Colli-Lanzi (Gi Group): «Garanzia giovani? Presto per parlare di risultati, ma è l’ultimo appello alla crescita»

Di Redazione
16 Agosto 2014
«L'assist dell'Unione Europea è decisivo, ma ora è compito delle Regioni accelerare i tempi». Intervista all'amministratore delegato di Gi Group

Il primo passo è quello di abbattere lo spaventoso record del 43,3 per cento di disoccupazione giovanile. L’obiettivo del ministro del Lavoro Giuliano Poletti è quello di «produrre il cambio di segno entro fine anno: l’occupazione tornerà positiva». Più che un obiettivo, per Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group e presidente Gi Group Academy, «abbattere questo disastroso record è una priorità sulla quale abbiamo il compito – tutti – di impegnarci al massimo. Il rischio, in caso contrario, è davvero quello di imboccare la strada del declino, da cui tornare indietro diventerebbe drammaticamente complicato, con grave danno per la società intera. Il lavoro, infatti, è uno strumento fondamentale per lo sviluppo di ogni persona. Per i giovani, se possibile, lo è ancor di più. Appare perciò evidente che un paese dove quasi la metà dei ragazzi che cercano lavoro non lo trova è un paese destinato alla decadenza».

Tra le misure positive citate da Poletti c’è “Garanzia giovani”. Da quando l’iniziativa europea è partita «quasi 100 mila giovani si sono registrati. È un grande risultato», ha affermato il ministro. Lo è davvero?
Per ora parlare dei risultati di Garanzia giovani è davvero difficile, dato che di Regioni ne sono partite pochissime e di significative collocazioni professionali o formative dei nostri ragazzi non se ne vedono ancora. Il fatto che 100 mila giovani si siano registrati al programma è da considerarsi certamente positivo, anche se la platea è calcolata in almeno dieci volte tanto, ma – ripeto – il punto è che iscriversi rappresenta solo l’inizio. Penso che il ministro Poletti si sia dato, giustamente, un obiettivo ambizioso. “Garanzia giovani” rappresenta una magnifica opportunità per strutturare le politiche attive nel nostro paese. Chi ci ha lavorato seriamente, infatti, riconosce la grande utilità di questo progetto anche oltre la contingenza specifica.

Quali sono i punti di forza e quali, invece, di debolezza di questo fondo sociale europeo?
Il punto di forza è che si tratta di una politica attiva del lavoro mirata a un risultato concreto, che può essere un tirocinio, un apprendistato, un inserimento lavorativo alle dipendenze, una iniziativa di autoimprenditorialità, un periodo di servizio civile, oppure la ripresa di un percorso scolastico o formativo per chi ha abbandonato gli studi. Il punto di debolezza è che l’attuazione è completamente in mano alle Regioni e molte di esse non si sono mai cimentate con programmi di politiche attive del lavoro e perciò stanno faticando a entrare in partita.

Presidente, lo scorso anno al Meeting aveva detto che «lo sviluppo non può che nascere dal lavoro. Non esistono strade maestre, valide per tutti: a ciascuno la responsabilità di individuare la propria». Come si inserisce Gi Group in questo lavoro personale?
Il lavoro genera sviluppo quando ciascuno – partendo dalle proprie inclinazioni, storia e competenze – risponde al suo bisogno e a quello degli altri. Per questo non esistono strade maestre valide per tutti e ciascuno ha la responsabilità di individuare la propria. Ciò che, però, può fare la differenza, sono, da una parte l’entusiasmo e la curiosità con cui ognuno si cimenta con la propria ricerca, senza lesinare sul rischio di dover vivere “in diretta” ciò che gli è riservato; dall’altra l’utilizzo di un metodo che consenta di valorizzare i propri talenti, leggere il mercato e individuare, così, la propria strada. Gi Group si inserisce in questa dinamica come una “parte terza”, capillarmente presente e munita di tutte le competenze necessarie: capace, quindi, di dare supporto a vari livelli alla persona che desidera mettersi in moto per trovare lavoro. Da tempo ci siamo organizzati affinché, laddove esistono programmi pubblici in tal senso, Gi Group possa collaborare attivamente con tutti i soggetti implicati. Cosa che avviene efficacemente ad esempio in Lombardia, dove esiste già la dote unica lavoro. Prendendo in carico la persona, orientandola e supportandola fino all’inserimento lavorativo. Cosa che, appunto, vorremmo fare sempre più anche nell’ambito della “Garanzia giovani”, a patto naturalmente che le Regioni prevedano un coinvolgimento delle agenzie per il lavoro e, soprattutto, si attivino velocemente. L’occasione offerta dall’Europa al nostro paese è troppo preziosa: non coglierla pienamente costituirebbe davvero un clamoroso autogol!

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