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Caduto l’Artsakh, ora si tratta di bloccare il genocidio

Di Renato Farina
04 Ottobre 2023
Supplico in ginocchio il vostro governo, fatelo con me: fratelli italiani smettetela di amoreggiare con chi ci vuole morti per un pugno di gas
L’esodo degli armeni in fuga dall’Artsakh dopo l’attacco dell’Azerbaigian, 28 settembre (Ansa)
L’esodo degli armeni in fuga dall’Artsakh dopo l’attacco dell’Azerbaigian, 28 settembre (Ansa)

Il 20 settembre in poche ore, grazie al dispiegamento di una forza mille volte superiore, con attrezzi bellici nuovi fiammanti e il ghigno antico dei tagliagole, l’esercito dell’Azerbaigian si è preso tutto l’Artsakh (il nome autentico di quello che internazionalmente è chiamato Nagorno-Karabakh, o Alto Nagorno). La nostra resa è stata ovvia, ineluttabile, trentamila bambini sarebbero stati annientati dai bruti. Vecchi e donne sono andati a raspare le tombe, a raccogliere le ossa dei loro cari, devotamente hanno avvolto i resti in fasce come neonati, dovevano andarsene con queste reliquie, e se ne sono andati, se ne andranno, ne resterà un pugno.

Ora si tratta di bloccare il genocidio. Di costringere la spaventosa macchina tritacarne di armeni a fare un giro di ruota all’indietro. Prima che si diriga e occupi la provincia sud-orientale della Repubblica d’Armenia, la provincia di Syunik (Zangezur), divorando terra, unghie, capelli, denti, ...

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