Ancora un giornalista arrestato in Tunisia: ha pubblicato foto osé di Khedira e della fidanzata

Di Leone Grotti
22 Febbraio 2012
Nasreddine Ben Saida, caporedattore del giornale Attounisia, è ancora detenuto in prigione per aver ripubblicato foto di GQ del centrocampista del Real Madrid Khedira e della sua fidanzata. Arrestato secondo l'articolo 121 del codice penale: lo stesso che usava Ben Ali.

La Tunisia starà anche diventando una nazione laica dopo la cosiddetta Primavera araba, ma certe cose non si possono fare lo stesso. Il giornale tunisino Attounisia ha ripubblicato le foto, scattate per GQ, del centrocampista del Real Madrid e della nazionale tedesca di origini tunisine Sami Khedira, nelle quali abbraccia la sua fidanzata Lena Gercke, coprendo con il braccio il seno nudo della modella.

Per questo Nasreddine Ben Saida, caporedattore del giornale Attounisia, Habib Guizani, direttore, e il giornalista Mohamed Hedi Hidri sono stati arrestati. Il governo, guidato dall’ottobre scorso dal partito islamista di maggioranza Ennahda, ha autorizzato l’arresto basandosi sull’articolo 121 del codice penale, una legge mai cancellata e molto usata dall’ex dittatore Ben Ali. Mongi Khadraoui, membro dell’Unione dei giornalisti, ha fatto notare che il 121 è stato introdotto dal vecchio regime per imprigionare gli oppositori del governo. Ha poi aggiunto che se la pubblicazione delle foto è considerato un errore, «dovrebbe essere trattato come un errore professionale e non come un crimine». Senza contare che il decreto legge 115 difende la libertà di stampa.

Mentre gli altri due giornalisti sono stati rilasciati, Ben Saida rimane in carcere e rischia cinque anni di prigione per atti “contrari alla decenza pubblica”. Ma non è il solo giornalista detenuto in Tunisia. Come già riportato da tempi.it, Nabil Karoui, direttore televisivo, è sotto processo per accuse di blasfemia e disturbo dell’ordine pubblico per aver mandato in onda il cartone animato francese Persepolis, dove c’è una scena, ritenuta offensiva dagli estremisti islamici salafiti, in cui Dio è personificato e parla con lo slang tunisino. Non solo. A Sejenane, piccola cittadina che si trova a 150 km da Tunisi, i salafiti sono accusati di far regnare il terrore, di dare la caccia a chi beve alcol e di avere istituito un vero e proprio “emirato”, con tanto di tribunale. La polizia è stata inviata sul posto e i salafiti sono stati costretti a presentarsi davanti alle autorità.

Se il partito di maggioranza Ennahda sminuisce questi problemi, affermando che la laicità è «è solo un problema filosofico», gli scontri tra integralisti e laici si fanno sempre più frequenti. E dire che la Tunisia avrebbe ben altri problemi a cui pensare: nel paese di 10 milioni di abitanti, su una popolazione attiva di 3,5 milioni di persone, 800 mila sono disoccupate. Nel 2011, secondo la Banca centrale, la crescita è stata uguale allo zero e 80 compagnie internazionali hanno già abbandonato il paese dall’inizio della Rivoluzione dei gelsomini nel febbraio scorso.
twitter: @LeoneGrotti

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