«Con la riforma del catasto si rischiano danni incalcolabili»
Che la riforma del catasto e dunque la natura e il peso della tassazione sugli immobili siano temi assai delicati, non è certo una novità. Ed è il motivo per cui, ogni volta che si parla di riformare il catasto, si solleva lo spettro di una nuova patrimoniale. Si capisce, pertanto, come il generico impegno del governo a non cambiare il carico fiscale alla vigilia dell’inserimento della riforma del catasto nel disegno di legge delega fiscale che sta per approdare il Consiglio dei ministri, non possa suonare del tutto rassicurante.
Così come non può bastare la generica promessa che la prima casa non verrà toccata. E tutto il resto? Seconde case, capannoni e scuole? Ad aver espresso più d’una perplessità nel merito di una riforma finora solamente annunciata – ma che ha già incassato il sì del segretario Pd Enrico Letta e la ferma opposizione dei partiti di centrodestra – è il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
Qual è il rischio maggiore collegato all’annunciata riforma del catasto?
Sebbene il presidente del Consiglio abbia dichiarato l’opposto, il rischio più grande è l’incorrere in un aumento della tassazione, sia con riferimento all’imposta sugli immobili (l’Imu, che rispetto a quando ha sostituito l’Ici nel 2012 è già pressoché triplicata, generando a regime un gettito che è passato da 9 a circa 21/22 miliardi di euro l’anno) sia con riferimento alle imposte sull’acquisto e di successione nonché di un pezzo dell’Irpef. È stato assicurato che tutto ciò non avverrà? Beh, noi siamo comunque molto preoccupati perché, quando si mette mano al catasto, l’esperienza insegna che è difficile prevedere prima ciò che accadrà. Mentre è praticamente impossibile che si realizzi ciò che Draghi ha dichiarato e cioè che «nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno». Non capisco, da un punto di vista logico e contabile, come ciò possa verificarsi.
Ma il catasto è da riformare o no?
Sicuramente c’è bisogno di aggiustare alcune cose, come del resto è per tanti settori della pubblica amministrazione, ma non è detto che queste cose debbano essere aggiustate con una riforma. Sono per lo più distorsioni che, già oggi, se l’amministrazione finanziaria funzionasse, si potrebbero correggere. Se è vero infatti che ci sono delle incongruenze, gli strumenti tecnici affidati sia all’Agenzia delle entrate sia ai Comuni non mancano, il problema è che finora sono stati utilizzati poco e male. Ciò detto, in linea almeno teorica, a una riforma che migliori il sistema, chiunque sarebbe favorevole; ci vuole però estrema attenzione e, in tal senso, a noi preoccupa molto il fatto che Draghi abbia parlato di una delega molto generale. Più generale è la delega, infatti, maggiori sono i rischi per cittadini, in questo caso per i contribuenti, perché ciò vorrebbe dire mano libera a chi attua la delega e cioè all’Agenzia delle entrate.
Quale percorso dunque andrebbe seguito per evitare brutte sorprese?
Bisogna capire se ci stiamo confrontando su di una decisione già presa oppure se la via da percorrere è ancora da decidere. Nella seconda ipotesi suggerirei di ricorrere agli strumenti esistenti per correggere le distorsioni di cui si parla e pensare invece in termini legislativi a come ridurre il carico di tassazione, che in Italia è la vera urgenza dal punto di vista patrimoniale. Se invece ci stiamo confrontando su di una decisione già presa, nonostante la contrarietà, non solo di Confedilizia, ma anche di una grande realtà come Confcommercio – che per bocca del suo presidente Sangalli ha espresso in assemblea un no netto alla riforma – noi riteniamo ci debba essere almeno un confronto politico e con la proprietà immobiliare affinché i principi della delega siano chiari e trasparenti. Così da poter dare le massime garanzie possibili ai contribuenti. È una riforma, quella del catasto, che non si può liquidare con frasi fatte. Perché il legislatore, anche il meno malizioso, rischia comunque di fare danni incalcolabili.
Foto Ansa
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