Tentar (un giudizio) non nuoce

Difesa comune e riarmo. Due cose diverse

Di Raffaele Cattaneo
15 Marzo 2025
Difesa comune non equivale a militarizzazione. Vuol dire essere consapevoli delle proprie responsabilità e della necessità di costruire una sicurezza che non sia delegata ad altri.
(Foto Ansa)

C’è una differenza sostanziale tra la difesa comune e il riarmo. Purtroppo, la proposta di Ursula von der Leyen ha scelto un titolo equivoco e fuorviante, alimentando un dibattito polarizzato e poco lucido.

L’Europa ha bisogno di una difesa comune? Sì. È un progetto che affonda le radici nella storia: Alcide De Gasperi lo aveva già avviato nel 1951, ma il sogno fu infranto dal veto dell’Assemblea Nazionale francese, che rifiutò l’idea di un esercito europeo. Da allora, la Francia ha sempre mantenuto un’ostinata mania di grandezza in ambito militare, e le recenti iniziative di Emmanuel Macron sembrano confermare questa inclinazione, più concentrata sull’autonomia strategica francese che su una vera difesa europea condivisa.

Oggi, però, il contesto geopolitico impone un cambio di prospettiva. Donald Trump sta indebolendo la Nato, mandando segnali inequivocabili sulla volontà di ridurre l’impegno americano in Europa. Per gli Stati Uniti, la vera partita strategica non si gioca più nel Vecchio Continente, ma nel Pacifico, nella competizione con la Cina e nel controllo dell’area indo-pacifica. In questo scenario, l’Europa non può più permettersi di dipendere dagli altri per la propria sicurezza.

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Non si può ignorare il problema

Da cattolico, e da uomo che crede nella pace come strumento primario di risoluzione delle controversie, pongo una domanda: come dobbiamo leggere questa proposta? Credo che la chiave di lettura sia duplice. Da un lato, il realismo, dall’altro, il principio di dissuasione.

La politica non può permettersi utopie scollegate dalla realtà. E questo è realismo. Il primo grande segno di intelligenza politica per un cattolico è partire dal mondo per come è, non per come vorremmo che fosse. Se oggi l’Europa si trova di fronte a un’urgenza di sicurezza, ignorare il problema non è un’opzione. Nessuno, nella propria famiglia, di fronte a una serie di furti nel quartiere, si domanderebbe se sia giusto migliorare le misure di sicurezza della propria casa. Allo stesso modo, nessun leader responsabile, di fronte a un crescente rischio di conflitti e instabilità, dovrebbe rimanere passivo senza rafforzare la propria sicurezza. La difesa è un principio riconosciuto anche dalla Dottrina sociale della Chiesa, che ne ammette la legittimità quando è necessaria per proteggere i popoli e garantire la sicurezza collettiva. Nel mondo esistono prepotenti e violenti, e il solo modo per impedirgli di sopraffare gli altri è dissuaderli mostrando una forza adeguata. La storia dimostra che la dissuasione non è la guerra, ma un sistema per evitarla.

L’equilibrio tra le potenze nucleari, per quanto fragile e controverso, ha evitato guerre mondiali negli ultimi settant’anni. Non è l’unico strumento per mantenere la pace, ma è uno di quelli che hanno funzionato. D’altro canto, è vero che un eccessivo potenziamento militare può alimentare la tentazione di ricorrere alla forza. Per questo serve equilibrio.

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No alla militarizzazione

Tuttavia, oggi l’Europa si trova davanti a un bivio: vuole essere un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro? O vuole recuperare una posizione adeguata nel contesto geopolitico?

Come ha detto Mario Draghi, «in un mondo di carnivori, l’Europa non può essere l’unico erbivoro», perché il rischio è finire inevitabilmente divorati.

Quindi, difesa comune non equivale a militarizzazione. Vuol dire essere consapevoli delle proprie responsabilità e della necessità di costruire una sicurezza che non sia delegata ad altri. L’Europa non può permettersi di restare un’entità fragile e vulnerabile in uno scenario internazionale in cui una potenza economica, senza un’adeguata capacità di protezione, diventa irrilevante. Non si tratta di abbracciare una logica di guerra, ma di garantire che la pace non sia solo un desiderio, ma una realtà protetta da basi solide.

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