Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Antonin Scalia aveva due difetti imperdonabili: era cattolico ed era spiritoso. Era così cattolico – frequentava Messe con rito in latino, era contro l’aborto, l’eutanasia e le nozze gay – che spiaceva anche a molti cattolici. Ed era così spiritoso che alcune sue battute sono diventate leggendarie.
Figlio di un siciliano che amava Dante e di una maestra elementare, adorava suonare il pianoforte, sparare alle anatre, giocare a Poker. “Terminator” per gli avversari, il “saggio” per i conservatori, il più anticonformista tra i giudici della Corte suprema americana è morto nel sonno il 12 febbraio. Si trovava in Texas, nella tenuta di un amico miliardario per una battuta di caccia alle quaglie.
È stato scritto che Scalia «è uno dei pochi che è voluto diventare giudice per diminuire il potere dei giudici». E in effetti non passava occasione in cui non si scagliasse contro i «giudici arbitri morali del mondo». Lo ripeteva sempre: «La Costituzione è morta, morta, morta», non può essere «una bottiglia vuota in cui versiamo ogni valore». Uno così, dei nostri Di Pietro non poteva che pensare tutto il male possibile («Tangentopoli fu una ricetta per l’ingiustizia»).
L’ultima volta che fu in Italia disse: «Perché mai dei giudici non eletti, degli studiosi del diritto, dovrebbero avere una visione speciale su come dovrebbe essere il mondo? Chi mai desidera un paese guidato da giudici ed esperti di diritto? Se la Costituzione va emendata, lo decida il popolo. Questa è la democrazia». E questo era un giudice.
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