«Bisogna parlare con tutti. Le forze che sono in Parlamento e quelle fuori» ha detto il segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, a proposito della riforma della legge elettorale. Nel centrosinistra c’è un gran movimento in questi giorni. Perché se Bersani è alle prese col sostegno al governo Monti (e con la necessità di non perdere al contempo i principali e futuribili alleati, Idv e Sel) la fila dei delusi si allunga giorno dopo giorno. Lo dimostra la divergenza emersa nel dibattito sulla riforma del lavoro, tra la proposta di Ichino e il disegno proposto da Fassina. E il leader di Sel, Nichi Vendola, ha già mandato a Largo del Nazareno un chiaro messaggio: se il Pd va a destra, l’alleanza alternativa con l’Idv è bella che pronta.
Dopo mesi di fervore dietro alle quinte, la politica si sta quindi riprendendo la scena a partire dalla legge elettorale. Il Pdl ha avviato un ciclo di incontri bilaterali con le altre forze politiche, partendo proprio da chi, davanti a una riforma delle urne, si è sempre dimostrato categoricamente contrario (Lega Nord). Nel frattempo il Pd si dice disposto a fare a meno del doppio turno, se il Pdl rinuncia al premio di maggioranza. Quale gioco stanno facendo i partiti? C’è forse in atto un doppio movimento, assolutamente simmetrico e in corso sia nel Pdl che nel Pd, che punta a scomporre i due partiti per poi poi ricomporli depurati dalle componenti più identitarie?
L’ ex premier si è schierato a difesa del bipolarismo invitando al dialogo il Pd: mossa che molti interpretano come il tentativo di tagliar fuori dal confronto non solo Idv e Sel, ma anche Terzo polo e Lega. Si tratterebbe quindi di creare una formazione moderata, cattolica e popolare: un’alleanza organica, che ricalcherebbe l’attuale maggioranza pro-Monti in Parlamento. E, a bocce ferme, è il Pd a trovarsi nella situazione più delicata. Cosa dobbiamo aspettarci? Per il direttore di Europa, Stefano Menichini, siamo solo alla fase di riscaldamento: tutto dipenderà dai tempi e dai modi della riforma elettorale, spiega a tempi.it. Dopo, sarà più semplice capire le intenzioni dei partiti. Per Menichini semplificare l’offerta politica, in un accordo a due a scapito delle forze più radicali (che sarebbero obbligate a subordinarsi a partiti maggiori) non ha senso: «Per questo il Pd ha il compito di ampliare il più possibile le alleanze. Al momento mi sembra che la linea del partito sia questa: non solo, deve cercare di includere anche un eventuale quarto polo composto da Di Pietro e Vendola».
Alcuni hanno cercato di proporre una legge elettorale che ricalchi il modello tedesco: a che scopo? «Molti sono convinti che avverrà un accordo a due, per obbligare i partiti minori a subordinarsi agli altri. Ma io credo che il Pd non starà al gioco, perché Bersani non è Veltroni. Ha una concezione della politica molto diversa. E credo preferisca avere un Pd amplio, conquistando la sua egemonia sul piano politico del consenso». Nel frattempo, è al fuoco amico che bisogna fare attenzione. Comprese le personalità che a livello locale (si parla di “lista civica nazionale” che metta insieme “le grandi personalità del Paese”) si fanno sedurre da Sel e Idv. Perché in questo momenti i protagonismi possono essere estremamente controproducenti per il centrosinistra: «Nel 2008 lo schema è stato questo. E ha vinto Berlusconi. Oggi, chi vincerebbe?».