipano alla “campagna dei bagni”, lasciando post-it in luoghi femminili, dai gabinetti ai camerini prova, con inviti a votare pensando al loro futuro a dispetto della fede politica dei mariti», assicurava il premio Pulitzer femminista Susan Faludi al quotidiano. Per il quale il sorpasso della Harris endorsata dalle donne era certificato da tutti i sondaggi (da Abc/Ipsos a New York Times/Sienna a Cnn). E dato per certo considerando «che le donne bianche sono il 36 per cento dell’elettorato, e il 27 per cento considera l’aborto la prima motivazione di voto».
Rodotà contro le americane che ai dem tonici «preferiscono i buzziconi»
E qui veniamo alla terza notizia: per i progressisti di tutto il mondo le donne votano con utero e vagina. Non c’è alcuna possibilità che si preoccupino di economia, criminalità, immigrazione (Harris non ha offerto alcuna garanzia in materia, ha puntato solo su “Trump fascista” e “Forza aborto”). Soprattutto l’idea che una donna non voti per le fisime della parrocchietta, ma per il proprio interesse materiale non sfiora il pensiero delle donne molto progressivamente aggiornate. Annalisa Cuzzocrea (La Stampa) non si capacita: «L’America non si è mobilitata per difendere il diritto all’aborto. Non ha reagito all’offensiva della destra religiosa. Nei dieci Stati dove si votava per avere meno restrizioni sulle interruzioni di gravidanza, gran parte delle persone ha usato il voto disgiunto: sì all’aborto, ma no a Harris».
Più aristotelica la reazione di Maria Laura Rodotà: «A vedere il voto, anche le donne si sentono più a loro agio con buzziconi simil-Bandecchi (o Trump) che con Kamala Harris». «Magari le mamme hanno votato Trump perché ha promesso di non tassare le mance, e si informano con i meme, a Harris non hanno creduto». «Quello che sembrava un Paese di donne alfa si rivela neo-vetero-patriarcale». «Se vivi nel patriarcato ti abitui, minimizzi, per entrare in sintonia coi maschi ci scherzi su. E lo fai pure con Trump. E a quel punto pure il suo corpo flaccido, la sua volgarità, la repulsione che suscita nella gente dabbene sono un’arma vincente. Lo avvicinano, anche alle donne che hanno compagni così e pure loro non scherzano e i democratici washingtoniani e californiani molto tonici e superciliosi su fumo e grassi saturi gli danno sui nervi».
Aspesi su “Quelle donne che non votano una donna” che non si chiama Meloni
Riscattare i pronostici da gabbiano in alta montagna di Repubblica a proposito della «erede degli Obama» (Maurizio Molinari) è toccato a Natalia Aspesi. Lei, che prima delle elezioni del 2022 consigliava alle elettrici italiane di fare «Muzia Scevola» prima di mettere la crocetta su Meloni, «perché non c’è peggior nemico per una donna di una donna», e dopo rivolgeva alle donne un appello a detestarla, scrive di “Quelle donne che non votano una donna”. Di «sconfitta delle donne» e di «rivincita» delle «donne contro le donne». Donne che «non hanno seguito il consiglio abbastanza stupido rivolto alle donne: e cioè che, se i loro uomini votavano per Trump, a loro toccava di votare per Kamala».
Questo dopo aver augurato l’Alzheimer a Trump e prima di prendere la tangente sulla Meloni che bacia e ribacia Orban e Putin, su quelli che toccavano “bonariamente i nostri sederi” e ora sono in galera, sulla voglia di tornare a far l’amore, Tinder, Springsteen, la guerra e la longuette di Melania. Capito? No? Eppure qui c’è una quarta notizia.
Per la sinistra le donne di destra sono ancelle sottomesse a cretini da stalla
Quando nel 2016 la rivista Rolling Stone chiese a Bret Easton Ellis se, in quanto gay, non avrebbe dovuto votare a sinistra, lo scrittore rispose: «Questo suggerisce che io creda nella politica dell’identità, e che io voti con il mio pene. Sta suggerendo che l’immigrazione, l’economia e le altre politiche contino molto meno del fatto che io possa sposare un uomo. Questo è il problema con la politica dell’identità, ed è ciò che ha messo in difficoltà Hillary. Se hai una vagina, devi votare per Hillary. Le persone non sono elettori con una sola missione. Non voterò da gay».
La notizia è che le donne non hanno votato da donne, se donna significa aderire a quello stano concetto di democrazia per cui se non voti una donna di sinistra allora sei una povera stronza soggiogata al giogo machista. Per i democratici le donne conservatrici sono come le due bianche dello spot con la voce di Julia Roberts che le incita a votare per Harris e tradire i mariti nell’urna, «unico luogo in America dove le donne hanno ancora diritto di scelta». «Hai fatto la scelta giusta?», chiedono i mariti alle due uscite dai seggi, «Certamente, tesoro» rispondono le donne dopo aver votato dem con un sorriso complice. Solo una donna poteva pensare che funzionasse, dare ad altre donne delle ancelle di Margaret Atwood sottomesse a cretini da stalla, per concludere la missione. Come se le persone ne avessero solo una.
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