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I cattolici negli Usa sono diminuiti? Forse, di sicuro sono sempre più liberal (come i non cattolici)

Uno studio sulle religioni negli Stati Uniti mostra l’aumento dei “non affiliati”. Il 40 per cento dei cattolici è favorevole all’aborto e ai rapporti omosessuali. E c’è anche chi non crede alla vita ultraterrena

Rodolfo Casadei
23/05/2015 - 2:30
Esteri
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Pubblichiamo l’articolo contenuto nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Il dato più clamoroso ma anche più contestato dell’ultimo rapporto del Pew Research Center sul cambiamento del panorama religioso americano è l’asserito declino dei cattolici. Secondo gli analisti dell’istituto con sede a Washington gli americani adulti che si definiscono cattolici sarebbero passati dal 23,9 per cento di tutta la popolazione statunitense nel 2007 al 20,8 per cento registrato nel settembre scorso: più di tre punti percentuali in meno in soli sette anni. Lo stesso rapporto asserisce una flessione ancora più accentuata fra i protestanti storici, che sarebbero scesi nello stesso periodo dal 18,1 al 14,7 per cento; una sostanziale tenuta degli evangelici, che passerebbero dal 26,3 al 25,4; un boom dei “non affiliati”, che comprendono atei, agnostici e senza religione, i quali salgono dal 16,1 al 22,8; ma anche un boom dei pur marginali musulmani, l’unica denominazione religiosa che raddoppia la propria consistenza passando dallo 0,4 allo 0,9 per cento in soli sette anni. In generale, i cristiani scenderebbero dal 78,4 al 70,6 per cento.

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Di tutti questi dati, l’unico che ha suscitato critiche e contestazioni è quello relativo ai cattolici. Sul Wall Street Journal il principale ricercatore del General Social Survey (Gss), che dal 1972 analizza i trend della società americana in forza di un progetto dell’Università di Chicago, afferma che «non c’è alcun indizio di alcun declino» fra i cattolici i quali, secondo l’ultimo rapporto Gss, pubblicato prima di quello del Pew ma basato su dati più recenti, costituirebbero il 25,4 per cento della popolazione adulta americana. Mark Grey, ricercatore del Center for Applied Research in the Apostolate (Cara) dell’università di Georgetown, che dal 1964 studia la Chiesa cattolica dal punto di vista delle scienze sociali, è graffiante nella sua critica: «Secondo il Pew Research Center “I cattolici appaiono in declino sia in percentuale della popolazione che in numero assoluto” negli Stati Uniti. Ma c’è qualche altro posto dove i cattolici stanno scomparendo, a parte dentro ai muri della sede del Pew Research Center? La percentuale di coloro che si definiscono cattolici dal 2010 varia per lo più fra il 21 e il 25 per cento nelle indagini condotte da Gallup, Pew, Prri e Gss (istituti di ricerca, ndr). La media di tutti questi sondaggi è 23,2 per cento. In linea generale questo è in sintonia con una tendenza rilevata sin dalle inchieste della Gallup iniziate alla fine degli anni Quaranta e nelle serie del Gss iniziate nei primi anni Settanta. L’unica serie che mostra una tendenza alla flessione è quella del Pew».

Sul New York Times Ross Douthat, l’unico conservatore che ha un blog sul sito internet del quotidiano liberal americano, propende per lo scetticismo riguardo al dato del Pew sui cattolici: «Forse questo dato significa che il Pew ha confezionato le domande perfette per il sondaggio e catturato il campione giusto a cui porle. Ma è altrettanto probabile che la media di tutte le rilevazioni sia più vicina alla verità di quella rilevazione che si discosta dalle altre. Nel qual caso il numero dei cattolici apparirebbe più stabile, oscillante attorno al 23 per cento della popolazione americana, prossimo al dato che a loro è stato attribuito per molto tempo».

