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Da Donald a Ronald. Perché in America parlano tutti di DeSantis

Il governatore repubblicano della Florida è un trumpiano che sa governare, risponde colpo su colpo al progressismo e ha trasformato il suo stato in un laboratorio politico conservatore per capire l’America che verrà

Massimiliano Herber
30/04/2022 - 6:27
Esteri
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Ronald DeSantis
Il governatore della Florida, il repubblicano Ronald DeSantis (foto Ansa)

Da tempo negli Stati Uniti esiste il “Florida man”. La stampa ne ha creato lo stereotipo una decina di anni fa, il web l’ha trasformato in meme. Basta googlare “Florida man” per capire quanto sia popolare questa figura, tanto bizzarra quanto imperturbabile, a cui capitano gli eventi più strani e insoliti: finire nella gabbia di una tigre, trovarsi un alligatore in giardino o venire fermato per reati di ogni sorta…

Il trumpismo senza Trump di DeSantis

Eletto governatore nel 2019, Ron DeSantis pare il classico “Florida man”: un po’ corpulento, con le infradito d’ordinanza, capace di indossare la mascherina chirurgica al contrario a una conferenza stampa sulla pandemia. Eppure, in pochi anni, il 43enne repubblicano ha trasformato la Florida – tutta spiagge e pensionati – in un laboratorio politico conservatore, vetrina nazionale per capire l’America che verrà. Ron deSantis è «un Trump meno egotico e con esperienza di governo», dicono gli osservatori, sospendendo il giudizio, indecisi se sia una bocciatura o un complimento.

Ma che lo si critichi o si sbertucci il suo essere “Florida man”, si parla sempre di lui e dello stato da lui governato. E oggi deSantis è la stella nascente più luminosa della galassia repubblicana, l’unica e ragionevole alternativa a una ricandidatura del presidente numero quarantacinque; anzi, il candidato naturale a traghettare il trumpismo dopo Trump.

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Sin dal 2017 DeSantis è stato tra i primi ad abbracciare l’ortodossia trumpiana nel Partito repubblicano; l’ha applicata alla Florida promuovendo leggi contro l’immigrazione e poi cercando di ridurre al minimo le restrizioni anti Covid. Battaglia alternativa e aperturista contro la pandemia dal successo sanitario discutibile (contagi e vittime in Florida sono stati molti, ma nella media nazionale e meno di stati democratici come New York e California), ma con risvolti economici (meno disoccupazione) e sociali (con la riapertura delle scuole) notevoli.

La battaglia contro il woke e lo scontro con Disney

La battaglia di deSantis è divenuta ora culturale contro l’ideologia “woke”, contro gli attacchi ai valori conservatori e tradizionali, e immediatamente l’eco è divenuta nazionale. Lui, forte del sostegno popolare, non ha avuto paura di rispondere a quella che ritiene la deriva relativista liberal facendo politica: vietando per Legge lezioni sull’orientamento sessuale prima della terza elementare, promuovendo la revisione regolare degli incarichi a docenti scolastici e professori universitari (leggi insegnamento del razzismo e della storia), varando una nuova legge statale che vieta l’aborto dopo 15 settimane.

Dopo che l’anno scorso aveva sfidato i giganti della Silicon Valley rei di mancanza di trasparenza (leggi “di non tener sufficientemente conto delle sensibilità conservatrici”), ora deSantis è arrivato addirittura a sfidare il mondo Disney – che l’aveva contestato perché della diversità ha fatto la sua cifra culturale e commerciale – negando a Topolino e co. gli ormai storici privilegi fiscali. Una mossa politica in difesa dei valori tradizionali inimmaginabile sino a qualche anno fa, una politica impensabile per colui che pareva solo un “Florida man” ma che sa che verrà premiata dagli elettori repubblicani.

Il laboratorio politico della Florida

Una svolta un po’ reazionaria che non racconta solo cosa accade nel Sunshine State, il terzo più popoloso d’America, ma che è indice del cambiamento su scala nazionale. Un fermento politico, culturale e sociale in risposta all’agenda radicale spesso velocemente etichettata come “democratica” e solo in parte mosso dalla delusione per la presidenza Biden. 

Una mutazione che sarebbe riduttivo etichettare come mera espressione di un elettorato “bianco e conservatore” (vedi lo spostamento del voto ispanico, asiatico e afroamericano in alcuni stati nel 2020) e che Trump aveva intercettato, dandogli voce ma usandolo solo in parte. Oggi su quel cambiamento che agita la pancia del paese Ron DeSantis sta plasmando la sua azione politica in Florida, piccolo laboratorio politico nazionale. Per questo tutti i riflettori mediaci sono costantemente puntati a sud, e non più necessariamente a Mar-a-Lago strategico ed esclusivo buen retiro trumpiano.

Tags: conservatorismoDonald Trumpfloridagoppartito repubblicanoStati Unitiwoke
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