I cattolici negli Usa sono diminuiti? Forse, di sicuro sono sempre più liberal (come i non cattolici)
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Il dato più clamoroso ma anche più contestato dell’ultimo rapporto del Pew Research Center sul cambiamento del panorama religioso americano è l’asserito declino dei cattolici. Secondo gli analisti dell’istituto con sede a Washington gli americani adulti che si definiscono cattolici sarebbero passati dal 23,9 per cento di tutta la popolazione statunitense nel 2007 al 20,8 per cento registrato nel settembre scorso: più di tre punti percentuali in meno in soli sette anni. Lo stesso rapporto asserisce una flessione ancora più accentuata fra i protestanti storici, che sarebbero scesi nello stesso periodo dal 18,1 al 14,7 per cento; una sostanziale tenuta degli evangelici, che passerebbero dal 26,3 al 25,4; un boom dei “non affiliati”, che comprendono atei, agnostici e senza religione, i quali salgono dal 16,1 al 22,8; ma anche un boom dei pur marginali musulmani, l’unica denominazione religiosa che raddoppia la propria consistenza passando dallo 0,4 allo 0,9 per cento in soli sette anni. In generale, i cristiani scenderebbero dal 78,4 al 70,6 per cento.
Di tutti questi dati, l’unico che ha suscitato critiche e contestazioni è quello relativo ai cattolici. Sul Wall Street Journal il principale ricercatore del General Social Survey (Gss), che dal 1972 analizza i trend della società americana in forza di un progetto dell’Università di Chicago, afferma che «non c’è alcun indizio di alcun declino» fra i cattolici i quali, secondo l’ultimo rapporto Gss, pubblicato prima di quello del Pew ma basato su dati più recenti, costituirebbero il 25,4 per cento della popolazione adulta americana. Mark Grey, ricercatore del Center for Applied Research in the Apostolate (Cara) dell’università di Georgetown, che dal 1964 studia la Chiesa cattolica dal punto di vista delle scienze sociali, è graffiante nella sua critica: «Secondo il Pew Research Center “I cattolici appaiono in declino sia in percentuale della popolazione che in numero assoluto” negli Stati Uniti. Ma c’è qualche altro posto dove i cattolici stanno scomparendo, a parte dentro ai muri della sede del Pew Research Center? La percentuale di coloro che si definiscono cattolici dal 2010 varia per lo più fra il 21 e il 25 per cento nelle indagini condotte da Gallup, Pew, Prri e Gss (istituti di ricerca, ndr). La media di tutti questi sondaggi è 23,2 per cento. In linea generale questo è in sintonia con una tendenza rilevata sin dalle inchieste della Gallup iniziate alla fine degli anni Quaranta e nelle serie del Gss iniziate nei primi anni Settanta. L’unica serie che mostra una tendenza alla flessione è quella del Pew».
Sul New York Times Ross Douthat, l’unico conservatore che ha un blog sul sito internet del quotidiano liberal americano, propende per lo scetticismo riguardo al dato del Pew sui cattolici: «Forse questo dato significa che il Pew ha confezionato le domande perfette per il sondaggio e catturato il campione giusto a cui porle. Ma è altrettanto probabile che la media di tutte le rilevazioni sia più vicina alla verità di quella rilevazione che si discosta dalle altre. Nel qual caso il numero dei cattolici apparirebbe più stabile, oscillante attorno al 23 per cento della popolazione americana, prossimo al dato che a loro è stato attribuito per molto tempo».
Conversioni e abbandoni
Douthat relativizza un altro dato poco lusinghiero per i cattolici che il Pew ha rilevato: quello secondo cui i cattolici sono il gruppo nel quale il rapporto fra convertiti che entrano e fedeli che abbandonano è più sfavorevole. «Ci sono più di 6 cattolici che abbandonano per ogni convertito al cattolicesimo. Nessun altro gruppo analizzato in questa indagine ha registrato niente di simile per quanto riguarda il rapporto fra abbandoni e nuovi ingressi attraverso cambiamenti di religione», si legge nel rapporto del Pew. Il rapporto sarebbe di 1 a 1,7 per i protestanti tradizionali e 1 a 1,6 per le Chiese battiste afroamericane, mentre gli evangelici sarebbero leggermente in attivo (più neofiti che abbandoni).
