Clini apre agli Ogm. Bufera. Ecco cosa scrissero i Lincei nel 2003
In un’intervista al Corriere della Sera il ministro dell’Ambiente Corrado Clini s’è espresso a favore degli Ogm: «L’Italia potrebbe fare un’apertura agli organismi geneticamente modificati».
Nell’intervista Clini dice che «in Italia bisogna aprire una seria riflessione che deve coinvolgere la ricerca e la produzione agricola sul ruolo dell’ingegneria genetica e di alcune possibili applicazioni degli Ogm». Secondo il ministro «La paura nei confronti degli organismi geneticamente modificati riguarda principalmente la possibilità che venga alterata la tipicità dei nostri prodotti agricoli. Eppure esiste un paradosso: senza l’ingegneria genetica oggi non avremmo alcuni fra i nostri prodotti più tipici. Il grano duro, il riso Carnaroli, il pomodoro San Marzano, il basilico ligure, la vite Nero D’Avola, la cipolla rossa di Tropea, il broccolo romanesco: sono stati ottenuti grazie agli incroci e con la mutagenesi sui semi».
Insomma, un’apertura importante al dibattito, anche se, ammette Clini, «a Bruxelles abbiamo deciso di rinviare tutta la discussione al prossimo giugno, sostanzialmente dopo le elezioni francesi. Ma credo che la direzione di lasciare lavorare l’Ue sull’ingegneria genetica anche nel settore degli Ogm non verrà abbandonata. Con la sovranità dei Paesi membri di avere il potere di vietare, ovviamente».
Da anni nel nostro paese si combatte una battaglia tra favorevoli e contrari e Tempi ha spesso trattato l’argomento (qui e qui, due esempi). Qui di seguito ripubblichiamo le conclusioni del rapporto “Bioteconologie vegetali: benefici e rischi delle varietà Ogm”, a cura della Commissione mista delle Accademie nazionali dei Lincei e delle Scienze (maggio 2003).
«La Commissione giunge pertanto alle seguenti conclusioni:
Nessuno è stato finora in grado, pur utilizzando le tecniche più avanzate, di dimostrare la dannosità alimentare degli Ogm e modificazioni rilevanti ad ecosistemi da loro causate.
L’analisi dei benefici e dei rischi deve continuare intensamente, sia per gli Ogm che per le varietà vegetali convenzionali, e caso per caso, al fine di proporre opportuni interventi, informare l’opinione pubblica e fornire all’autorità politica motivati giudizi scientifici e tecnici.
In considerazione della insostenibilità di alcune forme di agricoltura e della multifunzionalità che l’agricoltura esplica, la ricerca per ottenere piante che assicurino produzioni quantitativamente sostenibili, qualitativamente migliori e compatibili con l’ambiente, è da considerarsi positiva, ed è auspicabile che prosegua con rinnovato rigore.
Gli sviluppi recenti delle scienze della vita dimostrano che la ricerca scientifica e tecnologica, e quindi anche lo studio degli Ogm in relazione alla salute ed al benessere dell’uomo ed alla tutela e valorizzazione dell’ambiente, sono fattori sostanziali per il progresso pacifico e governato del genere umano.
La fame nel mondo, come la povertà, non è solo una questione di produzione del cibo, ma è anche, e soprattutto, un problema politico, nazionale e globale, di programmazione, di sviluppo agricolo e territoriale, di progresso economico e sociale, di occupazione, di formazione professionale, di capacità tecniche e scientifiche, di equità negli scambi commerciali internazionali. La produzione di Ogm può offrire un valido contributo, anche se non può affrontare da sola le cause delle crisi alimentari e dell’indigenza di vasti strati della popolazione mondiale.
Gli investimenti pubblici nella scienza, che debbono ritornare ad essere vigorosi, prevalenti e determinanti in ogni campo di studio e di ricerca, nel settore delle biotecnologie vegetali devono urgentemente essere tali da consentire, oltre al riconoscimento giuridico dell’opera dell’ingegno, il perfezionamento delle metodologie di produzione, di sperimentazione, di valutazione, di controllo e di sicurezza d’uso degli Ogm. Infatti, considerata la complessità delle società moderne, i problemi che le stesse devono affrontare non si risolvono riducendo la ricerca, ma potenziandola».
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