Cosa serve per fare una scuola

Di Matteo Foppa Pedretti
20 Maggio 2021
Quanto siamo lontani dal sentire di aver bisogno (più che degli sghei derivanti dagli “oneri per lo Stato” o dagli score positivi di Eduscopio) di una cultura cristiana?
scuola, entrata degli alunni in un istituto scolastico di Milano

Secondo articolo di una serie – qui il primo

La prima affermazione esplosiva riguarda l’uomo, ogni singolo uomo toccato per grazia dall’avvenimento cristiano. Riporta con semplicità e forza inedita la significatività culturale del Battesimo e della modifica ontologica che produce in chi lo ha ricevuto. Sottolinea la più grande “rivoluzione culturale” mai avvenuta (non la prima, non la più rilevante, quella decisiva, di magnitudo qualitativamente differente rispetto ad ogni altra) in tutta la sua dirompente portata: “Non c’è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né uomo né donna: tutti noi siamo Uno in Cristo Gesù”.

Ecce homo

Ecce homo: all’interno della cupola di Santa Maria in Fiore a Firenze, il centro dell’affresco del Giudizio Universale è il volto di Cristo sottolineato da questa frase. Sottolineerei due aspetti: il primo è che questo riconoscimento (“Ecce homo”) esce dalla bocca di un pagano. E non di un intellettuale, ma di un soldato e di un politico. È alla portata culturale di tutti.

Il secondo è che si tratta di un giudizio (non prima di tutto morale) sulla consistenza, sull’articolazione, sulla estensione e la profondità di cos’è un uomo. Il Giudice è il Criterio paragonandosi al quale viene giudicata la vera umanità. È Giudice e Legge (cioè ratio scripta, come dicevano i romani). E quindi Logos.

Se si deve fare una scuola

Se un cristiano DEVE fare una scuola, può pensare di non partire da e non arrivare a questa antropologia (che grazie al cielo non si riduce al mio malandato riassunto di queste poche righe, ma è Cristo immagine reale dell’uomo)? E da questa antropologia, in tutta la sua profondità, non sorge una pedagogia che la rispecchi? E ancora, a cascata, non può nascere, con tutta la libertà dei figli di Dio, l’intero armamentario didattico, organizzativo, comunicativo, tecnico, strumentale e transeunte, sempre e strutturalmente opinabile e imperfetto, che serve a fare in modo che questa antropologia sia la roccia su cui, contro cui e grazie alla quale uno scopre, comprende (per quel che può) e sceglie che possa crescere la sua vera consistenza di uomo? Riproduce “per quanto gli riesca, il metodo e la logica del vivere, esemplarmente mostrata da Cristo duemila anni fa”? Effettivamente e nell’esperienza, e non solo nella teoria? Davvero possiamo pensare di “porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” come dice san Paolo?

Parità ed Eduscopio

Quanto siamo lontani dal percepire la necessità e la potenzialità di questa antropologia che ci si para davanti come una prospettiva smisurata, un criterio di verifica e una chiave interpretativa dalla potenza e dalla fecondità incalcolabile? In altri termini, più terra terra, quanto siamo lontani noi cristiani dal sentire di aver bisogno (come l’aria, e più che degli sghei derivanti dagli “oneri per lo Stato” piuttosto che degli score positivi di Eduscopio) di una cultura cristiana per cui valga la pena di fare una scuola (e non appena di metterci la pezza morale o di creare ambienti accoglienti)?

2 – continua. Foto Ansa

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