Tra tutti i problemi che affliggono questa povera umanità, al Correttore di bozze pare particolarmente urgente quello segnalato oggi da Andrea Selva nell’inserto “R2” di Repubblica: l’eccesso di croci sulle Alpi. «Ormai sono centinaia» quelle crociacce, «di metallo, legno e granito». Perciò ben venga «la protesta degli ambientalisti» rilanciata dal quotidiano e battezzata dalla stessa Repubblica «la battaglia verde contro il kitsch», forse in modo da ricollocare l’oggetto crocifisso nell’ambito che notoriamente gli appartiene. Il design.
È talmente diffusa ormai questa moda kitsch che – racconta Selva – «gli ambientalisti di Mountain Wilderness hanno detto basta, è ora di fermarsi, magari fare un passo indietro, supportati da altre associazioni come Wwf e Italia Nostra». Per gli alpinisti verdi di Mountain Wilderness urge immediata «rimozione di tutte le opere imposte alle vette, sovradimensionate e ingiustificabili, che incidono in modo negativo sul paesaggio montano tradizionale». Insomma «servono regole precise e più sobrietà». Se proprio crocifisso ha da essere, che almeno sia sobrio, meglio ancora un crocifisso tecnico. O comunuque piccino piccino. Altrimenti mi occupa tutto lo sfondo delle foto.
In realtà probabilmente quelli di Mountain Wilderness se ne sbattono del kitsch, altrimenti non avrebbero chiamato il loro manifesto programmatico “Le Tesi di Biella”. Secondo il Correttore di bozze questi ambientalisti rampicanti hanno un movente più alto. Quasi filosofico (si fa per dire). Proprio nelle Tesi di Biella riportate sul sito dell’associazione si apprende infatti che «il concetto di Wilderness, traducibile come natura selvaggia, non trasformata da attività antropiche, include necessariamente valutazioni psicologiche ed etiche». Come per esempio lottare contro i crocifissi sulle montagne. Una rivoluzione civile necessaria per riportare le Alpi alla loro originaria «wilderness montana», ovvero quella magica virtù che caratterizza «gli ambienti incontaminati di quota dove chiunque ne senta veramente il bisogno interiore può ancora sperimentare un incontro diretto con i grandi spazi e viverne in libertà la solitudine, i silenzi, i ritmi, le dimensioni, le leggi naturali, i pericoli». Per farla breve, la missione etica del movimento è quella di «stimolare un rapporto creativo tra l’uomo civilizzato e gli ambienti naturali», dal momento che «è il grado di autenticità di questo rapporto a dare un senso non effimero all’avventura». Certo che se uno se ne va sul Piz Boè credendosi di essere nel cuore incontaminato della Patagonia – riflette l’effimero Correttore di bozze – è chiaro che gli darebbe fastidio trovare lassù anche un crocifisso di Giotto.
E così gli eco-scalatori hanno lanciato il loro appello «agli enti locali e ai responsabili delle aree protette perché tengano alta la guardia contro gli entusiasmi di chi vorrebbe portare in vetta nuove croci, installazioni luminose e altre “firme” del passaggio dell’uomo», scrive Repubblica. Il Cai, invece, non prende una posizione ufficiale e tendenzialmente si mantiene equidistante dai selvaggisti e dagli entusiasmisti. Tuttavia il presidente Umberto Martini fa sapere che in ogni caso «meno la montagna viene “deturpata” o “arricchita” (dipende dai punti di vista) e meglio sta». E poi «la salita sulle montagne non deve diventare una via Crucis», perché anche l’Adamello ci tiene alla sua laicità.
Comunque c’è poco da ironizzare. Anzi, ci sono tutti gli estremi per aprire una nuova questione morale alpestre. Avete mai visto per esempio la statua del Cristo Pensante issata nel 2009 a passo Rolle? Ecco. Sappiate che, come informa Repubblica, quel fastidioso e antiestetico (nonché antietico) «blocco di marmo pesante 20 quintali» «solo nell’ultima stagione estiva ha richiamato 25 mila pellegrini in vetta». Fermiamoci un attimo e riflettiamo: è o non è una vergogna questa? Tutta quella plebaglia a infestare un percorso così “wild”! «Una folla di escursionisti religiosi di ogni provenienza ed età tanto che il Parco naturale di Paneveggio ora dovrà correre ai ripari: manutenzione straordinaria dei sentieri e regole di accesso più severe, si pensa – ad esempio – al senso unico per dividere il traffico di chi sale e chi scende». Ma il Correttore di bozze ha una proposta ancora più severa: via quel Cristo da 20 quintali, mettiamoci un gigantesco semaforo pedonale.