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Elezioni falsate, proteste in Congo: «Il popolo è stanco, scorrerà il sangue»

Felix Tshisekedi è stato annunciato come vincitore, ma secondo gli osservatori nazionali e internazionali aveva lo «zero per cento di possibilità». La Chiesa lancia l'appello: «Evitiamo ogni ricorso alla violenza»

Leone Grotti
11/01/2019 - 2:00
Esteri
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Dieci, trentotto e quattordici: sono i tre numeri intorno ai quali ruota il fragile futuro della Repubblica Democratica del Congo. Dieci sono i giorni che la Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) ha impiegato per informare la popolazione dei risultati delle elezioni presidenziali del 30 dicembre 2018; trentotto è la percentuale di voti ottenuta a sorpresa dal candidato dichiarato vincitore; mentre quattordici sono i giorni a disposizione della Corte costituzionale per validare il voto che tutti gli organismi indipendenti, compresa la Chiesa cattolica, giudicano sfacciatamente falsato.

VIOLENZE E ABUSI DI POTERE

Dopo anni di proteste popolari, violenze, spari nelle chiese e abusi di potere, per la prima volta nella storia recente del paese le elezioni hanno aperto la strada all’alternanza democratica al vertice del potere. Secondo la Ceni, il vincitore è Felix Tshisekedi (38,5%), che ha superato sia il candidato indicato del presidente uscente Emmanuel Ramazani Shadary (23,8%), sia il grande favorito Martin Fayulu (34,7%). I conti però non tornano e l’appello dei vescovi a «evitare ogni ricorso alla violenza» non è casuale.

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Le elezioni dovevano essere organizzate entro il novembre 2016, alla scadenza del mandato del presidente Kabila, che dopo 18 anni al potere ha cercato in ogni modo di non farsi da parte violando la Costituzione. Solo la mediazione della Chiesa cattolica e la firma degli Accordi di San Silvestro hanno impedito lo scatenarsi della guerra civile, ma contrariamente ai patti, Kabila non ha organizzato il voto nel 2017. Due marce di protesta da parte della popolazione sono state represse nel sangue, quando l’esercito inviato da Kabila si è spinto fino al punto di sparare ad altezza uomo sui fedeli riuniti nelle chiese e nelle parrocchie. Decine di persone sono morte prima che il presidente accettasse finalmente di lasciare e indire il voto per la fine del 2018.

CHI HA VINTO DAVVERO?

Secondo i dati raccolti nei sondaggi prima delle elezioni e durante lo spoglio da organismi internazionali, anche nella migliore delle ipotesi e al netto di possibili errori, «la probabilità che Tshisekedi abbia raccolto il 38,5% dei voti è dello 0,0000%», ha dichiarato il Congo Research Group. Sia il centro studi francese Ipsos che quello congolese Berci, come anche la Chiesa cattolica, che aveva dispiegato 40 mila osservatori in tutti i seggi elettorali, dichiarano che il vincitore è senza ombra di dubbio Martin Fayulu, che a metà dello spoglio aveva già raccolto il 62% dei suffragi. L’Associated Press, dopo aver parlato con diversi diplomatici, conferma le stime degli osservatori.

Mentre Tshisekedi festeggia per la vittoria, ringrazia la sua base e si dice «felice», Fayulu grida ai brogli. Il risultato è improbabile anche perché Tshisekedi aveva assicurato fino all’ultimo di sostenere Fayulu e di non candidarsi. Poi, dopo una presunta trattativa con Kabila, cambiò idea e si candidò in solitaria. «Fino a quando accetteremo che le elezioni vengano falsate?», ha protestato Fayulu chiamando i congolesi a protestare in piazza. «Nel 2006 Jean-Pierre Bemba è stato defraudato della vittoria, nel 2011 è successa la stessa cosa a Étienne Tshisekedi (padre dell’attuale vincitore, ndr). Nel 2018 non permetterò che la vittoria mi venga rubata».

«SARÀ VERSATO SANGUE»

Fayulu ha anche chiesto alla Chiesa cattolica di diffondere i dati in suo possesso. Nei giorni precedenti all’annuncio, quando la Commissione elettorale tardava senza motivo a rilasciare i dati del voto, i vescovi avevano dichiarato: «Sappiamo con certezza chi ha vinto. La Ceni pubblichi i dati». La Chiesa è la principale autorità nel paese e tutti aspettano di vedere che cosa farà, mentre la maggior parte dei congolesi teme che Kabila abbia trovato il modo di continuare a governare, se pur non ufficialmente.

In una dichiarazione diffusa ieri i vescovi hanno scritto: «Esortiamo tutti a fare prova di maturità politica e soprattutto a evitare ogni ricorso alla violenza. In caso di eventuale contestazione di questi risultati provvisori di una delle parti, noi esortiamo a usare i mezzi predisposti dal diritto in conformità alla Costituzione e alla legge elettorale». Le parole di Fayulu, in un’intervista a Le Parisien, non sono però affatto concilianti: «Chiedo al popolo congolese di svegliarsi e di combattere per proteggere la sua vittoria. Il popolo è stanco di queste manovre. Vuole che Kabila se ne vada. La sua collera esploderà se la verità delle urne sarà stravolta. I morti, gli spari. Tutto questo è già cominciato nella capitale. Il sangue sarà versato dalla brutalità della fazione di Kabila. Solo lui sarà il responsabile delle violenze. Io mi rimetto nelle mani di Dio».

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: chiesa congoCongofayulukabilarepubblica democratica congoTshisekedi
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