Bortolussi (Cgia): «Per gli imprenditori stranieri il vero spauracchio in Italia è la giustizia»

Di Matteo Rigamonti
26 Marzo 2014
«I tribunali terrorizzano chi vuole investire qui: non sai quando ne uscirai, e spesso vincere è come perdere». Intervista al leader degli artigiani di Mestre, che prepara un convegno sulla giustizia civile (28 marzo)

«Il principale motivo per cui le imprese estere hanno timore a investire in Italia è la giustizia civile». Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, prepara gli argomenti per la tavola rotonda sulla giustizia civile dell’associazione veneta degli artigiani, in programma per venerdì 28 marzo a Venezia. E accetta di spiegare a tempi.it cosa pensano gli imprenditori stranieri dei nostri tribunali e perché l’inefficienza di questi ultimi rappresenta un serio freno allo sviluppo.

Bortolussi, la giustizia civile italiana proprio non funziona?
Vede, questo è un argomento di cui purtroppo non si sente parlare così spesso in Italia, anche perché la situazione della giustizia penale è forse ancora più grave. Ma le assicuro che un imprenditore straniero mette la giustizia civile al primo punto tra quelli che determinano la sua scelta se venire o meno nel nostro Paese. Le tasse e la burocrazia, il deficit infrastrutturale e il costo dell’energia superiore del 40 per cento rispetto alla media europea sono a loro volta senza dubbio fattori determinanti, ma sicuramente vengono dopo.

Come mai?
Perché in Italia si sa quante tasse si devono pagare e il costo dell’energia è scritto nero su bianco in un contratto, mentre i tempi della giustizia non sono mai certi e le regole dei processi sono difficili e poco intuitive: da noi, infatti, un processo può durare fino a 8, 9, persino 10 anni, e a volte nemmeno si risolve con equità. Per non parlare poi dell’incertezza legata ai possibili ricorsi e appelli fino alla Cassazione. È un labirinto kafkiano in cui gli imprenditori hanno sempre più paura a infilarsi perché non possono sapere se e come ne verranno fuori.

All’estero non ci sono i tribunali?
Ci sono eccome, ma chiunque abbia vissuto l’esperienza di lavorare all’estero sa bene che, in caso di contestazioni o processi, tempo 3 o 6 mesi al massimo ne verrà fuori. Pagherà, se sarà riconosciuta una qualche responsabilità o colpevolezza, ma i lavori poi, di norma, vanno sempre avanti. In Italia, invece, si corre il rischio che un processo possa bloccare tutto. E si sa che per un imprenditore il tempo è denaro. Spesso poi, una volta concluso un processo, anche se hai vinto è come se avessi perso, per via del tempo che è trascorso e delle spese processuali.

Cosa si può fare per migliorare la giustizia civile?
È proprio di questo che parleremo venerdì 28 marzo al convegno sulla giustizia civile che si terrà a partire dalle 14:30 alla Scuola Grande di San Teodoro a Venezia presso San Marco. In quella occasione verranno suggerite alcune idee come, per esempio, l’importanza di una nuova legge sui fallimenti e la necessità di introdurre figure manageriali con responsabilità organizzative nella gestione dei tribunali. Essere bravi giudici o avvocati, infatti, non significa automaticamente essere anche capaci di amministrare un’azienda, e non vedo perché un tribunale non debba essere condotto con la medesima efficienza delle aziende. Se questo dovesse comportare anche dei cambiamenti o dei trasferimenti di sede, non capisco perché in Italia ci si debba sempre opporre. In Germania sono addirittura riusciti a spostare la capitale da Bonn a Berlino, mi auguro che in Italia riusciremo a portare a termine questo compito minore.

@rigaz1

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4 commenti

  1. luigi lupo

    Bortolussi ha ragione, in uno stato serio chi viene condannato per truffa fiscale va in prigione non in giro a incontrare persone per fare una nuova legge elettorale.

  2. Giulio Dante Guerra

    Bisogna ripristinare la legge lucchese del XVI secolo! Tale legge – io, che sono lucchese, so solo di questa, ma certamente ce ne dovevano essere di analoghe in altre città-stato dell’epoca – al giudice civile che non pronunciava sentenza entro 30 giorni (proprio così, non ho sbagliato a digitare!) infliggeva una multa così “salata”, che il magistrato perditempo se la sarebbe ricordata per tutta la vita. Scommettiamo che con una legge simile i nostri magistrati lavorerebbero 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, invece d’andare a fare i “divi” a “Forum” e in trasmissioni analoghe?

    1. Giulio Dante Guerra

      Ho scambiato due segni: la legge in questione era del XIV secolo; ma è possibile, non sono uno storico, che sia rimasta in vigore anche nei secoli successivi.

  3. francesco taddei

    con Bortolussi a capo di una macroregione sarei sicuro che sarebbe un pezzo d’italia(efficiente) e non una secessione.

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