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Contrada: «Io, vecchio, malato e incarcerato illegalmente, non faccio notizia. Italia assuefatta all’ingiustizia»

Bruno Contrada, ex Sisde condannato per mafia e sbattuto in prigione a 75 anni, parla a tempi.it dopo che l'Europa ha riconosciuto la violazione dei suoi diritti umani. «Ma è la revisione del processo quello che mi interessa»

Chiara Rizzo
14/02/2014 - 3:30
Interni
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«Anche per me c’è un giudice. A Strasburgo, non a Berlino». Così Bruno Contrada, 82 anni, ex poliziotto e numero tre del Sisde, commenta a tempi.it la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che l’11 febbraio ha per la prima volta riconosciuto come ingiusta la sua detenzione in carcere. Contrada (nella foto a sinistra, mentre saluta amici e giornalisti l’11 ottobre 2012 al termine della pena), che si è sempre professato del tutto innocente, è stato condannato in via definitiva nel maggio 2007 per concorso esterno in associazione mafiosa a dieci anni di prigione (in parte scontati già in via cautelare): è stato immediatamente chiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere. All’epoca aveva 75 anni, e ha più volte presentato istanze di scarcerazione denunciando le cattive condizioni di salute che lo affliggevano, ma le richieste sono state sempre rifiutate sino al 24 luglio 2008, quando finalmente gli sono stati concessi i domiciliari, sino alla fine della pena, l’11 ottobre 2012 (leggi qui l’intervista che ha rilasciato a Tempi, in cui ha ricostruito tutta la propria vicenda). In carcere Contrada è dimagrito di almeno 22 chili. Oggi risponde alle domande di tempi.it dalla sua abitazione nella periferia di Palermo, anche se ormai da tempo una malattia ai polmoni gli rende difficile parlare.

La Corte europea ha condannato l’Italia per la violazione di un diritto umano per il periodo di carcerazione dall’ottobre 2007 al luglio 2008. Il nostro Stato dovrà risarcirla per 15 mila euro. Quali sono le motivazioni con cui Strasburgo le riconosce ragione?
Avevo presentato varie richieste sia alla magistratura di sorveglianza di Santa Maria Capua a Vetere, sia al tribunale di Napoli per la detenzione domiciliare, perché in base alla documentazione medica presentata, sia dalla mia difesa che dai periti nominati dagli stessi magistrati, si dimostrava che stavo male e andava tenuto conto dell’età avanzata, dato che avevo 77 anni. La mia condizione fisica era incompatibile con il carcere. Ma questa mia richiesta è stata respinta per lo meno sei o sette volte, tra il maggio 2007 e il luglio 2008. Nell’ottobre 2007 con il mio difensore, l’avvocato Giuseppe Lipera, abbiamo presentato ricorso alla Corte europea di Strasburgo facendo presente la situazione. La decisione è arrivata adesso, per questo si fa riferimento a quel periodo di tempo.

Dunque la sua carcerazione è stata riconosciuta come ingiusta. Lei però intanto ha finito di scontare la pena.
Sì, io finito di espiare la mia condanna il 12 ottobre 2012. Ma non è questo il provvedimento che principalmente ed essenzialmente attendo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. C’è un altro ricorso che mi sta a cuore. La sentenza dell’11 febbraio è relativa alla violazione dei diritti umani che ho subìto, ma già da qualche anno ho presentato un ricorso sul processo nel suo insieme.

Lei ha presentato più volte richiesta di revisione del suo processo in Italia, ma la Cassazione l’ha sempre respinta. A Tempi lei ha promesso che «finché avrò un po’ di respiro e un attimo di vita continuerò a lottare perché sia ristabilita la verità». Strasburgo come può intervenire per la revisione della sua vicenda?
Ho presentato ricorso per l’attribuzione del reato di cui sono stato accusato ingiustamente, il concorso esterno in associazione mafiosa. Io sostengo l’illegittimità dell’applicazione della legge (il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è previsto letteralmente dal codice penale, ma è il frutto della somma di vari reati messa in atto da alcune procure nella formulazione delle accuse; una prassi ancora fortemente discussa in dottrina, ndr). E sostengo l’illegittimità dell’irretroattività della legge penale: un principio basilare del processo penale è che la legge non può riguardare reati commessi prima della sua entrata in vigore, ma nel mio caso neppure questo principio cardine è stato applicato. Spero di riuscire ancora a vedere quest’altra sentenza, dunque.

Lo Stato dovrà intanto risarcirla per l’ingiusta detenzione. Che effetto ha su di lei la sentenza di Strasburgo appena giunta? Ha ricevuto scuse da qualcuno o solidarietà dopo questo verdetto?
Per questa sentenza mi sono state vicino le persone che mi erano già da prima vicine, i miei amici e i parenti. Per il resto mi pare che la notizia sia caduta nel silenzio, perché ormai ci siamo un po’ abituati anche alle condanne di Strasburgo all’Italia per le condizioni delle carceri, il modo disumano in cui vivono i detenuti, la carenza di spazio. L’opinione pubblica sembra assuefatta e non fa più notizia un uomo malato, vecchio, con varie patologie a carico. Non scuote certo l’opinione pubblica in un momento di gravi difficoltà generali. Per quanto mi riguarda posso dire che una piccola cosa mi è stata riconosciuta nella mia vicenda giudiziaria e che anche per me, almeno, c’è un giudice. A Strasburgo.

Tags: antimafiaantonio ingroiaBruno Contradacarcerazione preventivacarcerecarceridiritti umanimafiamagistraturaPalermoprocura di PalermosisdestrasburgoUnione Europea
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