
Cinema, tv e letteratura costruiscono la nuova Torre di Babele
Quando James Cameron progettò Avatar sapeva che era necessario, perché l’ambientazione risultasse verosimile, che gli alieni parlassero una lingua sconosciuta. E affinché la parlantina risultasse fluida, scorrevole e piacevole all’orecchio, il regista non chiamò un linguista – il professor Paul Frommer – per creare una nuova architettura del linguaggio. Da qui la nascita del na’vi, idioma artificiale studiato a tavolino per soddisfare delle esigenze economiche. Alcuni tra i fan più sfegatati usano gli account twitter @learnna’vi e @nnavilessons per imparare la lingua del pianeta Pandora ed esiste addirittura il Navilator, un traduttore digitale dall’inglese al navi. Per salutare, basta dire: «Kaltxì. fyape nga». Semplice, no?
La costruzione da zero di un idioma ha però radici ben più antiche. Si può pensare al «Pape Satàn, pape Satàn aleppe» di Dante, una commistione improbabile di greco e lingue bibliche. Si passa poi alla neolingua di 1984 di George Orwell, al linguaggio elfico del Signore degli anelli – ispirato a Tolkien dal lituano – fino a giungere al klingon, inventato da Marc Okstrand per la serie Star Trek, o l’huttese, la lingua di Luke Skywalker sviluppata da Ben Burtt e Larry Ward. Alcuni esperti hanno fatto della creazione di lingue un vero e proprio mestiere: la Language Creation Society, per esempio, è un’organizzazione che vanta tra i suoi fondatori David J. Peterson, che ha creato il dothraki della serie tv Il trono di spade. Nel sito dothraki.com si trovano un dizionario inglese-dothraki e una grammatica.
La creazione di nuovi linguaggi può avere fini ben più elevati del semplice intrattenimento. Il glottoteta polacco Ludwik Lejzer Zamenhof ha dedicato buona parte della sua vita a immaginare e sviluppare una lingua comune per tutti i popoli del mondo, l’esperanto. Lo studioso era convinto che la pace e il dialogo tra i popoli fossero ostacolati dalle differenze linguistiche. L’esperimento, come sappiamo, non ha avuto i risultati sperati. Anche Ildegarda di Bingen, suora vissuta nel dodicesimo secolo, aveva creato una lingua per avvicinarsi a Dio e ancora oggi molti dei vocaboli da lei coniati sono sconosciuti e probabilmente lo saranno per l’eternità.
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