Lettere al direttore

Dissonanza 10

Di Mauro Grimoldi
05 Novembre 2023
Noi preghiamo, facciamo questa Veglia, ed è bello, ma chi ci ascolta? Nessuno ci ascolta. Nessuno o quasi nessuno. Ci ascolta Dio, e non è cosa da poco

Sul finir d’una estate testarda,

ai pochi che camminavano e pregavano

per i morti ucraini e per i morti russi,

(o forse bisognerebbe dire tanti,

visti i tempi che corrono

e, correndo all’indietro,

stanno fermi come non mai)

il nostro Vescovo ambrosiano

si rivolse in questo modo:

Noi preghiamo,

facciamo questa Veglia,

ed è bello,

ma chi ci ascolta?

Nessuno ci ascolta.

Nessuno o quasi nessuno.

Ci ascolta Dio,

e non è cosa da poco,

e qualche sparuto

e inaspettato Povero di Spirito.

Forse, aggiungo io,

anche per la nostra timidezza,

per le nostre voci

flebili

impaurite

incerte;

per le nostre calcolate cautele.

Perché non v’è più chi gridi!

Veramente non è tempo

questo

in cui sorga facilmente

un qualche Spartaco!

Ma c’è dell’altro,

non è tutto qui,

non finisce qui

quel che si deve dire.

Anche quando una voce

si alza, senza timore,

chi l’ascolta?

Chi l’ascolta tra quelli che,

in questi tempi di fuoco

e di buio,

si appellano alla perduta

virilità dell’Occidente?

Non dico i nemici dell’Occidente,

ma quelli che l’Occidente dicono

di rappresentare.

Questi ragionano solo per rapporti di forza,

conferenze di pace,

una nuova Jalta, una soluzione diplomatica,

oppure la guerra, l’unica opzione,

distruggere Hamas

e magari liquidare anche l’Iran

con le cattive,

perché con le buone non si può.

E non sbagliano nella loro logica.

Per costoro, per questi difensori

dell’Occidente,

non per i liquidatori dell’Occidente,

(quelli potremmo anche capirli)

per quelli che saprebbero cosa fare,

come risolvere le cose,

o almeno come metterci una pezza,

la presenza della Chiesa,

specialmente nelle terre martoriate

in cui si piangono lacrime e sangue,

la presenza dei cristiani che vivono lì,

non è solo minoritaria,

quindi debole,

quindi ininfluente,

ma non conta nulla,

non serve a nulla.

Neppure merita di essere ascoltata,

neppure ci si disturba per sapere cosa ha da dire.

Hanno fatto così con i Papi,

sistematicamente,

nei quarant’anni

di cui mi ricordo;

fanno così con quel duepercento

di cristiani che vivono

in quella Terra che si dice Santa.

Una nullità, un niente,

un foruncolo, un fastidio

sulla dura cotenna della bestia

che a fatica si tira dietro

il carro dolente della storia.

Eppure senza questo niente,

neppure ci sarebbe la Storia!

ma gli intelligenti,

i furbi,

gli scaltri

non ci pensano,

a questo non pensano proprio.

E se anche ci fosse una Storia

sarebbe una fanciulla disperata,

vittima senza scampo

della follia sanguinaria

del Male, il nostro,

quello che tanto ci attrae.

Sarebbe veramente, la vita,

una favola raccontata da un idiota

In un accesso di furore.

E neppure ci sarebbe Occidente

o civiltà o cultura o pittura

o musica o letteratura.

Non ci sarebbe niente

di quel che chiamiamo grande.

Niente di niente.

L’Armenia, dicono i profughi

fuggiti dal Nagorno,

non dovrebbe neppure esistere più.

La sua ostinazione a vivere

è illogica, inspiegabile,

un errore della storia.

Esiste perché c’è Dio.

Esiste perché c’è la Fede.

Come erano niente i primi discepoli,

e meno che niente la Croce,

obbrobrio, scandalo, ignominia.

Perché stupirsi

se il duepercento cristiano

della Terra Santa non interessa

a nessuno,

se a nessuno viene in mente

di interpellarli,

di starli a sentire,

di includerli nei loro ragionamenti

quando chi può,

quando chi deve

si trova a decidere,

o non decidere,

che cosa fare?

Un servo non è più grande del suo padrone.

Se hanno perseguitato Me,

perseguiteranno anche voi.

Se mi hanno zittito, deriso e irriso,

se mi hanno tolto di mezzo

perché stupirvi se tolgono di mezzo

anche voi, con le cattive

o con le buone maniere.

Eppure questo niente,

senza del quale il mondo sarebbe niente,

continua ad amarlo, questo mondo,

continua ad amarli questi uomini.

E lo fa vivendo,

lo fa essendoci,

non smettendo mai di vivere

e di dire

e di farsi presente.

Quando sei in minoranza,

devi essere propositivo:

non devi difenderti o proteggerti.

Credo sia questo l’errore che i cristiani hanno spesso commesso

in Medio Oriente.

(Soltanto lì?)

La cosa importante è non cercare delle protezioni,

ma fare proposte.

Che, ovviamente, possono essere accettate o respinte,

ma segnano la presenza vivace dentro il territorio.

Senza paura, con serenità, con passione

e – perché no? – con la fierezza

della propria identità e tradizione.

(Cardinale Pierbattista Pizzaballa citato in un articolo del quotidiano Domani del 23 ottobre 2023)

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