Difendendo la sicurezza come base della libertà Sarkozy guida l’Europa fuori dagli anni Settanta

Tra sussulti, ripensamenti e disperati tentativi di restaurazione, stiamo finalmente uscendo dagli anni Settanta del secolo scorso, dalla loro concezione della vita, e dalla terribile distruzione di forze morali, psicologiche e culturali che hanno prodotto in Occidente. Nicolas Sarkozy, malgrado le sue personali contraddizioni tra intuizioni profonde e utilizzazione spregiudicata dello spettacolo, segna certamente una svolta in Europa. Sale all’Eliseo un uomo che conosce le difficoltà della vita, che ha imparato le fatiche e il valore del radicamento e dell’identità, che non rappresenta soltanto l’ottimismo superficiale della borghesia agiata e abituata al potere, alla Chirac, alla Prodi, o alla Villepin. Sarkozy, originario di un’Ungheria schiacciata e umiliata dal comunismo, conosce perfettamente l’importanza di identità nazionali europee che esprimano la forza della cultura della libertà che l’Europa ha portato nel mondo, e sulla quale è costruito l’Occidente. Sa anche, è chiaro da tutto quanto dice, che la libertà non è data per sempre, non è un privilegio, una sorta di superiorità etnica, come in fondo credevano i suoi predecessori. Tranne De Gaulle, naturalmente, che era un soldato, e aveva dovuto combattere prima per riportare la libertà nell’Europa conquistata dai nazisti, poi per evitare che la Francia venisse trascinata dalla questione algerina in una pericolosa guerra civile.
La libertà va difesa costantemente, nutrendone incessantemente la cultura, e difendendola nella vita quotidiana della comunità nazionale. Oggi, all’inizio del terzo millennio, quando non ci sono più, o non ancora, eserciti armati che premono ai suoi confini, la libertà in Europa si difende con la sicurezza. L’insidia illiberale è all’interno, e non è rappresentata solo dal terrorismo, islamico ma anche comunista, come sappiamo bene in Italia. La libertà dei cittadini è minacciata da tutti quei gruppi che, per ragioni diverse, non rispettano le regole che nell’Europa democratica sono poste appunto per difenderla. Si va dalle nuove forme di delinquenza (da quella finanziaria a quella informatica) ai comportamenti devianti che da sempre aggregano gruppi delinquenziali, alle ondate migratorie non controllate che adottano comportamenti criminali per affermarsi alle spalle della legalità vigente.
Sono fenomeni quasi interamente nuovi, che negli anni Settanta non esistevano, e che rovesciano profondamente il rapporto del mondo di oggi coi temi della libertà e della sicurezza. Mentre nella cultura di quegli anni, infatti, la libertà era intesa soprattutto come assenza di vincoli e la sicurezza come uno slogan che copriva intenti repressivi, oggi è chiaro a chiunque operi davvero all’interno della società (al di fuori dalle caste protette: le vecchie burocrazie politiche o intellettuali) che la sicurezza è condizione per la libertà. Come in Italia ha detto un altro leader politico emerso dalla cultura del fare, Letizia Moratti, durante la marcia per la sicurezza da lei stessa promossa, mentre Roberto Formigoni e Silvio Berlusconi annuivano alle sue spalle. Al di fuori delle farse delle consunte consorterie politiche, su questi temi crescerà l’Europa di domani.
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