Lettere al direttore

Chiamare le cose con il loro nome. Due esempi

L'unione civile tra Francesca Pascale e Paola Turci, Montalcino, 3 luglio 2022
L'unione civile tra Francesca Pascale e Paola Turci, Montalcino, 3 luglio 2022

Caro direttore, mi sembra molto azzeccato e tempestivo il titolo dato alla tre giorni di Caorle, organizzata da Tempi dal 15 al 17 luglio, e cioè: “Chiamare le cose con il loro nome”. Così come è azzeccato il titolo dato al primo incontro del 15 luglio: “Non si può dire più niente?”. La dittatura del “politicamente corretto”, infatti, ha portato troppo più spesso a stravolgere il senso di molte parole e, quindi, il senso della realtà ed ha costretto al silenzio ed alla emarginazione chi osa dire qualcosa d’altro oppure chi osa usare le parole per quello che effettivamente significano. L’andazzo corrente, quindi, porta fatalmente a capovolgere il significato di tante parole, così come porta ad usare tante parole in modo assolutamente improprio.

Faccio due esempi.

Recentemente, i liberal di sinistra si sono scagliati contro la Suprema Corte americana, la quale si è limitata ad affermare una cosa assolutamente vera e reale e cioè che l’aborto non è un “diritto” costituzionalmente riconosciuto. Ha affermato un principio quasi banale e cioè che non c’è il diritto ad uccidere. Tale Corte non ha escluso che le istituzioni politiche, democraticamente elette, possano affrontare legislativamente il problema dell’aborto, ma ha escluso che ciò costituisca un “diritto” dell’umanità e, particolarmente, delle donne. La nostra stessa legge italiana (la 194), con buona pace di tutti, non crea un “diritto, ma stabilisce che, in certe particolari condizioni (che dovrebbero essere molto gravi), la donna può chiedere l’IVG (il legislatore non ha avuto il coraggio di chiamare “aborto” l’aborto): ciò non costituisce un suo “diritto” nel senso tecnico del termine. Personalmente sono comunque contrario a tutto l’ipocrita contenuto della L. 194, ma il minimo sindacale è che, almeno, non venga proclamato un “diritto” che, invece, non esiste. Occorre, quanto meno, chiamare questa “cosa” terribile con il suo vero nome. La storia dell’umanità, quando è rimasta umana, non ha mai affermato il “diritto ad uccidere” e se lo ha fatto ha apertamente tradito la verità stessa dell’umanità. Di solito Il diritto ad uccidere viene proclamato dai dittatori, sia quelli politici che quelli culturali, ma, ripeto, tale diritto non esiste.

Un altro esempio. In questi giorni le prime pagine di quasi tutti i giornali e di molti Tg sono sta riempite dalla notizia che una famosa cantante ha “sposato” una donna molto famosa. Anche in questo caso, tanti hanno usato parole sbagliate, perché in Italia non esiste il matrimonio tra persone della stesso sesso. Esiste un altro istituto, che si chiama “unione civile”. Usare, in un caso come questo, la parola “matrimonio” (o parola similare) significa falsificare la realtà legislativa del nostro Paese e indebolire, ancora una volta, la concezione della famiglia, che è solo quella formulata a chiare lettere nell’articolo 29 della Costituzione, che è stata definita “la più bella del mondo” proprio dal mondo del politicamente corretto. Che l’intento vero di questo episodio sia stato quello di indebolire la famiglia tramite l’uso distorto delle parole è confermato dal fatto che qualche giornale ha addirittura scritto che le due donne sarebbero “salite all’altare”, aumentando la confusione e forzando l’opinione pubblica in una direzione ben precisa.

Del resto, questa falsa direzione è stata indicata dalla cultura “gender”, che sta invadendo ogni angolo di potere e non si capisce perché. Perché una vera e propria “pazzia” (come, probabilmente, scriverebbe il grande Chesterton) sta diventando il punto di riferimento ideale di tanta cultura e di tanta politica? Perché il dato concreto della realtà non è più il punto di riferimento della cultura e della politica? Perché il sindaco di Milano può impunemente dire che infrangerà la legge riconoscendo le adozioni dei figli delle coppie tra persone dello stesso sesso, avallando, così, la barbara pratica dell’utero in affitto? Qual è il virus che ha invaso tutti costoro? E quale è il vaccino necessario a guarire questa malattia, che sta diventando una pandemia, che a molti sembra inarrestabile? Non dobbiamo rassegnarci che effettivamente lo sia. Una strada c’è: rimettersi con fede a “fare il cristianesimo”

Peppino Zola

 

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