Arrestato mr “Hotel Rwanda”. La famiglia: «Persecuzione politica»
Paul Rusesabagina, l’uomo che il famoso film Hotel Rwanda celebrò come l’eroe che salvò la vita di oltre 1.200 persone durante il genocidio del 1994, è stato arrestato nel paese africano con l’accusa di aver finanziato un movimento terroristico. Rusesabagina è da sempre un feroce critico del governo e vive lontano dal Ruanda fin dal 1996, quando qualcuno cercò di assassinarlo. Il governo, dopo averlo mostrato alle televisioni nazionali lunedì in manette, non ha spiegato come e dove lo ha arrestato, ma la figlia ha dichiarato all’Associated Press che è stato rapito mentre si trovava a Dubai.
INVISO AL GOVERNO
Rusesabagina è accusato di essere «fondatore, leader, sponsor e membro di gruppi armati estremisti, violenti e terroristici, incluso il Movimento per il cambiamento democratico del Ruanda». La famiglia nega ogni accusa, assicura che sono «tutte inventate» e spiega che l’uomo è inviso al regime africano, essendone uno strenuo oppositore.
Nel 2004, in occasione del decimo anniversario del genocidio, l’uomo scrisse dal Belgio dove viveva in esilio:
«Vorrei essere a Kigali, soprattutto in questo mese. Speravo che se avessi parlato del genocidio avrei potuto assicurare che non sarebbe più successo. Ho educato decine di migliaia di persone ogni anno circa l’eccidio e su come il mondo ha bisogno di prevenirne un altro. Ma sono preoccupato per la mia terra madre. Perdono e riconciliazione si sono arenati. La gente ha paura di parlare. Io ho ancora paura: dato che ho parlato di ingiustizia, violazione di diritti umani e di spazi politici del tutto chiusi, non posso tornare a Kigali per piangere le nostre perdite e celebrare le nostre crescite. Non stavo zitto quando le milizie Hutu uccidevano civili innocenti. E così non posso stare zitto oggi quando l’attuale governo del Ruanda imprigiona o uccide i suoi rivali politici. Non posso stare zitto quando il Ruanda manda le sue armate nella Repubblica Democratica del Congo per inseguire i ribelli hutu». E chiude: «La migliore commemorazione sarebbe riunire tutti i ruandesi, hutu e tutsi, attorno ad un tavolo per condurre un processo di verità e riconciliazione».
«ELIMINIAMO GLI SCARAFAGGI»
Sono passati 26 anni da quell’aprile 1994 , quando la ferocia umana mostrò il suo volto più atroce in Ruanda. Nel genocidio perpetrato dagli estremisti di etnia Hutu morirono almeno 800 mila membri della minoranza Tutsi. Tutto si svolse in soli 100 giorni. L’85 per cento della popolazione ruandese è di etnia Hutu, eppure i Tutsi avevano a lungo dominato il paese. Nel 1959, gli Hutu rovesciarono la monarchia e decine di migliaia di Tutsi fuggirono nei paesi confinanti. In esilio, nacque il gruppo ribelle Fronte patriottico rwandese (Fpr), che nel 1990 invase il Rwanda e continuò a combattere fino al 1993, quando fu firmata la pace. Il risentimento degli Hutu, però, è sempre rimasto vivo e quando la notte del 6 aprile 1994 venne abbattuto l’aereo su cui stava volando il presidente del paese Juvenal Habyarimana, di etnia Hutu, i Tutsi furono accusati dell’omicidio e si scatenò l’inferno.
L’ala giovanile del partito al potere, l’Interahamwe, fu armata e informata su chi doveva uccidere, distretto per distretto, città per città, quartiere per quartiere. I Tutsi venivano riconosciuti dalla carta di identità, dove era indicata l’etnia di appartenenza. Nell’indifferenza dell’Onu e delle potenze occidentali, famiglie che avevano vissuto fino a quel momento fianco a fianco si massacrarono. La propaganda Hutu, diffusa dalla radio Rtlm e da alcuni giornali, soffiava sul fuoco gridando: «Eliminiamo gli scarafaggi». In 100 giorni furono uccise 800 mila persone, soprattutto a colpi di machete, tra episodi di inaudita violenza ed esempi di santità e coraggio.
KAGAME IN CARICA DA 2O ANNI
Il 4 luglio 1994 il Fpr conquistò il paese, ponendo fine ai massacri e costringendo due milioni di Hutu a scappare all’estero. Il leader del Fpr, Paul Kagame, è presidente del Ruanda ininterrottamente dal 2000. Nel 2017 è stato rieletto per la terza volta con il 98,63 per cento dei voti, cifre che non fanno pensare certo a una democrazia compiuta.
Rusesabagina non è nuovo a subire accuse. Il governo ha cercato più volte di screditarlo, insinuando che in realtà il suo ruolo nel salvataggio di 1200 Tutsi è stato molto sovrastimato. Altri hanno affermato che avrebbe chiesto soldi agli ospiti dell’hotel per salvarli. Il difficile clima politico non aiuta certo a capire la fondatezza delle accuse.
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!