Conversioni e abbandoni
Douthat relativizza un altro dato poco lusinghiero per i cattolici che il Pew ha rilevato: quello secondo cui i cattolici sono il gruppo nel quale il rapporto fra convertiti che entrano e fedeli che abbandonano è più sfavorevole. «Ci sono più di 6 cattolici che abbandonano per ogni convertito al cattolicesimo. Nessun altro gruppo analizzato in questa indagine ha registrato niente di simile per quanto riguarda il rapporto fra abbandoni e nuovi ingressi attraverso cambiamenti di religione», si legge nel rapporto del Pew. Il rapporto sarebbe di 1 a 1,7 per i protestanti tradizionali e 1 a 1,6 per le Chiese battiste afroamericane, mentre gli evangelici sarebbero leggermente in attivo (più neofiti che abbandoni).
Douthat eccepisce che questo modo di analizzare i dati non tiene conto del fatto che evangelici, protestanti storici e battisti afroamericani non sono degli insiemi uniformi: al loro interno i credenti cambiano denominazione almeno tanto spesso quanto i cattolici di oggi secondo il Pew. I dati del passato mostravano molta più mobilità confessionale fra i protestanti che fra i cattolici. Forse stiamo assistendo a una protestantizzazione dei cattolici, dice Douthat: «Il fatto che tanti cattolici di nascita stiano passando a denominazioni protestanti è un segno molto chiaro della convergenza del cattolicesimo post-conciliare con le norme e le abitudini protestanti».

Vera o falsa che sia, l’ipotesi del commentatore del New York Times ha il merito di introdurre la questione di quel che i cattolici americani pensano, fanno e sono realmente, al di là della polemica sulla loro consistenza numerica declinante o persistente rispetto alla popolazione statunitense totale. Sulle caratteristiche dei cattolici, come su quelle delle altre confessioni religiose e areligiose, il Pew non è avaro di dati, anche se sono più quantitativi che qualitativi. Ci dice che l’età media dei cattolici maggiorenni è di 49 anni (fra i protestanti storici è 52, quella dei musulmani è 33, quella degli atei e degli agnostici 34). Che a parte le Chiese battiste afroamericane, la Chiesa cattolica è la meno bianca fra le chiese cristiane e la più affollata di ispanici: mentre fra i protestanti i bianchi non ispanici oscillano fra i due terzi e i quattro quinti e passa di tutti gli affiliati, presso i cattolici sono solo il 59 per cento, mentre gli ispanici contano per il 34 per cento, cioè da tre a dieci volte di più che nelle altre chiese, con l’eccezione dei Testimoni di Geova (fra i quali gli ispanici sono il 32 per cento). Fra i cristiani, i cattolici sono coloro fra i quali gli immigrati e figli di immigrati sono più numerosi: ben il 42 per cento. Segnano un valore più alto solo gli ortodossi (63 per cento), che però sono una componente molto piccola del panorama religioso americano (appena 0,5 per cento di tutta la popolazione).

Per quanto riguarda il livello degli studi, fra i cattolici la percentuale dei laureati resta stabile al 26 per cento (come nel 2007), un punto in più della media di tutti i cristiani presi insieme. Fra i non cristiani il livello di formazione è molto più alto: sono laureati il 77 per cento degli indù, il 59 per cento degli ebrei, il 47 per cento dei buddhisti, il 43 per cento degli atei e il 39 per cento dei musulmani. Fra i battisti afroamericani, invece, solo il 15 per cento ha una laurea, fra i Testimoni di Geova il 12. Il rapporto del Pew riesce anche a dire qual è il reddito medio nelle varie confessioni religiose, e i dati rispecchiano alcuni consolidati cliché: i più ricchi risultano essere gli ebrei, presso i quali il 44 per cento dei nuclei familiari vanta un reddito superiore ai 100 mila dollari annui; fra i battisti afroamericani solo l’8 per cento delle famiglie guadagna più di 100 mila dollari all’anno, ma peggio di loro stanno i Testimoni di Geova, con un 4 per cento.

I battisti neri sono comunque i più poveri di tutti: ben il 53 per cento delle loro famiglie guadagna meno di 30 mila dollari annui. I cattolici ricchi sono il 19 per cento (due punti più della media di tutti i cristiani) ma quelli poveri, cioè le famiglie che guadagnano meno di 30 mila dollari all’anno, sono più di un terzo: il 36 per cento. Il gruppo religioso che conta meno poveri è quello ebraico: solo il 16 per cento vive con meno di 30 mila dollari annui.

La maggioranza delle donne
Molto interessanti i dati sul sesso: risulta che la maggioranza assoluta dei credenti cristiani è composta da donne, mentre presso le religioni non cristiane e i “non affiliati” sono più numerosi i maschi. Le donne sono il 55 per cento di tutti i cristiani (54 per cento fra i cattolici), ma solo il 46 per cento dei non cristiani e il 43 per cento dei “non affiliati”.  La confessione religiosa più femminile è quella dei Testimoni di Geova, fra i quali le donne sono ben il 65 per cento. I più maschili di tutti sono gli atei, fra i quali gli uomini rappresentano il 68 per cento e le donne il 32; sono seguiti dai musulmani, fra i quali i maschi sono il 65 per cento e le donne il 35.