Douthat eccepisce che questo modo di analizzare i dati non tiene conto del fatto che evangelici, protestanti storici e battisti afroamericani non sono degli insiemi uniformi: al loro interno i credenti cambiano denominazione almeno tanto spesso quanto i cattolici di oggi secondo il Pew. I dati del passato mostravano molta più mobilità confessionale fra i protestanti che fra i cattolici. Forse stiamo assistendo a una protestantizzazione dei cattolici, dice Douthat: «Il fatto che tanti cattolici di nascita stiano passando a denominazioni protestanti è un segno molto chiaro della convergenza del cattolicesimo post-conciliare con le norme e le abitudini protestanti».
Vera o falsa che sia, l’ipotesi del commentatore del New York Times ha il merito di introdurre la questione di quel che i cattolici americani pensano, fanno e sono realmente, al di là della polemica sulla loro consistenza numerica declinante o persistente rispetto alla popolazione statunitense totale. Sulle caratteristiche dei cattolici, come su quelle delle altre confessioni religiose e areligiose, il Pew non è avaro di dati, anche se sono più quantitativi che qualitativi. Ci dice che l’età media dei cattolici maggiorenni è di 49 anni (fra i protestanti storici è 52, quella dei musulmani è 33, quella degli atei e degli agnostici 34). Che a parte le Chiese battiste afroamericane, la Chiesa cattolica è la meno bianca fra le chiese cristiane e la più affollata di ispanici: mentre fra i protestanti i bianchi non ispanici oscillano fra i due terzi e i quattro quinti e passa di tutti gli affiliati, presso i cattolici sono solo il 59 per cento, mentre gli ispanici contano per il 34 per cento, cioè da tre a dieci volte di più che nelle altre chiese, con l’eccezione dei Testimoni di Geova (fra i quali gli ispanici sono il 32 per cento). Fra i cristiani, i cattolici sono coloro fra i quali gli immigrati e figli di immigrati sono più numerosi: ben il 42 per cento. Segnano un valore più alto solo gli ortodossi (63 per cento), che però sono una componente molto piccola del panorama religioso americano (appena 0,5 per cento di tutta la popolazione).
Per quanto riguarda il livello degli studi, fra i cattolici la percentuale dei laureati resta stabile al 26 per cento (come nel 2007), un punto in più della media di tutti i cristiani presi insieme. Fra i non cristiani il livello di formazione è molto più alto: sono laureati il 77 per cento degli indù, il 59 per cento degli ebrei, il 47 per cento dei buddhisti, il 43 per cento degli atei e il 39 per cento dei musulmani. Fra i battisti afroamericani, invece, solo il 15 per cento ha una laurea, fra i Testimoni di Geova il 12. Il rapporto del Pew riesce anche a dire qual è il reddito medio nelle varie confessioni religiose, e i dati rispecchiano alcuni consolidati cliché: i più ricchi risultano essere gli ebrei, presso i quali il 44 per cento dei nuclei familiari vanta un reddito superiore ai 100 mila dollari annui; fra i battisti afroamericani solo l’8 per cento delle famiglie guadagna più di 100 mila dollari all’anno, ma peggio di loro stanno i Testimoni di Geova, con un 4 per cento.
I battisti neri sono comunque i più poveri di tutti: ben il 53 per cento delle loro famiglie guadagna meno di 30 mila dollari annui. I cattolici ricchi sono il 19 per cento (due punti più della media di tutti i cristiani) ma quelli poveri, cioè le famiglie che guadagnano meno di 30 mila dollari all’anno, sono più di un terzo: il 36 per cento. Il gruppo religioso che conta meno poveri è quello ebraico: solo il 16 per cento vive con meno di 30 mila dollari annui.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]La maggioranza delle donne
Molto interessanti i dati sul sesso: risulta che la maggioranza assoluta dei credenti cristiani è composta da donne, mentre presso le religioni non cristiane e i “non affiliati” sono più numerosi i maschi. Le donne sono il 55 per cento di tutti i cristiani (54 per cento fra i cattolici), ma solo il 46 per cento dei non cristiani e il 43 per cento dei “non affiliati”. La confessione religiosa più femminile è quella dei Testimoni di Geova, fra i quali le donne sono ben il 65 per cento. I più maschili di tutti sono gli atei, fra i quali gli uomini rappresentano il 68 per cento e le donne il 32; sono seguiti dai musulmani, fra i quali i maschi sono il 65 per cento e le donne il 35.
