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Caso Ilva, mons. Santoro: «Chiediamo aiuto a Dio per lottare uniti, ma senza fare la guerra»

L’Ilva impiega 15 mila persone ma rischia la chiusura di sei impianti. Intervista al vescovo di Taranto Filippo Santoro: «Ho organizzato una veglia di preghiera perché abbiamo bisogno dell’unità. Se fossimo sempre tutti uniti come ora risolveremmo ogni tipo di problema»

Leone Grotti
01/08/2012 - 9:35
Interni
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È rientrato stamattina con urgenza dal Brasile, Filippo Santoro, vescovo di Taranto, «per stare vicino alla mia gente e far sentire la vicinanza e la solidarietà della Chiesa». E ce n’è bisogno, perché la situazione dello stabilimento Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, che impiega circa 15 mila lavoratori, ha ricevuto un provvedimento che impone il sequestro di sei impianti vitali e l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per otto tra dirigenti ed ex dirigenti dell’Ilva. I ricorsi sono stati presentati e il 3 agosto il Riesame darà il suo verdetto. L’azienda è considerata fonte di un inquinamento che ha provocato la malattia e la morte di molti tarantini, oltre ad aver contaminato l’ambiente. «L’unica strada possibile è coniugare attenzione al lavoro, alle vittime della diossina e all’ambiente – dichiara Santoro a tempi.it – Non è possibile far chiudere gli impianti perché così si blocca la produzione e si causa inevitabilmente la perdita di posti di lavoro».

Come si sta muovendo la Chiesa per aiutare la gente di Taranto?
Io sono diventato vescovo di Taranto i primi di gennaio. Come Chiesa di Taranto ci siamo sempre mobilitati e siamo sempre stati attenti ai lavoratori. Sono stato con gli operai a fare il precetto pasquale in fabbrica, ma sono anche stato vicino alle vittime della diossina e a quelle del lavoro. La Chiesa è attenta su tutti i fronti. È giusto però invocare una revisione della sentenza che permetta la sicurezza nel lavoro e che assicuri che vengano fatte le dovute bonifiche con il contributo e l’aiuto dello Stato. L’Ilva è stata a lungo di proprietà statale e i casi peggiori di inquinamento sono avvenuti in quel periodo. Ci vuole un grande investimento per le bonifiche.

Perché ha deciso di tornare d’urgenza dal Brasile?
Io ero in Brasile per impegni fissati precedentemente: dovevo organizzare la Gmg per i giovani della Puglia e partecipare alle ordinazioni di alcuni diaconi a Petropolis, dove prima ero vescovo. Gli altri impegni li ho cancellati per tornare subito a Taranto. L’ho fatto per stare vicino ai miei e so che la gente ha apprezzato questo gesto. Stasera faremo una fiaccolata nel quartiere Tamburi, il più colpito dalle emissioni di diossina, faremo una veglia di preghiera per stare con la gente e vivere insieme questo momento di grande agitazione.

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Quale soluzione può essere trovata per l’Ilva?
Noi come Chiesa non abbiamo ricette, perché non ci sono. Il caso Ilva non è un problema locale di Taranto ma nazionale ed europeo. Noi come Chiesa cerchiamo di facilitare il dialogo tra le istituzioni. Questa è la più grande industria di acciaio di Europa e ci lavorano 15 mila persone più l’indotto. Il problema è di tutta Italia perché con il caso Ilva si decide che sviluppo vogliamo, se ne vogliamo uno rispettoso dell’ambiente, della natura e dell’uomo. In un momento di crisi come questo, poi, se l’Ilva chiude ne risentirà tutta l’economia italiana.

La priorità spetta al lavoro?
No, bisogna anche mirare alle bonifiche perché la diossina si è sparsa dappertutto e tutti devono essere attenti: su come si possono coniugare ambiente e lavoro abbiamo promosso un convegno che si terrà qui a novembre.

Il Papa parlando dei lavoratori  dell’Ilva all’Angelus ha dimostrato la sua vicinanza.
Sì, ha dimostrato la sua sensibilità al problema e l’ha allargato, dimostrando che non è locale, non è solo un problema nostro ma di tutta la Chiesa. Il suo è un segno di respiro nazionale e internazionale. Indica la sua grande solidarietà e quale deve essere il cammino in difesa di lavoro e ambiente insieme: la sua vicinanza ci conforta molto.

Come vivono questa situazione i tarantini?
Bene: dopo una prima reazione immediata con lavoratori e ambientalisti a protestare, che è normale, ora c’è più serenità ma tutto dipende dalla revisione della sentenza del 3 agosto. La tensione c’è e anche per questo serve la preghiera, perché ci sia un cuore solo e uno sforzo comune per la città, per la vita, in tutte le sue manifestazioni.

Cosa vi aspettate dalla revisione?
Che l’attività giudiziaria confermi l’attenzione all’ambiente e alla salute e introduca, senza chiudere la fabbrica, massicci interventi sostenuti dal governo per le bonifiche e per limitare l’emissione delle polveri. Ci vuole sostegno per la produzione e l’ambiente. Bisogna ridurre le cause di danno alla salute.

Come si possono coniugare ambiente e vita?
Qui a Taranto c’è stato un orientamento che ha cavalcato la questione ambientale collegandola al tema della salute. I bambini sono stati contaminati dalla diossina, presente anche nel latte delle donne. In una situazione drammatica come questa l’uomo e la persona sono il centro dell’ambiente. Ambiente e persone devono stare in un tutto armonico. Come dice il Papa, bisogna coniugare la vita con il rispetto per la realtà. La drammaticità che viviamo ha un punto positivo: che tutti ci ritroviamo uniti per la difesa dell’ambiente e della persona.

Perché ha organizzato una veglia di preghiera?
Le scelte in questa situazione devono essere prese a livello giuridico, politico ed economico. Noi però chiediamo a Dio l’unità, di essere uniti tra di noi, ambientalisti malati e lavoratori. Tutti sono invitati per difendere la vita e la dignità del lavoro. Le candele accese saranno segno di speranza per operai e ammalati di cancro, ma anche per i lavoratori delle campagne. Noi chiediamo aiuto al Signore perché bisogna lottare ma senza fare la guerra e la nostra risposta deve essere nell’unità, che si può vivere solo intorno all’unica presenza che unisce, quella di Dio.

Avrebbe voluto diventare vescovo di Taranto in un momento più semplice per la città?
Io in Brasile avevo fatto un’esperienza di grande vicinanza alle persone e davanti a questa situazione di difficoltà per me è stata una sorpresa la risposta positiva di Taranto.  C’è grande attenzione ai problemi dei lavoratori, degli ammalati e dell’ambiente. Sono contento perché la gente ha apprezzato il mio invito all’unità e alla concertazione: come ho detto a loro, se fossimo sempre tutti uniti come ora risolveremmo ogni tipo di problema. Ma c’è bisogno di qualcuno che ci tenga uniti, e questo può essere solo Dio.

@LeoneGrotti

Tags: diossinafilippo santoroIlvasequestro Ilvatarantovescovo Taranto
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