Pubblichiamo la rubrica di Luigi Amicone contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
C’era una volta un saggio di Desio che diceva: «Non c’è niente di più meschino per la ragione umana che lo scetticismo». Aprite il giornale o chiedete al vostro vicino di fare due chiacchiere sulle elezioni. Vi risponderà che «sono tutti uguali, sono tutti eccetera e lasciami giocare al Candy Crush Soda Saga». Era forse cominciata in questo clima indotto dallo sfascismo imperante la “magnifica pizzata” (come scrissi su Fb, e giuro che lo spengo il giorno 5 di giugno) con 25 universitari. Scopro che l’ardore giovanile è come il rock di Crosby&C., «can never die». Non può morire. Mai.
Poi, ennesima 24 ore di non campagna elettorale. Di nuovo a Chioggia. Presentazione con Mario Melazzini del suo Lo sguardo e la speranza. Più che un libro è un tuffo nella gioia della conoscenza. Scusate, scrivere che una malattia come la Sla apre alla vita («intendiamoci, io combatto e voglio guarire!»), che «ora è diverso, ho aperto gli occhi, sono cambiato, ho la fortuna – sì, la fortuna – di provare sulla mia pelle cosa vuol dire essere malato», beh, per scrivere certe cose ci vuole un bell’incontro. Ma cos’è vivere, vivere «e poi il male che ti ucciderà non sarà fumare o bere, ma vivere, vivere, e poi vivere»? Così, un bel giorno anche per Melazzini venne la bambina portoghese. Ma non era un sogno. Non era lo scetticismo uscito da un’intuizione sana e subito spenta da Guccini. Un bel giorno era il giorno del Dio di Giobbe. «Ti ho conosciuto per sentito dire ma ora Ti ho visto».
E da Teodora, cosa ho appena sentito dire mentre mi presenta a una suora scalabriniana in una chiesa zeppa di sudamericani? Ride Teodora, e dice: «Mi hanno fatto vedere le preghiere a tavola, le lodi al mattino – “vedere”, usa proprio questo verbo Teodora, “vedere” –, il cielo, le stelle, i fiori, e pensi che io sono peruviana, queste cose io le avevo lì, in Perù, eppure io non le vedevo. È così: sono diventata cristiana con quelli di Cl». Dopo di che, «esto es el nuestro candidado!». Bueno. En esta situación de grave crisis, urgen alegría y joya. Allegria e gioia. Come quelle che si respirano alla Messa dei latinos. E questa bella bionda algida, senza età, benedetta ma mica troppo sia la chirurgia estetica, da dove sbuca? Si affaccia in chiesa, infila la mano sinistra nell’acqua santa, fa un rapido segno di croce: sarà mancina o sarà lo Yorkshire che regge con la destra?
Anna permalosa capisci a me. Siamo qui a motteggiare. Per favore, non farmi ancora litigare. Ebbene sì. Voglio convincere anche Giorgio Vittadini. Anna bello sguardo senti a me. Più passano gli anni, più la vita ci si chiude davanti. Perché diventano tanti. E ci si chiudono neuroni, arterie, pericardi. Perciò, Anna, ragiona con Nagle. Che lo dice ai suoi ragazzi con più eleganza del mio ciarlare ditirambico: tutti i dubbi sollevati dall’età, tutte le prosopopee di scetticismo infingardo e di cinismo mentitore, chiacchiere di giornali e cuoricini Zuckerberg, non valgono una sola fragorosa, solenne, certezza: la morte.
E parlando di camera ardente, devo ammettere che non mi era mai capitato di trovarmi a camminare per strada (che poi è la strada presso casa mia) avendo alla mia sinistra uno scintillante Carrefour aperto 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, e alla mia destra un meraviglioso campo di grano. Che 10 minuti alle sei del mattino del 23 di maggio aveva la spiga magra e lo stelo già alto più di un metro e mezzo. E lì, al limitare del campo, il punto rosso di un papavero.
Onorare il senso, non l’idea
I miei piedi sono piantati sull’asfalto. Il papavero vien su dalla terra. Il grano cresce in campo verde. Così è il quadro in natura. Ma che non ci sia estraneità tra lei, natura, e te, homo faber, è proprio una sorpresa. Bisogna onorarne il segno, il senso, l’eziologia. Non l’idea. Non bisogna innamorarsi dell’idea di un Icaro di Matisse.
Per esempio, «meno concorrenza riuscite a farvi tanto meglio è, perché tutti possano vivere». Il criterio “nuziale” che diede il saggio di Desio quando Marco gli chiese consiglio perché voleva aprire un’impresa che sarebbe andata a cozzare con quella analoga di un amico adiacente, è superato dai cambiamenti in corso sulla terra? Siamo una trentina di amici in competizione. Ci vogliamo bene. Però, nella vita elettorale vige la dura legge del gol. Vince chi segna. Io speriamo che me la cavo. Altrimenti, pazienza.
Prendo Mariano e lo rimbrotto: monellino, non potevi spostare su di me il tuo cicinin di voti, invece di intestardirti col rischio di finire tutti e due trombati? Ma chi ti ha mandato, gli 883?