Per quanto riguarda la condizione matrimoniale, i dati sono sorprendentemente convergenti. La somma dei divorziati e di coloro che vivono con un partner senza averlo sposato si aggira attorno al 20 per cento sia per i cristiani che per i non cristiani e i non affiliati. Ci sono però significative differenze all’interno dei vari gruppi: fra i cristiani si va dal 10 per cento di divorziati e conviventi dei mormoni al 25 per cento dei battisti afroamericani (fra i cattolici la percentuale è del 20); fra i non cristiani si va dall’8 per cento degli indù al 21 per cento dei buddhisti; atei e agnostici sono divorziati o conviventi appena un po’ di più dei cattolici: 22 per cento. In tema di fertilità, le famiglie dei cristiani sono certamente più numerose di quelle di atei e agnostici: fra i primi le coppie che hanno dai 40 ai 59 anni hanno messo al mondo 2,2 figli per coppia, gli atei solo 1,6 e gli agnostici 1,3: i cattolici stanno a 2,3.
Se però si vuole sapere qualcosa di specifico circa le convinzioni e i comportamenti dei cattolici americani, bisogna indirizzarsi al General Social Survey 2014, quello che ribadisce che i cattolici sono ancora un quarto e passa di tutti gli americani. È vero però che pensano sempre di più come dei liberal, anche se solo il 24 per cento di loro si dichiara tale (il 33 per cento si dichiara conservatore). Il 40 per cento di coloro che si dichiarano cattolici è favorevole all’aborto legale su semplice richiesta, il 55 per cento è convinto che i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso non siano una cosa sbagliata (è la prima volta che in un rapporto annuale Gss la maggioranza assoluta dei cattolici si pronuncia in questo modo), il 58 per cento pensa che il suicidio dovrebbe essere autorizzato nel caso di malati incurabili e solo il 12 per cento ritiene che il sesso prematrimoniale sia una cosa sbagliata.
Potrebbe far sorridere il dato secondo cui c’è un 21 per cento di cattolici che non crede in una vita ultraterrena, ma in realtà questo valore è in calo: nel 1975 erano il 30 per cento. Il tradimento coniugale è giudicato sempre condannabile dall’83 per cento dei rispondenti, mentre erano solo il 72 nel 1973. Contraria alla pena di morte è solo una minoranza di cattolici: 38 per cento (ma più che in passato: nel 1990 erano il 19 per cento). Col tempo i cattolici si sono disarmati: il 25 per cento tiene in casa un’arma, nel 1977 erano il 42 per cento.
La crescita dei musulmani
Tornando al rapporto del Pew Research Institute, va tenuto presente che il contenuto che ha provocato maggior clamore non è la flessione dei cattolici, ma il dato relativo ai cristiani nel loro insieme, che avrebbero toccato il minimo storico: solo il 70,6 per cento della popolazione. Nel 2007 si dichiaravano cristiani il 78,4 per cento degli americani, dunque sarebbero andati persi più di 7 punti in 7 anni. Secondo l’American Religious Identification Survey promosso dal Trinity College (università del Connecticut), nel 1990 gli americani erano cristiani per l’86 per cento. Dunque ci troveremmo davanti a una diminuzione di 25 punti in 25 anni. Ma il General Social Survey non è d’accordo: all’inizio del 2015, i cristiani in America sarebbero ancora il 74 per cento. Insomma, ballano proprio quel 3-4 per cento di cattolici che secondo il Pew non esistono più e secondo il Gss esistono ancora.
L’istituto di Washington insiste molto sulla crescita dei “non affiliati”, soprattutto fra i giovani, e in un altro studio sostiene che nel 2050 essi rappresenteranno il 25,6 per cento degli americani. Tuttavia in quello stesso studio, che si intitola The Future of World Religions: Population Growth Projections, 2010-2050, spiega che a livello mondiale l’incidenza dei “non affiliati” diminuirà, mentre quella dei cristiani resterà stabile e quella dei musulmani crescerà. Nel 2050 i cristiani saranno ancora il 31,4 per cento della popolazione mondiale, come nel 2010. Ma i musulmani saranno cresciuti dal 23,2 al 29,7. I non affiliati, invece, saranno scesi dal 16,4 al 13,2. Tempi duri per atei e agnostici.
