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D’Alema e la sinistra si prostrano a Pechino. L’ideologia offusca la realtà

Il club di Madrid va in Cina per parlare con Xi Jinping di multilateralismo e sviluppo sostenibile (non è uno scherzo). L'entourage di D'Alema si entusiasma: «Smentiamo i pregiudizi sulla Cina». Qualche nota a margine

Leone Grotti
05/12/2019 - 3:00
Esteri
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d'alema cina madrid

Dal Mes alla prescrizione, dall’uso dei contanti alla tassa sulla plastica, non si fa altro che scrivere che la maggioranza di governo litiga su tutto. Ma c’è un tema su cui Cinquestelle e sinistra sono sulla stessa linea: il corteggiamento della Cina. Della passione di Beppe Grillo e Luigi Di Maio per il Dragone abbiamo già scritto, oggi però la Stampa ci informa che Massimo D’Alema, che col governo non ha niente a che fare ma resta sempre un personaggio influente nella sinistra italiana, è volato in Cina per banchettare con Xi Jinping.

SMENTIRE I «PREGIUDIZI»

Anche quest’anno il club di Madrid, formato da ex capi di Stato e di governo, ha incontrato il presidente cinese per «discutere di problemi mondiali». Il tema scelto per il 2019 è “Multilateralismo e sviluppo sostenibile”. Al termine del forum internazionale Imperial Springs a Conghua, il segretario generale del partito comunista ha voluto incontrare un gruppo ristretto del club, compreso D’Alema. Commenta così il suo entourage: «A sorpresa Xi ha invitato un gruppo di partecipanti al seminario a sedersi attorno a un tavolo per condividere la loro visione del futuro. Questo per smentire il pregiudizio di una Cina chiusa verso l’esterno e sorda ai consigli» .

IL MULTILATERALISMO DELLA NUOVA VIA DELLA SETA

Come la Cina possa dare lezioni di multilateralismo è un mistero dal momento che il Dragone e il multilateralismo sono due binari paralleli che non si incontrano mai. In perenne contesa con tutti i paesi del Sud-est asiatico per il controllo delle isole al largo del Mar cinese, sulle quali Pechino accampa ingiustamente diritti, da sempre la Cina impedisce all’Asean di votare risoluzioni comuni, sostenendo che sul tema accetta solo incontri bilaterali e ristretti dai quali può facilmente uscirne vincitrice, essendo più ricca e più forte.

Se si considera poi la Nuova via della seta (Bri), è chiaro che Pechino ha un’idea tutta sua del multilateralismo, che non ha niente a che fare con una “governance internazionale” ma piuttosto con la dominazione da parte del Dragone di tutti gli altri attori internazionali. Esportando infrastrutture e servizi nell’ambito della Bri, infatti, la Cina ha già di fatto sottomesso otto paesi attraverso la concessione di prestiti che i destinatari non sono in grado di ripagare: Pakistan, Gibuti, Maldive, Laos, Mongolia, Montenegro, Tagikistan e Kirghizistan. Dietro il presunto multilateralismo cinese si nasconde quello che Brahma Chellaney, docente di studi strategici al Center for Policy Research di Nuova Delhi, ha definito «imperialismo del creditore» e «schiavitù del debito».

SVILUPPO SOSTENIBILE CON CARATTERISTICHE CINESI

Ancora più fantasiosa è l’idea che la Cina possa parlare di sviluppo sostenibile. Secondo una ricerca condotta nel 2016 dal ministero delle Risorse acquifere cinese, circa l’80 per cento delle falde acquifere in Cina sono inquinate e di conseguenza inutilizzabili dall’uomo. Oltre il 47 per cento delle falde acquifere presenta una situazione «estremamente negativa» e rappresenta un «pericolo per l’uomo».

A questo risultato catastrofico ha portato proprio lo sviluppo non sostenibile della Cina, che nel nome della crescita economica ha pensato bene di sacrificare le sue ingenti risorse naturali e la salute della sua popolazione. Ogni anno, secondo ricerche del governo cinese citate dal Time, vengono prodotte nel paese 12 milioni di tonnellate di grano contaminato. Oltre tre milioni di ettari di terra sono stati dichiarati troppo inquinati per essere dedicati all’agricoltura. A causa dell’inquinamento 10 miliardi di chili di cibo prodotto è inutilizzabile. Per non parlare dell’inquinamento atmosferico, di cui abbiamo già scritto altrove.

QUELLO CHE D’ALEMA FINGE DI IGNORARE

Che cosa passava per la testa al club di Madrid quando ha pensato di chiedere consiglio alla Cina su come trattare i temi del multilateralismo e dello sviluppo sostenibile? È un mistero che solo l’ideologia dalla quale sono ancora accecati Massimo D’Alema e compagni può spiegare. E i commenti che arrivano dall’entourage di D’Alema confermano questa tesi. Quando mai la Cina, e Xi Jinping, ha dimostrato di non essere «sorda ai consigli»?

Nella dichiarazione finale dell’incontro si esalta la Nuova via della seta come «strumento di progresso» e si fa anche un riferimento implicito e positivo al 5G e alla «interconnettività basata sullo sviluppo delle tecnologie del 21esimo secolo». Lo sanno D’Alema e il club di Madrid come la Cina pensa di utilizzare il 5G e la tecnologia del riconoscimento facciale? Hanno mai visto l’apposito spot di China Mobile che prefigura un mondo dove tutti i cittadini in Cina sono controllati 24 ore su 24 da telecamere? Hanno mai letto di come questa tecnologia viene applicata al Sistema di informazione sulla reputazione personale, ovvero il più colossale tentativo mai messo in atto da un governo per controllare, valutare e sanzionare di conseguenza il comportamento di un intero popolo?

Forse no, oppure lo sanno benissimo ma preferiscono continuare a ungere il regime liberticida più potente del mondo per ingraziarselo. E chissà, magari anche guadagnarne qualcosa. Per il momento, l’entourage di D’Alema si accontenta di «smentire il pregiudizio di una Cina chiusa verso l’esterno». La Cina è apertissima, soprattutto quando apertura fa rima con sottomissione. Per i dettagli, chiedere a Sri Lanka, Grecia e Africa.

@LeoneGrotti

Foto club di Madrid

Tags: Cinad'alema
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