Dura polemica sulle pagine del Corriere della Sera, dove è stata pubblicata una lettera del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, intitolata “Perché non siamo uno Stato di polizia fiscale”. L’obiettivo polemico di Befera sono le «aspre rampogne» dell’editorialista Piero Ostellino contro il redditometro, l’Agenzia e il nostro “Stato di polizia fiscale”.
«Il nostro redditometro – sostiene Befera – consiste in una procedura informatica che, incrociando banche dati e utilizzando con estrema cautela indicatori di tipo statistico, punta ad individuare, con la maggiore attendibilità possibile, il grado di correlazione fra il reddito che emerge dalle dichiarazioni fiscali e la sua capacità di spesa, quale risulta dai dati si cui il fisco dispone». Befera, insomma, difende l’appropriatezza dello strumento, indispensabile, a suo parere, per combattere adeguatamente l’evasione fiscale.
E fin qui siamo nel campo, puntuto ma civile, dell’espressione delle proprie legittime opinioni. Quel che, però, scrive Befera al termine della sua lettera è sorprendente: «Detto ciò, è indubbio – annota il direttore dell’Agenzia delle Entrate –, come affermava Stalin che “la carta sopporta tutto”, sicché Ostellino è pienamente libero, nel suo articolo, di apparentare me e i miei collaboratori ad agenti dell’Ovra o della Stasi, ma – già che c’era – non avrebbe dovuto omettere di tirare in ballo anche la Gestapo o la Ghepeù sovietica, giusto per rimarcare la “sconcezza” del decreto che avremmo fatto firmare al ministro Grilli. Per quanto riguarda infine il collegamento che Ostellino fa tra noi dell’Agenzia e il personaggio del dottor Stranamore, sorvolerei. Piero Ostellino – si sa – è una mente lucida del pensiero liberale, e dovrà quindi pur esservi un nesso causale fra il redditometro e la guerra termonucleare, anche se io faccio fatica a coglierlo. Con la moderatezza dei toni – da autentico liberale – e la sottigliezza degli argomenti che lo contraddistinguono, Ostellino saprà però sicurmante spiegarlo a me e ai suoi lettori, e di questo lo ringrazio fin da ora».
Non è però l’editorialista a rispondere a Befera, ma il direttore stesso Ferruccio De Bortoli, che chiosa così: «Caro Befera, il Corriere e Ostellino rispettano il suo lavoro. Lei è stato difeso da questo giornale in più di una occasione. Le critiche, anche dure, in democrazia sono legittime. Se il tasso di suscettibilità che traspare dalla sua lunga lettera è misura della serenità e dell’equilibrio con cui l’Agenzia che autorevolmente presiede opera sul territorio e dialoga con i contribuenti, c’è di che preoccuparsi».