Foto Ansa
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Ai patti sottintesi – sottintendono complotti, per certe menti che se ne delizionano -, come alle predestinazioni, non credo. Tutto è sotto gli occhi: teniamoli aperti. La scristianizzazione montante in Europa incontrava maggiore resistenza Oltreoceano: quando la “spinta propulsiva” del Cattolicesimo era i declino in Europa (Italia compresa) , negli U.S.A. si registrava un costante aumento delle conversioni – clamorose, a volte: fra tutte, mi piace ricordare quella, sia pure in articulo mortis, di Wallace Stevens, figura di spicco del mondo intellettuale aglo-sassone.
Le cose sono cambiate: forse, non sappiamo ancora bene come, ma il segno è chiaro anche a chi, cattolico o no, ha colto il carattere alienante dell'”organizzazione totale del mondo.” Quindi, sarebbe preferibile evitare di cambiare le carte in tavola. E insistere sul “soggettivismo”, sul “libero esame”, quando la libertà di coscienza non l’ha certo scoperta o inventata Lutero, lo trovo sbagliato perché, olte tutto, riduttivo: e infatti, a molti serve solo per scaricarsela, la coscienza, prendendosela con l’unico Paese dell’Occidente in cui l’annuncio cristiano – in senso stretto, in senso proprio: cattolico – ha conservato più o più a lungo che altrove il suo fascino.
La “religione americana” è fondata, anche nella sua versione conservatrice e rigorista, in particolare nel caso delle esperienze “carismatiche” e “spirituali” delle molteplici sette del variegato mondo protestante dei “born again”, su un approccio soggettivista tale da ricondurre ciò che è ritenuto per vero, ed alla lunga la stessa esistenza di Dio (che, in questa prospettiva, è affermabile nella misura in cui è sperimentata per auto-illuminazione interiore), nell’ambito del proprio “io”, dell’io che così diventa il datore di senso dell’esperienza religiosa.
La vitalità religiosa dell’America dipende dal sottinteso patto di rinuncia alla pretesa di possedere in assoluto la piena Verità siglato tra le varie confessioni presenti negli Stati Uniti. Un patto reso possibile proprio dall’approccio individualista alla religione, quello appunto del “libero esame” La religiosità americana è un adattamento riuscito alle logiche contemporanee della scelta individuale.
Negli Stati Uniti, il paradiso oggi del libero mercato, le “chiese” sono una pluralità concorrenziale ed in tal senso esse sono ritenute fondamentali alla democrazia pluralista ed al mercato concorrenziale.
La religiosità negli USA è ancora molto viva, anche della Chiesa Cattolica. Chi scompare sono i protestanti storici (che d’altra parte sono quelli da cui i Padri fondatori fuggirono nel ‘600). E’ recente la notizia della più alta crescita anno su anno delle ordinazioni sacerdotali cattoliche da parecchio tempo (+25%). Infatti i dati della statistica esposta sono vecchi, e le società non evolvono in maniera irrevocabile e ineluttabile verso una certa direzione. Certamente i cattolici devono la loro tenuta soprattutto all’immigrazione ispanica, ma ciò che casomai dovrebbe preoccupare è quanto Douthat sottolinea nell’articolo, e cioè che i cattolici nordamenticani sono sempre più “liberal”, conformati alla mentalità dominante come ormai accade in Europa e nella stessa Italia. Anche se sarebbe bene che gli istituti di statistica modificassero seriamente i loro criteri di ricerca nella direzione di una più realistica identificazione di chi è o non è “cattolico”, che vada al di là della autocertificazione. Se no continueremo ad avere “cattolici” che non credono in Dio e magari “atei” che credono nella Madonna.
E quando lo avrebbero siglato questo patto? Con tutto l impegno, non de li vedo tutti i pastori americani che si riuniscono una sera e decidono di svalutare il contenuto veritativo delle proprie confessioni.
Leggi bene : il patto è sottinteso. Nel libero mercato americano non è necessario riunirsi. A ben vedere non è neanche necessario che il contenuto sia veritativo. Basta saper vendere il più possibile. Più vendi e più è segno che hai l’OK divino.
