Contro la cultura della sterilità. E dell’imballaggio di plastica
Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo una nostra traduzione di un post “contro la sterilità” apparso il 6 maggio scorso nel blog di David Warren, scrittore canadese che i lettori di Tempi hanno già avuto modo di conoscere (qui il suo affresco ironico polemico del Canada e qui un suo articolo sul primo ministro Justin Trudeau).
***
Ci sono correnti sterili sia nella Sinistra che nella Destra dell’attuale spettro ideologico; ma il cuore pensante del movimento “pro-life” sta per lo più nella Destra, nonostante la fisiologia umana. (Il cuore umano si trova leggermente a sinistra rispetto centro; il cervello, per inciso, è in alto).
Per tutta la mia vita, a quanto pare, in special modo per tutta la mia vita che si può definire adulta, cominciata con la legalizzazione dell’aborto e con un coagulo di leggi “sociali” intorno ad esso, la causa della sterilità è andata rafforzandosi. Ogni rivendicazione da parte degli attivisti politici, cioè, ha fatto in qualche modo avanzare questa causa. Uccidere bambini è stato solo l’inizio.
La pubblica accoglienza dell’omosessualità, e ora della transessualità, per mezzo di misure che vanno dal “matrimonio gay” alle recenti “terapie” ormonali, è evidentemente parte di questo “trend” di massa. Ma esistono molti altri sottili sviluppi che non sono affatto tutti politici in senso stretto. Si può dire che il grosso del lavoro è di natura commerciale. I governi (tranne che in posti come il Venezuela), invece di dettare il passo, si adeguano, adottando politiche parassitarie progettate per intascare introiti fiscali e assicurarsi debiti.
Sebbene le infinite pretese di “riforme” e “progresso” vengano da una piccola minoranza di attivisti che infitrano le nostre istituzioni burocratiche e ambiscono a tutti i posti di potere, la maggioranza sonnacchiosa fa il loro gioco. Ce la dormiamo davanti alle ultime innovazioni. E i governi che eleggiamo sono altrettanto smidollati. Non sono radicali. Al contrario, i politici preferiscono evitare una battaglia in cui si ritroverebbero insultati e demonizzati. Consegnano tutte le fortezze al Nemico.
Ma perché non dovrebbero farlo, in quello che io chiamo il nostro porcile consumista?
Andandomene in giro e vagando fra i media, noto questo. Ci troviamo ovunque di fronte al trionfo del marketing di massa – una forma di tecnica della vendita basata sulla demografia in cui il minimo denominatore comune diventa il massimo, e lo scopo degli affari non è soddisfare un bisogno, ma creare desideri su una vasta economia di scala. Lo slogan in sottofondo potrebbe essere “Oggi ti meriti una pausa” (per inciso: no, non te la meriti); tutti i prodotti promettono di essere “la via più facile”. Non c’è bisogno di fare nulla con fatica gratificante, perché l’Uomo di Massa esige una vita facile. E per ottenerla egli abbraccia avidamente la schiavitù del salario.
Perché tutto ciò è contro la vita? Perché spazza via qualunque aspirazione dell’anima umana alle cose più elevate e migliori. Crescere dei figli non è facile. Ma allevare dei cani è un gioco da ragazzi, quando ci sono i negozi che lo fanno al posto tuo. Cucinare è difficile, ma oggi il nostro mondo urbano è pieno di ristoranti. Tutto il divertimento diventa passivo. Tutti i beni sono a disposizione ed essenzialmente generici. Abbiamo un’economia costruita intorno alla convenienza, o più precisamente intorno alla propaganda della convenienza. (Se sia davvero conveniente impiegare ore ogni giorno per raggiungere il proprio posto di lavoro ripetitivo, questa è un’altra questione).
Se l’eredità può essere ancora il fattore determinante per distinguere un essere umano da un altro, l’ambiente invece ha un’enorme capacità di renderci tutti uguali. Ultimamente ho avuto a che fare con gli attrezzi. Quando, per esempio, si cerca qualcosa che una volta era ovvio trovare in qualunque piccolo ferramenta, si scopre che non si trova più: solo cose impacchettate in plastica a bolle d’aria o in blister. Poiché oggi tutto deve essere pratico per permettere al tuttofare di casa di eseguire un lavoro svelto e mal fatto.
Ogni mattina, per due volte, un gigantesco camion della spazzatura molto rumoroso passa dal mio condominio per rimuovere le montagne di imballaggi per consumatori che comporta la vita moderna. (Un camion è per il “riciclo”, l’altro per i rifiuti non riciclabili). Non mi interessa l’impatto ambientale delle discariche e roba simile. (Un giorno potrebbero permettere ricchi raccolti). Piuttosto sono afflitto dall’ambiente umano che discende da questo modo di vivere. Le nostre anime vengono scartate pezzo per pezzo come spazzatura. Fatto questo, i nostri corpi vengono mandati senza cerimonie agli inceneritori.
Come spostare l’attenzione morale verso quello che Belloc chiamò lo “Stato servile”? Nel quale niente resta fermo e tutto passa e sbiadisce; e le menti soffocate dai jingle pubblicitari perdono la capacità di un pensiero coerente? Nel quale la Libertà è ridefinita come il diritto di perseguire fugaci piaceri fisici e l’Amore è ridotto a sesso insignificante?
Una rivolta contro la “cultura della morte” deve comportare necessariamente il rigetto di quasi tutto ciò che sia stato standardizzato e sterilizzato intorno a noi. Non aspettiamo domani mattina.
Foto zairiazmal/Shutterstock
[liga]
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!