
Blocca trivelle, «un grave danno per il paese»

«Purtroppo il governo ha messo la fiducia sul Dl semplificazioni (votato ieri, ndr) e questo rende difficilmente modificabile l’emendamento che riguarda la moratoria sulle trivelle». Angelo Colombini della segreteria nazionale Cisl ha partecipato all’incontro tenutosi a Ravenna per fare il punto sulla “questione trivelle”. Il Comune ha convocato operatori, sindacati e imprese per scongiurare quel che ormai pare poco scongiurabile e cioè, appunto, la moratoria sulle concessioni. Sono in particolare due i provvedimenti del “blocca trivelle” che mettono in allarme il settore: l’aumento di 25 volte dei canoni annuali di coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi per tutte le compagnie petrolifere e uno stop di 18 mesi alle ricerche in mare di idrocarburi. «Con il voto di fiducia alla Camera sul Decreto semplificazioni – chiosa Colombini –, il Governo, con l’emendamento sulle trivelle, sceglie l’aumento delle importazioni, della bolletta energetica e la de-industrializzazione del paese»
Posti di lavoro a rischio
Il 9 febbraio a Roma ci sarà una manifestazione a cui parteciperanno lavoratori, sindacati e imprese. Ma il governo, in particolare la sua componente grillina, ha fatto della questione trivelle un proprio vessillo di battaglia (ma anche la Lega, ai tempi del referendum abrogativo e fallito, era per il “sì”). «La prima cosa da chiarire – dice Colombini – è che stiamo parlando di gas e non di petrolio, come talvolta si sente dire. La seconda è che, da Ravenna a Gela, un blocco mette a serissimo rischio il lavoro di 18.000 persone, e senza contare l’indotto. Chi è dipendente di una società finirà in cassa integrazione. Le aziende italiane e straniere che operano nell’Adriatico smetteranno di farlo in Italia e si trasferiranno a pochi chilometri da qui, in Croazia». Non solo un danno, ma anche una beffa. «Sarà una grave perdita di professionalità e di posti lavoro».
Rinnovabili e strategia nazionale
L’opposizione dei cinquestelle è cieca e ideologica. «Siamo tutti a favore della de-carbonizzazione del paese – dice ancora Colombini –, ma occorre essere realisti: questa potrà avvenire solo in un lasso di tempo più lungo. Bloccare tutto dalla sera alla mattina reca solo danni. Questa non è una de-carbonizzazione ma è una de-industrializzazione del nostro sistema energetico».
Attualmente l’Italia importa il 90 per cento del gas utile a soddisfare il proprio fabbisogno, soprattutto da Russia, Libia, Algeria, Norvegia e Azerbaigian. Abbiamo un “problema energetico”, dunque, e non lo scopriamo oggi. Colombini non è contrario alle rinnovabili, ma invita a guardare i numeri: «Oggi soddisfano il 27 per cento del fabbisogno. È una buona percentuale, ma insufficiente. Per farla aumentare servono tempo e investimenti. Occorre, come chiediamo da diversi anni, un progetto complessivo che guardi all’interesse del paese e non di ogni singola Regione. Oggi, infatti, ogni amministrazione locale fa da sé e così abbiamo venti strategie diverse. Non va bene. Serve una strategia unica, nazionale, per il bene di tutti».
Foto Ansa
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