Rischia di saltare l’accordo tra Cina e Ue sugli investimenti
La ratifica del grande accordo sugli investimenti tra Unione Europea e Cina è in stand-by e potrebbe anche non arrivare più. Lo ha dichiarato ieri il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis: «Abbiamo in un certo senso sospeso le nostre attività» dal momento che il clima teso tra Bruxelles e Pechino «non favorisce» la ratifica del Cai.
I punti deboli dell’accordo
L’accordo annunciato il 30 dicembre, dopo sette anni di trattative, è ampiamente controverso. Voluto con forza dalla cancelliera Angela Merkel, e finalizzato durante un incontro con Xi Jinping al quale era stato invitato solo un altro leader europeo, Emmanuel Macron, oltre ai rappresentati delle istituzioni Ue, il Cai andrebbe a sostituire i 26 accordi bilaterali attualmente in vigore tra Cina e paesi europei. Perché il Cai entri in vigore manca la ratifica del Parlamento europeo, ma il fuoco incrociato di sanzioni tra Pechino e Bruxelles ha bloccato le trattative.
Se l’accordo mira proprio a sciogliere alcuni dei nodi che rendono impari la concorrenza nell’Impero di mezzo per quanto riguarda la reciprocità di accesso al mercato, la parità di condizioni per tutti gli operatori e la condivisione di regole su clima, salute e lavoro, decine di osservatori hanno fatto notare come le concessioni fatte da Pechino a Bruxelles non siano affatto «storiche» come rivendicato dall’Ue. Come analizzato da Tempi in un articolo approfondito, c’è inoltre il problema dell’inaffidabilità di Pechino quando si tratta di mantenere le promesse fatte, anche se corroborate da trattati ufficiali. Infine c’è un tema etico: perché premiare la Cina e offrirle su un piatto d’argento una vittoria diplomatica a scapito degli Stati Uniti quando il regime comunista reprime i diritti umani con ferocia, soprattutto a Hong Kong e nel Xinjiang?
Dopo le sanzioni, crisi tra Cina e Ue
Lo stop alle iniziative della Commissione per convincere il Parlamento europeo a ratificare l’accordo è diretta conseguenza dello scambio di sanzioni di marzo. Ha cominciato Bruxelles, imponendo sanzioni a quattro individui e a una entità coinvolti nella persecuzione degli uiguri. Nonostante si trattasse di una mossa più che altro simbolica, Pechino ha reagito con durezza, colpendo cinque membri dell’Europarlamento, tre parlamentari di singoli paesi europei e quattro istituzioni, oltre a due ricercatori.
Come dichiarato in un’intervista a tempi.it da uno dei sanzionati, l’europarlamentare tedesco Reinhard Bütikofer, membro del gruppo dei Verdi, «ora vediamo che la Cina non agisce da partner europeo ma da aggressore. Ci si può forse immaginare che il Parlamento ignori il modo in cui la Cina ci tratta e approvi l’accordo come se niente fosse? Per me è inimmaginabile. È altamente improbabile che arrivi un voto favorevole sul Cai fino a quando la Cina non ritirerà le sanzioni».
Il ruolo di Angela Merkel
La ratifica del Cai, ha aggiunto ieri Dombrovskis, «dipenderà davvero dall’evoluzione dei rapporti tra Ue e Cina». Secondo analisti citati dal Guardian, «fino a quando membri del Parlamento europeo saranno sulla lista cinese delle sanzioni la ratifica dell’accordo è impossibile». Visti i tanti punti deboli dell’accordo, voluto soprattutto dalla Merkel, la cui carriera politica si chiuderà a breve, non è detto che si tratti di una cattiva notizia.
Foto Ansa
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