Non fondi una Chiesa per desiderio di competere, ma per divergenze dottrinali con un altro. Si chiama scisma, non mercato.
Pessima notizia. L’america ha bisogno di cattolici, non di buffoni falso cristiani. Però c’era da aspettarselo se perfino i conservatori sono anticattolici, i mass media in mano a lobby… lasciamo stare che genere di lobby.
in America ci sono state molte drammatiche controversie perché pare che la Chiesa USA si sia comportata malissimo sulla piaga della pedofilia. È anche un Paese dove come ha detto qualcuno, prevale la religiosità protestante, e credo che fino ai Kennedy ci fossero anche pregiudizi (se non sbarramenti veri e propri) verso l’accesso dei cattolici alle cariche politiche. Non ne sono sicurissima, ma mi sembra di ricordare qualcosa. Un americano che conosco è Avventista del settimo giorno, mi fa morire tutte le volte dal ridere perché per la sua fede è molto importante che il Papa dei cattolici non si allei con l’antiCristo, altrimenti arriva la fine del mondo. Quindi lui, quando vengon eletti i Papi, sa sempre tutto. Tipo radiografia computerizzata di ogni candidato al Papato, ancora quando da noi non si sa niente (per fortuna che finora nessun Papa è stato considerato passibile di allearsi con l’antiCristo). Per finire, non so se sarebbe un bene essere religiosi come gli americani.. vogliono fare tutto “come dicevano le Scritture”, quindi osservano il sabato invece che la domenica, ogni volta hanno la citazione evangelica pronta anche per cose che per noi sono abbastanza di ordinaria amministrazione.. Forse abbiamo le chiese un po’ più vuote (neanche tanto), ma siamo un po’ meno “beghine”.
Se vi è una nazione, per le sue inconfutabili radici protestanti, nella quale relativismo e soggettivismo, socialmente ed economicamente tradotti in individualismo, hanno da sempre avuto ampio credito questa sono gli Stati Uniti d’America.
Una religiosità gnostica, intrisa di esoterismo, soggettivismo e relativismo, che si può definire“religione americana”.
L’America liberal e l’America conservatrice sono le complementari espressioni, l’una progressista e l’altra rigorista, dello stesso soggettivismo religioso, risalente, per la mediazione del settarismo puritano, a Lutero.
Il soggettivismo è, dunque, la vera radice della spuria religiosità americana.
Mi dispiace, ma non credo vi siano interi Paesi (direi, protestanticamente) predestinati allo sfacelo: nel caso degli U.S.A. – stavolta più che in altri, la polemica mi sembra strumentale, futile e vuota -, che vorrebbe dire, che anche i cattolici “conservatori” statunitensi, e ce ne sono, sarebbero rei, chi più, chi meno e presto o tardi, tutti condannati al soggettivismo – ora che la nozione stessa di soggetto nelle sue declinazioni più varie è demonizzata dal mainstream -, a Lutero e allo gnosticismo? Perché fino agli anni Sessanta e oltre, mentre nei Paesi europei, di tradizione sia cattolica che protestante, avanzava a grandi passi la secolarizzazione, negli U.S.A. la Chiesa cattolica non aveva perso la capacità di attrarre fedeli, unica fra le grandi confessioni religiose in lenta, ma costante crescita. Negli anni Sessanta (quando da quelle parti furoreggiava “la morte di Dio” del reverendo Harvey Cox: e suonava come un de profundis contro la sua stessa congregazione), se non ricordo male un dato Gallup relativo a quegli anni, il rapporto delle conversioni al Cattolicesimo dalle varie confessioni protestanti era, negli U.S.A, di 4 a 1 rispetto alle conversioni in direzione opposta.
Le interpetazioni che scagionano dagli errori commessi noi cattolici o l’incapacità che abbiamo di reagire a una crisi che non è – questa è la cosa più interessante – solo o tanto della Chiesa – un piccolo gregge ci sarà sempre: la sconfitta del mondo tecnico-gnostico è già tutta in questa certezza -, ma del mondo che si va configurando attraverso nuove forme di condizionamento globale, banalizzano il discorso addossando la colpa agli altri. Sarà anche così: ma qualche responsabilità ci tocca. Occorre rendersene e darne conto.