Per quanto riguarda la condizione matrimoniale, i dati sono sorprendentemente convergenti. La somma dei divorziati e di coloro che vivono con un partner senza averlo sposato si aggira attorno al 20 per cento sia per i cristiani che per i non cristiani e i non affiliati. Ci sono però significative differenze all’interno dei vari gruppi: fra i cristiani si va dal 10 per cento di divorziati e conviventi dei mormoni al 25 per cento dei battisti afroamericani (fra i cattolici la percentuale è del 20); fra i non cristiani si va dall’8 per cento degli indù al 21 per cento dei buddhisti; atei e agnostici sono divorziati o conviventi appena un po’ di più dei cattolici: 22 per cento. In tema di fertilità, le famiglie dei cristiani sono certamente più numerose di quelle di atei e agnostici: fra i primi le coppie che hanno dai 40 ai 59 anni hanno messo al mondo 2,2 figli per coppia, gli atei solo 1,6 e gli agnostici 1,3: i cattolici stanno a 2,3.

Se però si vuole sapere qualcosa di specifico circa le convinzioni e i comportamenti dei cattolici americani, bisogna indirizzarsi al General Social Survey 2014, quello che ribadisce che i cattolici sono ancora un quarto e passa di tutti gli americani. È vero però che pensano sempre di più come dei liberal, anche se solo il 24 per cento di loro si dichiara tale (il 33 per cento si dichiara conservatore). Il 40 per cento di coloro che si dichiarano cattolici è favorevole all’aborto legale su semplice richiesta, il 55 per cento è convinto che i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso non siano una cosa sbagliata (è la prima volta che in un rapporto annuale Gss la maggioranza assoluta dei cattolici si pronuncia in questo modo), il 58 per cento pensa che il suicidio dovrebbe essere autorizzato nel caso di malati incurabili e solo il 12 per cento ritiene che il sesso prematrimoniale sia una cosa sbagliata.

Potrebbe far sorridere il dato secondo cui c’è un 21 per cento di cattolici che non crede in una vita ultraterrena, ma in realtà questo valore è in calo: nel 1975 erano il 30 per cento. Il tradimento coniugale è giudicato sempre condannabile dall’83 per cento dei rispondenti, mentre erano solo il 72 nel 1973. Contraria alla pena di morte è solo una minoranza di cattolici: 38 per cento (ma più che in passato: nel 1990 erano il 19 per cento). Col tempo i cattolici si sono disarmati: il 25 per cento tiene in casa un’arma, nel 1977 erano il 42 per cento.

La crescita dei musulmani
Tornando al rapporto del Pew Research Institute, va tenuto presente che il contenuto che ha provocato maggior clamore non è la flessione dei cattolici, ma il dato relativo ai cristiani nel loro insieme, che avrebbero toccato il minimo storico: solo il 70,6 per cento della popolazione. Nel 2007 si dichiaravano cristiani il 78,4 per cento degli americani, dunque sarebbero andati persi più di 7 punti in 7 anni. Secondo l’American Religious Identification Survey promosso dal Trinity College (università del Connecticut), nel 1990 gli americani erano cristiani per l’86 per cento. Dunque ci troveremmo davanti a una diminuzione di 25 punti in 25 anni. Ma il General Social Survey non è d’accordo: all’inizio del 2015, i cristiani in America sarebbero ancora il 74 per cento. Insomma, ballano proprio quel 3-4 per cento di cattolici che secondo il Pew non esistono più e secondo il Gss esistono ancora.

L’istituto di Washington insiste molto sulla crescita dei “non affiliati”, soprattutto fra i giovani, e in un altro studio sostiene che nel 2050 essi rappresenteranno il 25,6 per cento degli americani. Tuttavia in quello stesso studio, che si intitola The Future of World Religions: Population Growth Projections, 2010-2050, spiega che a livello mondiale l’incidenza dei “non affiliati” diminuirà, mentre quella dei cristiani resterà stabile e quella dei musulmani crescerà. Nel 2050 i cristiani saranno ancora il 31,4 per cento della popolazione mondiale, come nel 2010. Ma i musulmani saranno cresciuti dal 23,2 al 29,7. I non affiliati, invece, saranno scesi dal 16,4 al 13,2. Tempi duri per atei e agnostici.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

Tags: AbortoCristianifedegayMusulmaninew york timesricercaUSA
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