
Dal mercato del lavoro Usa due dati controintuitivi su questa ondata di inflazione

È interessante notare quanto sta avvenendo negli Stati Uniti in materia di politica monetaria, perché le operazioni poste in essere dalla banca centrale americana, la Fed, costituiscono lo spartito che le altre maggiori banche centrali nel mondo suonano, a volte con ritardi e a volte con qualche adattamento (in particolare con adattamenti alle situazioni locali).
All’inizio di febbraio 2023 sono stati diffusi negli Stati Uniti i dati relativi alla creazione di nuovi posti di lavoro nel mese precedente. A dispetto dell’aumento dei tassi di riferimento principali della Fed al 4,5-4,75 per cento, sono stati creati ben 517 mila nuovi posti di lavoro al di fuori del settore agricolo e il tasso di disoccupazione ha raggiunto uno dei suoi livelli più bassi negli ultimi cinquanta anni. Nel contempo la crescita del costo del lavoro ha continuato a rallentare: il salario medio orario è cresciuto in media del 4,4 per cento nei dodici mesi precedenti, rispetto al 4,8 per cento dei dodici mesi terminati a dicembre 2022.
Il tasso di disoccupazione al minimo
I commentatori hanno incominciato a chiedersi se l’economia americana, che aveva manifestato segni di rallentamento nei mesi precedenti, stesse riacquistando forza nuovamente. In caso di risposta affermativa, si sono posti la domanda: ciò favorirà una risposta più aggressiva da parte della Federal Reserve allo scopo di far calare l’inflazione, invece di lasciare spazio a un rallentamento nella politica di restrizioni creditizie?
Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è sceso al 3,4 per cento nello scorso mese di gennaio dal picco del 15 circa toccato durante la crisi conseguente alle risposte alla pandemia da Covid-19. Ma prima della pandemia, durante l’amministrazione Trump, il tasso di disoccupazione era sceso praticamente allo stesso livello del 3,5 per cento dal massimo del 10 toccato durante la crisi finanziaria originata dai mutui subprime del 2008.
L’evoluzione della disoccupazione Usa è ben messa in evidenza dal seguente grafico pubblicato dal ministero del Lavoro del governo federale.

Quindici anni fa, nel 2008, il tasso di disoccupazione aveva toccato un minimo di circa il 4,5 per cento.
Questa attenzione spasmodica verso il tasso di disoccupazione è sicuramente in parte dovuta al fatto che dal punto di vista della teoria economica si è soliti porre in relazione il tasso di disoccupazione con il tasso di inflazione: più alta è la disoccupazione, più bassa sarà l’inflazione, e viceversa. Tale correlazione è chiamata curva di Phillips. Essa nasce da osservazioni empiriche che contengono indubbiamente degli elementi di verità. Per evitare una rincorsa prezzi-salari, le banche centrali sono solite aumentare i tassi di interesse, rendendo più caro il credito per famiglie e imprese al fine di raffreddare la congiuntura economica.
Una strana disaffezione verso il lavoro
La situazione del mercato del lavoro negli Stati Uniti è caratterizzata anche da un altro fenomeno principale, che è messo in evidenza dal grafico seguente, pure fornito nei giorni scorsi dal ministero del Lavoro americano.

La percentuale della popolazione attiva, cioè il rapporto fra coloro che lavorano e coloro che sono in età da lavoro, è oggi in media negli Stati Uniti il 62,4 per cento, giù di circa un punto rispetto all’era pre Covid e giù di circa quattro punti percentuali rispetto alla situazione precedente la crisi del 2008. La conclusione provvisoria è che una percentuale significativamente sempre più bassa degli americani in età da lavoro si presenta effettivamente sul mercato del lavoro alla ricerca attiva di una occupazione.
Quali sono le ragioni di tale disaffezione? Le risposte non possono che essere complesse e frutto di un lavoro multidisciplinare. A mio parere occorre guardare innanzitutto alla crisi delle scuole americane, alla loro crescente incapacità di svolgere un compito educativo e di preparare direttamente e indirettamente al mondo del lavoro. Indubbiamente i sindacati della scuola, le Unions, hanno svolto e stanno svolgendo un ruolo dominante nella politica “democratica” di livellamento verso il basso degli standard educativi nell’intento di dare a tutti lo stesso (basso e insufficiente) livello di istruzione, evitando discriminazioni. È una crisi educativa quella di cui soffrono gli Stati Uniti, prima ancora che una crisi inflattiva.
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