Dissonanza 17

Di Mauro Grimoldi
04 Dicembre 2024
È un avvento che profuma di quaresima quello che è venuto e che viene. Una ascesa di purificazione: la nostra piccola partecipazione alla veglia nell’orto degli ulivi
San Porfirio, l’unica chiesa cristiana ortodossa di Gaza, distrutta dai bombardamenti israeliani il 20 ottobre scorso
San Porfirio, l’unica chiesa cristiana ortodossa di Gaza, distrutta dai bombardamenti israeliani il 20 ottobre scorso (foto Ansa)

È, questo, un avvento che sa di quaresima:
una chiamata ruvida, sgarbata persino,
che accoglie con gratitudine soltanto chi ama
e benedice Dio e benedice i fratelli;
e volentieri pronuncia l’amaro confiteor
che salva dalla condanna,
quella che ci tiene attaccati
al delirio di ripetere sé stessi,
indefinitamente,
in un’apparenza vorticosa di agitazione
sterile, inerte come la morte.

Una discesa che è insieme un’ascesa,
l’esercizio che chiamiamo ascesi:
una salita purgatoriale, insomma.
Non sbaglia davvero il poeta
quando ascolta la voce alla Straniera:

Ho pigiato da sola l’uva nel torchio, e so
che è faticoso esser davvero utili.

E faticoso lo è veramente
quando le messi scarseggiano
e il grano raccolto a caro prezzo dai padri,
viene dissipato come pula;
la memoria azzerata,
come se nulla fosse cominciato
prima di noi, come se nessuno
ci avesse avvertito del compito
che contiene al contempo un futuro,
finanche un Destino:

Io vi ho mandati a mietere
ciò che voi non avete lavorato;
altri hanno lavorato
e voi siete subentrati nel loro lavoro.

Un tempo – secondo il poeta – tutti
parevano pronti a investire danaro,
ma i più si aspettavano i dividendi;
oggi si pretende profitto
senza investire nulla,
senza alcun sacrificio.

La nostra età è un’età di virtù moderata
e di vizio moderato
in cui gli uomini non deporranno la croce
perché mai l’assumeranno.

Kharkiv, Ucraina, 30 maggio 2024 (Ansa)
Kharkiv, Ucraina, 30 maggio 2024 (Ansa)

Il compito, l’investimento
cui si oppone la nostra
irragionevole ostinazione,
stranamente si rivela in queste parole di Cristo:

Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamati amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi.

Ma un comandamento precede l’annuncio:
che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando.

D’altronde, facendosi uomo,
Colui che nasce ha cominciato
a consegnarsi ad altri
ben prima di finire nelle mani
degli aguzzini che l’hanno ammazzato.
Quelli che il Padre mi ha dato,
questi sono stati la Sua cura,
non li ho perduti, non li ho abbandonati.
Sono diventati la pietra, la roccia,
il corpo che non muore nel travaglio temporale
della storia.
Noi ha cercato, noi ha amato,
come fa il pastore con ciascuna
delle pecore del gregge.

Che vita è la vostra se non avete vita in comune?
Non esiste vita se non nella comunità,
e non esiste comunità se non è vissuta in lode di Dio.
Persino l’anacoreta che medita in solitudine,
per il quale giorni e le notti ripetono le lodi di Dio,
prega per la Chiesa, il Corpo di Cristo incarnato.

Cosa è accaduto, se anche gli amici, gli operai,
tanti di loro e di noi vagano dispersi
su strade che si snodano come nastri?

Chi cercano gli occhi,
chi cercano i muscoli
dell’impiegato che varca
la soglia obbligata dell’ufficio giornaliero?
Cercano complici, cercano guide
per il tour de force professionale;
taluni cercano anche distrazioni
alla routine matrimoniale.

Port-au-Prince, Haiti, 19 agosto 2024 (foto Ansa)

Ma chi è l’uomo, chi è la donna
che cerca il Corpo?
Chi è l’uomo, chi è la donna
che cerca gli amici del Figlio?
Non quelli che ciascuno si plasma
a propria immagine e somiglianza
per costume, per interessi, per gusto;
ma quelli dati, quelli ricevuti, quelli consegnati?
Passano dieci, talvolta vent’anni
prima che ci si accorga
che a pochi passi,
sullo stesso piano,
nella stanza accanto,
un altro tra i fratelli,
uno di quelli che sono investiti
dal nome di amico,
s’è trascinato per proprio conto
nell’opera faticosa d’ogni giorno.
Per caso ci siamo riconosciuti, dicono.
Per caso!
Per la flessione paterna
che assume la pazienza di Dio
nell’educazione dei Suoi figli.

Chi cercano quelli che,
mettendo un piede dopo l’altro
camminano lungo i corridoi della scuola?
Complici distratti, commensali occasionali,
affini nel pensiero, utili alla causa, pronti all’accordo.
Cercano la quiete
scansano i fastidi,
esigono riposo
nella tranquillità delle piume.
Ma c’è pace solo nella dimora
del figlio, nel lavoro senza requie
dell’Eterno Lavoratore.

Quando non è gradita
l’interferenza degli amici,
quando la si evita nel modo
in cui ci si tiene alla larga
dagli ospiti indesiderati,
quando si impara tra gli amici
cosa vuol dire amare i nemici,
che cosa faremo?
Metteremo il muso?
Ce ne staremo al sicuro,
murati in qualche cenacolo?
Ce ne andremo?
Vorremo andarcene anche noi?

È un avvento che profuma di quaresima
quello che è venuto e che viene.
Una ascesa di purificazione:
la nostra piccola partecipazione
alla veglia nell’orto degli ulivi.

Venezuela
Proteste a Caracas, in Venezuela, contro Maduro e Putin (foto Ansa)

Almeno un minuto, un soffio di minuti
avrete vegliato con me,
condiviso questa solitudine
appassionata di amicizia,
di speranza contro ogni speranza.

Questo bimbo che nasce
comincia il suo folle affidamento,
si consegna nelle braccia
di sua madre e di suo padre,
si offre ai pastori e ai magi,
trova conforto nell’alito tiepido del bue,
percorre la sua via sul dorso duro del puledro.
E siamo noi il bue,
siamo noi il puledro sul quale il Figlio
percorre la Gerusalemme di questo mondo.
Come sta scritto nella roccia del tempo,
come è scolpito nella pietra del tempio:
Voi siete miei amici,
se farete ciò che io vi comando.

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