

Su Strisciarossa Roberto Della Seta scrive: «L’occasione di questa “prima volta” di popolari e sovranisti coalizzati non è banale. La “Nature Restoration Law” su cui ha votato il Parlamento a Strasburgo prevede di ripristinare entro il 2030 almeno il 20 per cento degli habitat naturali minacciati; è sostenuta dal mondo ambientalista e da larga parte della comunità scientifica che studia i problemi della perdita di biodiversità e la crisi climatica, osteggiata soprattutto da settori del mondo agricolo i quali temono che la norma costringerebbe a ridurre la superficie coltivata a beneficio di interventi di rinaturalizzazione».
Della Seta spiega lo scontro tra popolari-conservatori e socialisti-verdi sulla Nature Restoration Law vinto dalla sinistra per lo spostamento di voto di 21 parlamentari popolari e della maggioranza dei liberali. Al fondo ci sono due visioni: una più radicale convinta che la lotta al riscaldamento globale richieda atti di rottura nei comportamenti bruschi tali da imporre una svolta, l’altra più pragmatica tesa a costruire un consenso sociale che renda gestibili gli obiettivi.
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Su Dagospia si scrive: «Per questa ragione, molti popolari che preferiscono i socialisti ai conservatori (visto che sono alleati da decenni), oltre a Macron e Scholz e gli apparati di Bruxelles, vivono questa melonata con Weber e Tajani con esplicito fastidio. Ma dato che anche a Bruxelles funziona il “non si sa mai”, preferiscono fermarla sul nascere combattendo la Meloni e indebolendola sin da ora».
In certi ambienti romani insofferenti verso un governo troppo solido che svuota giochetti tradizionali molto cari a chi li pratica, si legge il voto di Bruxelles sulla “legge sul ripristino della natura” come l’inizio del declino di Giorgia Meloni che verrà piegata dalle istituzioni comunitarie passo dopo passo prima del voto del giugno del 2024 per l’Europarlamento.
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Su L’Occidentale Michele Ceci scrive: «Difesa europea, immigrazione e le nuove issues culturali sono solo alcuni spunti. Un eventuale “asse” strategico esterno alla maggioranza sarebbe abbastanza prestante da archiviare tutte le direttive green sfornate negli ultimi due anni dalle istituzioni dell’Unione. Croupier di tutti i giochi resterebbe comunque il Ppe, un partito dal peso specifico calante, ma determinato a non perdere la regia di un momento politico di buon auspicio per le forze conservatrici. In tal senso, risulta difficilmente contestabile la strategia di Manfred Weber, che ha una bussola evidente: tenere ad ogni costo le fila della situazione e restare deus ex machina, sia nella remota ma non velleitaria ipotesi di successo del “ribaltone”, sia nel caso di permanenza dell’ancoraggio socialdemocratico nella maggioranza. Se il ruolo cui potrà invece accedere Ecr è costellato da una serie di interrogativi e rappresenta uno dei grandi dilemmi della contesa, il Ppe intravede nel proprio orizzonte un obiettivo non discrezionale: la conservazione di una trentina di posizioni decisive per la sopravvivenza della propria leadership. Dinanzi al bivio, in Europa ogni seggio val bene una danza, ché in politica nessun amico è per sempre».
Ceci pensa che il fatto che Manfred Weber abbia con sé la maggioranza del Partito popolare europeo nel cercare l’accordo con i conservatori sia il vero dato politico del momento e che le piccole sconfitte tattiche non inficino una strategia che pare articolata.
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Su Atlantico quotidiano Anna Bono scrive: «Allora è sceso in campo il Farmer-Citizen Movement (Bbb, a sorpresa diventato poi il primo partito della Camera alta alle elezioni parlamentari svoltesi lo scorso marzo). Le manifestazioni di protesta sono diventate rivolta a settembre, quando il ministro Staghouwer ha accettato la richiesta della Commissione europea di mettere fine all’esenzione che consentiva agli agricoltori olandesi di usare più letame per concimare i campi rispetto ad altri Stati Ue. La motivazione è che le emissioni di azoto prodotte dall’evaporazione del letame possono danneggiare l’ambiente e inquinare le acque».
La Bono invita a osservare le dinamiche sociali che indichino come nello scontro tra campagne schierate a destra e metropoli schierate a sinistra, in questa fase tendano a prevalere le prime.
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