«Caro Draghi, sono Draghi». La lettera che si invierebbe il governatore della Bce
Nell’agosto 2011 Mario Draghi stava trascorrendo i suoi ultimi periodi romani in quel di Palazzo Koch, prima di diventare governatore della Banca Centrale Europea e scrisse, insieme al suo predecessore Jean-Claude Trichet, una lettera al Governo italiano di Silvio Berlusconi a seguito di movimenti contrastanti nei mercati finanziari, di spread Btp-Bund preoccupanti, di debiti pubblici in crescita e possibili fallimenti di nazioni nell’area euro.
Da novembre il premier del Belpaese è Mario Monti, la Grecia è stata a un passo dal default, la Spagna dà segnali poco incoraggianti e, come cantava Lucio Dalla, «l’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va». Anche quest’estate è calda, anzi più calda del 2011, ed è inutile spiegare che il riferimento non è al clima, ma a quell’ente, quasi metafisico, denominato mercato che non fa vivere momenti felici al responsabile dei banchieri europei.
Mario Draghi a chi dovrebbe scrivere la lettera quest’anno? Un’ipotesi: indirizzare la missiva al governatore della Bce, ossia a Draghi medesimo. Con l’intestazione “Caro Draghi, sono Draghi”, l’ipotetico documento dovrebbe contenere il seguente motto: «La Bce diventi realmente la Banca Centrale Europea», e come la Federal Reserve, si metta nella posizione di agire con ampi poteri di vigilanza, intervenga nei mercati come prestatore di ultima istanza e diventi il fautore di una politica monetaria in grado di trasmette le politiche economiche. Occorre che la Bce assuma «il ruolo di autorità di vigilanza bancaria per l’eurozona» attraverso «la creazione di un meccanismo unico entro il quale la Bce prenda il ruolo di supervisore». Le parole di Draghi a lato del Consiglio europeo lo scorso 29 giugno avevano trovato il consenso di molti, ma non di tutti, in particolare l’opposizione della Bundesbank si è resa palese in luglio negli svariati tentativi – senza successo – di mettere i bastoni fra le ruote all’ex governatore di Bankitalia.
Più potere alla Bce equivale a un minor peso della banca centrale tedesca e in modo particolare significa recare difficoltà e imbarazzi per certi comportamenti “tolleranti” della Bundesbank nei confronti di alcune banche in Germania. Infatti, secondo quanto riportato da MilanoFinanza, Deutsche Bank possiede titoli tossici pari all’80 per cento del patrimonio di vigilanza e non è l’unica azienda di credito tedesca ad avere problemi. Così facendo le banche italiane brillerebbero per virtuosità rispetto alle concorrenti tedesche: le stesse banche che si finanziano a tassi decisamente più bassi delle concorrenti italiane. Nello stesso tempo Banca d’Italia, che Draghi conosce molto bene, risulterebbe più virtuosa e vigilante della banca centrale tedesca.
Un secondo punto, ormai entrato nella retorica dei discorsi finanziari è la possibilità di modificare i trattati della Bce e permetterle di operare nel mercato quale prestatore di ultima istanza: operazione tipica che caratterizza le banche centrali degli stati sovrani e federali. Le parole dello stesso Draghi sono incoraggianti: «Faremo di tutto per salvare l’Euro». Un’affermazione che fa pensare che il banchiere centrale europeo non si fermerà solo agli interventi dei fondi Efsf e Esm, ma che interverrà direttamente contro ogni attacco che odora di speculazione, attività conosciuta dall’ex vice presidente di Goldman Sachs. Va aggiunto che l’Ocse aveva dichiarato insufficienti le risorse predisposte per i fondi salva stati, indicando un ammontare minimo di 1000 miliardi, contro i 650 di capacità dell’Esm e dell’Efsf.
Da ultimo nella lettera che Draghi dovrebbe scrivere a Draghi vi è un allargamento delle misure di politica monetaria che in poche parole può essere tradotto con: stampare moneta, ovvero ciò che sta facendo da tempo la Federal Reserve e che insieme agli altri provedimento ha dato una spinta all’economia statunitense, anche se per il momento drogata dal Fiscal cliff.
Vi sono poi altri problemi che il Governatore della Bce conosce bene, e che ha già in qualche modo cercato di combattere, come il contagio nei mercati dei giudizi emanati dalle società di rating definite da Mario Draghi «altamente carenti e discreditate».
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Perché auspicare che la BCE diventi come la FED, stampando moneta? La prosperità non la si crea “per decreto”, come i tedeschi sanno bene; è per questo che si oppongono a questa ipotesi. Vorrebbe dire consegnare un pezzo di sovranità pubblica nelle mani di pochi, i regolatori, i presunti tutori della cosa pubblica; la cosa pubblica, in realtà, viene meglio tutelata quando a decidere sono milioni di “regolatori”, ovvero tutti noi, coloro che compongono il mercato.