Il Barnevernet toglie i figli ai genitori? Guerra tra Norvegia e Polonia
Ha tutta l’aria di un tentativo di vendetta mal concepito che si sta ritorcendo contro chi l’ha promosso. Le mosse del governo norvegese per ottenere l’allontanamento dal paese del console polacco Slawomir Kowalsky hanno ottenuto l’effetto di riaccendere i riflettori internazionali sul Barnevernet, il servizio per il benessere dei minori della Norvegia sotto accusa non solo presso settori dell’opinione pubblica norvegese e di vari paesi europei, ma anche presso la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo per la straordinaria facilità con cui sottrae i minori a famiglie che, secondo le valutazioni dei suoi operatori, sarebbero inadatte a crescerli.
LA GUERRA DIPLOMATICA
Che la richiesta del governo di Oslo a quello di Varsavia di richiamare in patria il console prima della scadenza del suo mandato (fine giugno di quest’anno) assomigli a una vendetta lo si può dedurre dal fatto che la Polonia è il paese che nel dicembre scorso ha deliberato di dare asilo politico e riconoscere come rifugiata la signora Silje Garmo, primo cittadino norvegese dalla fine della Seconda Guerra mondiale accolto in un altro paese europeo a causa di una persecuzione in patria. La 37enne norvegese ha chiesto e ottenuto asilo in Polonia per sé e per la sua seconda figlia di 2 anni dopo essere stata presa di mira dal Barnevernet, che nel frattempo ha allontanato da lei la prima figlia 14enne a causa dello «stile caotico di vita» della madre, una sua presunta «sindrome da affaticamento cronico» e abuso di antidolorifici. Le analisi mediche effettuate in Norvegia sulla signora però non hanno mai dato conferma a queste accuse, iniziate dopo che la donna si era separata dal marito.
Kowalsky per parte sua è stato molto attivo nel corso dei cinque anni del suo mandato come console nel fornire sostegno a famiglie polacche immigrate in Norvegia che sono state a loro volta indagate e, in alcuni casi, private dei figli dal servizio norvegese per i minori. In un’occasione, risalente all’estate scorsa, Kowalsky ha diffuso un filmato (dal minuto 2’26”) in cui tre agenti della polizia lo allontanano in modo piuttosto rude da un appartamento privato dove il Barnevernet stava portando via alla famiglia un bambino di 6 anni. Nonostante il diplomatico illustri agli agenti le sue credenziali consolari e le prerogative che comportano in base alle convenzioni internazionali firmate dalla Norvegia, la sua presenza sul posto come rappresentante di fiducia della famiglia viene impedita in nome della legge norvegese in quanto «elemento di disturbo».
«KOWALSKY È UN OTTIMO CONSOLE»
In un altro filmato realizzato da una famiglia di origine canadese alla quale i servizi sociali sottrassero per tre settimane circa un figlio 12enne nel febbraio dello scorso anno, si vedono due agenti di polizia che inseguono il ragazzo intorno a casa e poi lo bloccano faccia a terra nella neve mentre la madre grida e filma quello che accade. Il ragazzo era stato ritirato da scuola dopo episodi di bullismo e minacce di morte da parte di compagni per i quali, secondo la famiglia, le autorità scolastiche non avevano saputo prendere provvedimenti. A casa riceveva educazione parentale, che anche la legislazione norvegese permette, ma secondo il Barnevernet ciò impediva la sua “socializzazione”.
Contro Kowalsky le autorità norvegesi stanno procedendo in modo decisamente contorto: il 21 gennaio scorso hanno chiesto a Varsavia di richiamarlo in patria entro il 6 febbraio, data dopo la quale sarebbe stato dichiarato “persona non gradita” in Norvegia, suscettibile di deportazione se non abbandonasse spontaneamente il paese. Questo però innescherebbe automaticamente un incidente diplomatico con la Polonia, che si vedrebbe costretta ad allontanare il console norvegese a Varsavia per rappresaglia. La Polonia per bocca del suo viceministro degli Esteri ha fatto sapere che non richiamerà Kowalsky perché lo considera un ottimo console: «Crediamo che il console abbia operato in modo corretto e in coerenza coi suoi doveri. Sta effettivamente difendendo gli interessi delle famiglie polacche in Norvegia», ha dichiarato Szymon Szynkowski vel Sęk. Secondo fonti polacche, in questi anni Kowalsky ha assistito 150 famiglie polacche coinvolte in controversie col Barnevernet, e nel 2016 è stato pure premiato come “Console dell’anno” dal ministro degli Esteri polacco per la sua «adeguata e competente cooperazione coi partner norvegesi sulla questione dei minorenni polacchi affidati alle cure dei servizi sociali locali per i bambini».
VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI
Nel frattempo il Barnevernet continua a ricevere attacchi da più direzioni: il 9 marzo a Vienna si terrà per la seconda volta negli ultimi tre anni una protesta pubblica da parte di gruppi di tutto il mondo contro le politiche del servizio norvegese per i minorenni, mirata in particolare ad ottenere il ricongiungimento del piccolo Tyler con la madre americana Amy Jacobsen, alla quale fu sottratto nel luglio 2013 a motivo del suo regime alimentare: il bambino a 19 mesi ancora veniva allattato perché rifiutava altre forme di nutrizione. Benché il suo peso fosse pressoché normale (9,6 chili al momento della verifica), le autorità norvegesi disposero la separazione dalla madre, alla quale inizialmente furono concesse visite quindicinali in seguito proibite per timore di un rapimento del minore (il padre norvegese lo aveva per poche ore clandestinamente portato fuori dall’ospedale dove era stato internato).
Anche in Norvegia realtà della società civile fanno sentire la loro voce critica, che però il governo della premier Erna Solberg ostinatamente ignora: nel 2016 ben 170 professionisti del mondo dell’infanzia, tra cui avvocati e psicologi, scrissero una lettera aperta in cui definivano il Barnevernet «un’organizzazione disfunzionale che commette errori di giudizio con gravi conseguenze a lungo termine». Einar Salvesen, lo psicologo clinico, già direttore del dipartimento per i rifugiati della Croce Rossa norvegese, che ha promosso la lettera aperta del 2016, ha definito la minaccia del governo norvegese di dichiarare il console Kowlasky persona non gradita «una vergogna». Presso la Corte europea dei diritti umani pendono attualmente sette ricorsi contro lo Stato norvegese da parte di famiglie di varie nazionalità per violazione dei diritti dei bambini e dei genitori alla vita familiare (articoli 8 e 9 della Convenzione europea sui diritti umani) ad opera del Barnevernet.
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