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Home Chiesa

Anche il North Dakota vuole obbligare i preti a violare il segreto confessionale

Presentato un (ennesimo) disegno di legge per denunciare i casi di abusi appresi durante la confessione. Una norma controproducente

Caterina Giojelli
17/01/2021 - 14:21
Chiesa
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Abolire il segreto confessionale: dopo Australia, California, Cile e Costa Rica anche in North Dakota scatta l’offensiva contro il sacro sigillo. Il disegno di legge presentato il 12 gennaio dai senatori repubblicani Judy Lee, Curt Kreun e dalla democratica Kathy Hogan, prevede infatti di abolire l’esenzione sul sacramento della confessione prevista dalla normativa vigente, norma che impone al clero di denunciare alla giustizia i casi certi o sospetti di abuso sessuale su minori tranne quando «conoscenza o sospetto derivino da informazioni ricevute in qualità di consigliere spirituale». Se verrà approvato, i sacerdoti saranno obbligati a violare la santità del sacramento e riportare anche quanto appreso in confessionale, pena una condanna fino a trenta giorni di carcere e un’ammenda pari a 1.500 dollari.

A prescindere dall’esito, ancora una volta il legislatore spinge alla resa dei conti tra Stato e Chiesa: il sigillo sacramentale non è un valore negoziabile, il sacerdote è vincolato dal diritto canonico a non violarlo mai, nemmeno sotto minaccia, e può incorrere nella scomunica latae sententiae in caso di tradimento del penitente «in qualsiasi modo e per qualsiasi motivo».

L’INCHIESTA CHE NON GIUSTIFICA LA LEGGE

Intervistato dalla Catholic News Agency Christopher Dodson, direttore esecutivo e consigliere generale della Conferenza cattolica del North Dakota, si è detto «stupito e decisamente preoccupato», non solo per il tentativo del governo di violare la privacy dei cittadini e negare il diritto al segreto del sacerdote e di decine di migliaia di cattolici, ma perché il disegno di legge è stato depositato una settimana dopo la conclusione di una meticolosa inchiesta su casi di abusi che si sono verificati in due diocesi dello Stato, alcuni risalenti agli anni Settanta:

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«Il Procuratore generale del Nord Dakota ha appena terminato un’indagine di 18 mesi su tutti i documenti delle diocesi senza trovare nulla di interessante e nulla che non fosse già stato segnalato dalle diocesi stesse. Molti di questi casi in cui le accuse contro i sacerdoti erano significative, sono avvenuti molto tempo fa. Ecco perché diciamo che questo disegno di legge è arrivato a sorpresa».

Da allora le diocesi di tutto lo Stato hanno fatto passi da gigante per garantire ambienti sicuri per ragazzi e bambini e non ci sono prove – ha aggiunto Dodson – che la proposta di legge impedirebbe oggi «un solo caso» di abuso sui minori. Anzi.

DALLA CALIFORNIA ALL’AUSTRALIA

Tempi si è occupato a più riprese della crociata contro il segreto confessionale in corso in mezzo mondo: dalla California (dove un’analoga proposta di legge è stata ritirata in quanto avrebbe violato il Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce la terzietà della legge rispetto al culto e al libero esercizio della religione) al Cile, dalla Costa Rica all’Australia, dove in seguito alle raccomandazioni della “Royal Commission into Institutional Responses to Child Sexual Abuse” diversi stati e territori del paese hanno già approvato leggi che impongono ai sacerdoti di denunciare i casi di abusi uditi in confessionale (norme in vigore negli stati di Victoria, