Pierre Boulez (Montbrison, 1925), ha compiuto novant’anni il 26 marzo, ma la grande stampa italiana pare avere trascurato l’evento. Se ne sono ricordate poco anche le istituzioni concertistiche (ma il Festival di Ravenna gli dedicherà l’integrale della sua opera pianistica ed il Festival di Salisburgo dove, a trent’anni, con Le Marteau sans maître ha rivoluzionato la musica contemporanea, gli ha voluto dedicare questa estate una sessione speciale: correte alla biglietteria on line o presto sarà tutto esaurito).
Boulez ha una personalità al tempo stesso enigmatica, densa e gioviale. Non lo vedo da alcuni anni, da quando diresse il trittico di Schönberg, Stravinsky e De Falla al minuscolo ma perfetto Jeu de Paume di Aix-en-Provence, mentre gli intérmittants – i lavoratori dello spettacolo e della cultura – protestavano per la riduzione delle loro indennità di disoccupazione tra un ingaggio e l’altro. Le proteste, che comportarono la sospensione del festival per quell’anno, erano tali da minacciare la rappresentazione. Boulez (non certo definibile come un intellettuale di destra) restò imperturbabile e continuò a dirigere anche dopo l’irruzione dei manifestanti nella sala. La precisione, la fermezza e il sentimento con cui diresse Pierrot Lunaire di Schönberg (con Anja Silja come protagonista) bloccò, quasi per incantesimo, i dimostranti e fece sì che lo spettacolo continuasse sino alla fine. I suoi tempi erano serrati (noto il Ring del 1976 a Bayreuth, complessivamente più breve di venti minuti di quello di Karajan), il suo gesto imperioso, il suo senso della teatralità raramente è stato eguagliato. Il giorno dopo, in un bistrot, ne conversava e sorrideva: il potere della musica mostra ancora i propri denti.
Daniel Barenboim ci coglie meglio di molti altri: Boulez sarà per me sempre un uomo del futuro che, come tutti veri uomini del futuro, si distinguono dai falsi in quanto conoscono il passato e ne sono interessati.
Pierra Laurent Aimard (raggiunto tramite l’eccellente ufficio stampa del Festival) afferma: l’aspetto straordinario di Boulez è la sua etica musicale, una vera passione di un uomo il cui interno brucia irresistibilmente di musica e lo si avverte dal secondo giorno che lo si ascolta.
Simon Rattle aggiunge: ha cambiato il modo in cui pensiamo e strutturiamo la musica.
Lui stesso afferma: comporre è vedere opportunità quando altri non vedono nulla.
Gli scaffali delle biblioteche sono pieni di libri sulla sua vita e sulle sue opere. Iniziò, come molti suoi coetanei, a comporre secondo uno stile seriale dodecafonico post-weberniano. Con il provocatorio slogan “Schönberg est mort!”, assieme al tedesco Karlheinz Stockhausen e al belga Henri Poussen, operò il radicale tentativo di serializzare ogni fattore costitutivo della composizione, non solo le altezze, ma anche durate, dinamiche, timbri, modi di attacco ecc., portando alle estreme conseguenze la dodecafonia. Tuttavia – ed è questo, a mio avviso, un suo contributo essenziale – non restò ancorato a quella che divenne la Scuola di Darmstadt, una scuola fortemente ideologizzata.
Nel 1970, con il supporto del presidente Georges Pompidou, fonda l’IRCAM, un istituto per la ricerca e lo sviluppo della musica contemporanea. Oltre a essere il direttore dell’istituto, in parallelo aveva presso il prestigiosissimo Collége de France la cattedra di Invention, technique et langage en musique. L’IRCAM non fu e non è, come scrivono alcuni, il contrapposto di Darmstadt, ma ne ruppe il monopolio, anche ideologico.
Una volta abbattute tutte le pregiudiziali ideologiche che hanno rappresentato al tempo stesso uno stimolo e un limite per i compositori sino all’inizio degli Anni Ottanta, siamo un momento di invidiabile libertà stilistica. Questo porta a una grande varietà di approcci: dal linguaggio tonale al serialismo, tutti gli stili sono rappresentati nelle partiture arrivate. Le più interessanti sono quelle che abbandonano ogni rigidità per far confluire in una lingua musicale nuova tutte quelle tendenze che hanno animato il passato recente.
Con le sue azioni di rottura, Pierre Boulez ci ha reso tutti più ricchi.