Non mi stupisco
Dove c’ e bellezza, amore la gente si fionda e vi rimane.
Purtroppo oggi il cattolicesimo e’ in crisi nera.
Preti allo sbando e incapacità di far arrivare il Signore ai più giovani.
Manca lo spirito, spirito santo dove sei?
Sicuramente agli evangelici non manca: sono colmi di spirito santo.
Ps
Sono stata in Brasile a trovare un mio amico che si è trasferito li’.
Che gioia immensa vedere le auto con la scritta Gesù, e trovarlo dappertutto.
Case, nuclei famigliari incasinatissimi ma pieni pieni di spirito santo, di grazia.. Beh se ci siete state anche voi lo avrete senz’altro incontrati.
Qui fai fatica.
È’ pieno di anime morte.
Gli americani degli Statesmen sono a se’. Non fanno testo. Loro sono la bellezza del mondo, Fio ha scelto di soggiornare in maniera definitiva nelle loro anime.
Dove la trovi gente così piena di entusiasmo?
«Ci sono più di 6 cattolici che abbandonano per ogni convertito al cattolicesimo. Nessun altro gruppo analizzato in questa indagine ha registrato niente di simile per quanto riguarda il rapporto fra abbandoni e nuovi ingressi attraverso cambiamenti di religione»
Avete dimenticato che l’intera percentuale di cattolici/cristiani è stata OBBLIGATA ad entrare quando erano appena neonati.
L’obbligo di appartenenza ecclesiale è tanto cogente che chiunque può allontanarsi dalla Chiesa e dalla fede e le rilevazioni demoscopiche ci dicono che strada prendono i fedeli delle varie confessioni religiose. Le strutture sociali, nel mondo moderno, procedono in una direzione a senso unico e Pensiero Unico: la libertà da questi condizionamenti, più sottili e potenti, è molto più difficile: ma di questo, pochi battezzati da quello che si definiva lo Spirito del Tempo si accorgoo o si dolgono.
Le polemiche contro l’America non datano da oggi e trovano sempre nuovi appigli: vabbe’, ci risiamo. Quando gli U.S.A. erano l’unico Paese protestante del mondo occidentale in cui, del corso del Novecento, i cattolici crescevano lentamente ma costantemente, mentre declinavano in Europa, da cui anche per il protestantesimo si prospettava l’eclissi che viviamo oggi, tutti a gioire perché il protestantesimo americano era alle corde: ora, è colpa dei protestanti se il cattolicesimo americano, assai combattivo e spesso, “conservatore” sulla dottrina e sui “temi etici”, arretra. Ma è un fenomeno non solo americano: e più che l’influsso protestante, perlomeno, diretto, ha a che fare con cedimenti “struttrali” di cui i cattolici farebbero bene a accusare se stessi. L’idea, fanatica, che per tornare cattolici occorra essere, innanzi tutto – se non soprattutto o pressochè esclusivamente -, anti-americani e perciò, anti-protestanti, mi sembra sciocca e fuorviante: e trovo assurdo e protestante che ognuno dica quello che occorre fare e come. Spero e prego lo sappiano i nostri pastori.
Infatti, la penso come te, Raider, aldilà di quello che condividiamo o non condividiamo del Protestantesimo, dobbiamo cominciare noi ad essere Cattolici sinceri, e non limitarci ad essere dei cattolici mollaccioni e confusi che vanno dietro a tutte le tendenze culturali e politiche del momento, dimenticando di seguire sul serio Cristo.
Marco Fede, come al solito sei su un binario morto…..
I cattolici liberali che stravedono per l’America – perché, a differenza dell’Europa scristianizzata, essa è un paese profondamente religioso, nel quale le chiese sono piene, nel quale non c’è contraddizione né conflitto, nella libertà, tra sfera religiosa (privata) e sfera pubblica intrisa di valori religiosi anche se interconfessionali – non si rendono conto che l’ostentata religiosità americana è religiosità protestante, religiosità da “libero esame”, ossia atteggiamento teologico soggettivista, che finisce nel “libero mercato” e nelle nuove religioni gnostiche “fai da te” del new age.
Hai ragione, Palmiro , è che per voler mettere il piede in due staffe (Cattolicesimo e liberalismo) tanti occidentali rischiano di perdersi !