Su Cipro Erdogan è riuscito a far reagire perfino l’Onu
Ci ha messo qualche giorno in più di Unione Europea e Stati Uniti, ma alla fine anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato, in una dichiarazione presidenziale, gli annunci del 20 luglio scorso da parte del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e del presidente della non riconosciuta internazionalmente Repubblica turca di Cipro del Nord Ersin Tatar sulla creazione di insediamenti civili nella cittadina di Varosha e sul riconoscimento di due stati separati sull’isola di Cipro. Di più: per la prima volta in un documento del Consiglio di sicurezza sulla situazione di Varosha vengono chiamate in causa direttamente le autorità turche e turco-cipriote.
Si legge in un comunicato stampa delle Nazioni Unite:
«Il Consiglio di sicurezza ha condannato l’annuncio fatto il 20 luglio da parte dei leader turco e turco-cipriota di un’ulteriore riapertura di una parte dell’area recintata di Varosha a Cipro, richiedendo l’immediato annullamento del corso d’azione intrapreso e l’annullamento di tutte le misure adottate a Varosha dall’ottobre 2020».
La situazione di Varosha
Varosha è un quartiere meridionale della città di Famagosta che fu completamente abbandonato dai suoi abitanti di etnia greca al momento dell’invasione delle truppe turche nel 1974, e nello status quo seguito all’armistizio fra le parti è diventato area militarizzata sotto il controllo delle truppe turche. Varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno chiesto che venga trasferito all’amministrazione diretta delle Nazioni Unite. Da tempo invece i turchi progettano di restituirlo alla sua antica vocazione di località balneare d’élite, ripopolando l’area e riaprendo i numerosi hotel presenti.
Ma la dichiarazione approvata dal Consiglio di sicurezza «ha ribadito che ogni tentativo di insediare in qualunque parte di Varosha popolazione diversa da quella dei suoi abitanti originari è inammissibile. Ha espresso amarezza per quelle azioni unilaterali che contraddicono precedenti risoluzioni e dichiarazioni del Consiglio, […] incluso il trasferimento di Varosha all’amministrazione delle Nazioni Unite».
Le pretese di Erdogan e dei turco-ciprioti
La parte finale della dichiarazione suona come un monito alle parole pronunciate da Erdogan il 20 luglio a Nicosia:
«Il Consiglio ha riaffermato il suo impegno per un accordo durevole, giusto e completo, in sintonia coi desideri del popolo cipriota e basato su una soluzione federale bizonale e bicomunale con uguale dignità dei componenti, come stabilito nelle pertinenti risoluzioni del Consiglio».
Che cosa aveva detto Erdogan il 20 luglio, nel corso della sua visita nella Repubblica di Cipro Nord, fino ad oggi riconosciuta soltanto dalla Turchia? In occasione delle celebrazioni per i 47 anni dalla dichiarazione di indipendenza di Cipro Nord aveva insistito: «Non importa che passino 47 anni, o 147 o 247: il popolo turco-cipriota non tornerà indietro dalla sua indipendenza». Per poi aggiungere un po’ contraddittoriamente: «Non possiamo sprecare altri 50 anni. Nessun progresso potrà essere fatto nei negoziati senza l’accettazione che ci sono due popoli e due stati che hanno uguale dignità».
Il giorno dopo, in collegamento video con dirigenti del partito Akp aveva ribadito: «Faremo ogni sforzo per assicurare il riconoscimento dello stato turco-cipriota il prima possibile. Tutte le altre offerte e proposte non sono più valide».
Cipro Nord a caccia di riconoscimento
Molti osservatori si aspettavano da lui annunci più importanti dei nuovi passi compiuti per riaprire alla vita civile il 3,5 per cento della cittadina di Varosha (che in turco è chiamata Maras), e cioè l’imminente riconoscimento della repubblica turco-cipriota da parte di altri paesi. Da tempo circolano i nomi di Azerbaigian e Pakistan come i primi due stati, dopo la Turchia, che dovrebbero riconoscere la Repubblica di Cipro Nord. Ma Erdogan ha potuto solo confermare che sta insistendo su questo argomento nei suoi colloqui col presidente azero Aliyev.
Secondo il quotidiano Arab News, «ci sono state segnalazioni secondo cui cinque paesi sarebbero pronti a riconoscere Cipro Nord: Azerbaigian, Pakistan, Libia, Bangladesh e Gambia. […] Un tweet postato dall’ambasciata pakistana ad Ankara, che dichiarava che una delegazione consolare aveva in programma una visita di tre giorni nella parte settentrionale di Cipro, ha scatenato le speculazioni attorno all’ipotesi che Islamabad stesse per riconoscere ufficialmente l’entità politica nel nord dell’isola». Va d’altra parte ricordato che Cipro Nord partecipa come osservatore ai lavori dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oci), che riunisce 57 paesi come membri ufficiali.
Tre giorni per una dichiarazione
Secondo il quotidiano greco Ekathimerini ci sono voluti tre giorni per arrivare alla dichiarazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu (mentre l’Unione Europea attraverso l’Alto rappresentante Josep Borrell e gli Stati Uniti attraverso il segretario di Stato Antony Blinken hanno reagito nella giornata stessa del 20 luglio condannando le parole di Erdogan) perché il Regno Unito trovava troppo accusatoria nei confronti della Turchia una prima versione del testo. Gli altri membri del Consiglio di sicurezza (più India e Irlanda, membri a rotazione, con interventi dei loro rappresentanti) hanno respinto le obiezioni britanniche, e alla fine il testo è stato approvato nella sua versione iniziale.
Alcuni osservatori, anche greco-ciprioti, ritengono che le provocazioni di Erdogan abbiano in realtà l’obiettivo di riaprire il negoziato in vista di una soluzione federalista della controversia. Nel 2004 una proposta di soluzione federale, detta “piano Annan”, era stata respinta dai tre quarti degli elettori greco-ciprioti perché considerata troppo sbilanciata verso gli interessi turchi. I governi di Ankara non hanno mai perdonato quel rifiuto.
Foto Ansa
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