La meneghina Fondazione Stelline ospita fino al 7 dicembre la mostra antologica Guglielmo Spotorno. Tra Surreale e Reale. Opere dagli anni ’70. Curata da Luciano Caprile e Elena Pontiggia, la retrospettiva presenta trenta opere pittoriche inedite, realizzate dagli anni Settanta ad oggi, su tela e su carta, che illustrano l’evoluzione del percorso artistico di Guglielmo Spotorno (Milano, 1938). Abbiamo chiesto all’artista qualche notizia in più.
Elena Pontiggia, citando Klee, ha definito le sue opere “astratte con qualche ricordo”. Quale è allora il ricordo del vissuto o del quotidiano che muove l’elaborazione delle sue creazioni? Quali riferimenti della nostra quotidianità possiamo scovare?
Se si intende ricordo pittorico, questo c’è, ma non è certo astratto. Ho pensato, ma ora sempre meno, che Munch, Van Gogh e Bacon fossero un mio riferimento di energia e non di soggetto… Loro mettono al centro l’uomo. Quanto ai tempi del vissuto, l’arte non si divide tra passato, presente e futuro. Nell’arte, almeno nella mia, non c’è cronologia. Tutto è nella mia testa. E non so il momento in cui si accende la luce.
Mondo naturale e geometrie fanno parte del suo curriculum artistico. Quali elementi della natura, le cui forme possono essere accostate alla perfezione geometrica, predilige?
Tutti gli elementi della natura hanno forma sferica. Dagli atomi ai pianeti. Dalla goccia d’acqua del mare allo Tsunami dell’Oceano. Anche le Dolomiti erano arrotondate, prima che le piogge le scolpissero. L’angolo in natura non esiste. È una creazione dell’uomo di cui l’esempio estremo è stata la piramide. Il triangolo è fermo. La sfera si può muovere anche sul piano per l’inclinazione di un solo millimetro. Rappresenta tutta l’incertezza del nostro vivere.
Quale è, infine, il ruolo dell’uomo? E’ tangibilmente presente o solo metaforicamente? Come viene descritto il suo rapporto con il nostro mondo 2.0?
Non c’è più spazio e tempo. La luce è accesa 24 ore su 24. Il contatto con gli algoritmi è solo apparente. Manca la concretezza di essere uno di fronte all’altro.
PS: e nessuno dica che faccio l’elettricista.