«È stata una fatalità, una disgrazia. La madre dei gemellini non c’entra nulla, non coviamo un senso di vendetta nei confronti di quella donna. Sarà disperata quanto noi, anche la sua vita in fondo è stata rovinata. Si vede che il Signore aveva bisogno di un angelo e ha scelto Tommaso».
Sono queste le sorprendenti parole di Patrizio D’agostino, padre di Tommaso, il bimbo dell’asilo dell’Aquila ucciso mercoledì da un’auto che, lasciata incustodita, è partita come un proiettile verso il cortile della scuola, travolgendo cinque bambini e togliendo la vita al piccolo.
Il racconto della tragedia
In un’intervista a Repubblica, D’Agostino spiega la sua tragedia e di come sia venuto a conoscenza della morte del piccolo. È il racconto angosciante di chi, abitando vicino all’asilo, sente un «boato» e poi, nel giro di pochi minuti, scopre che ad averci rimesso la vita è il figlio di 4 anni.
«C’erano tre dottori attorno a Tommaso, uno gli praticava il massaggio cardiaco e poi la manovra di Valsavia e poi ancora il cuore. Sono stati parecchio a provare qualsiasi cosa per mio figlio, non ho nulla da recriminare».
Darle un abbraccio
Nella parole dell’uomo non c’è mai un filo di recriminazione né di rivalsa. Non c’è odio, solo dolore: «Oggi posso dirle che spero che il mio cucciolo sia davvero morto sul colpo, all’istante, appena finito sotto quella macchina senza soffrire».
Ma, appunto, non solo questo. Anche pensando alla donna che ha lasciato incustodita l’auto che poi, da sola, muovendosi su una strada in discesa, è finita sul gruppo di bambini, D’Agostino dice parole di grande umanità: «[Se chiedesse di farci visita] La accetteremmo nella nostra casa, vivrà questo peso per tutta la sua vita ed è giusto darle un abbraccio e farle sentire che abbiamo capito: si è trattato di una disgrazia, non di una sua volontà».
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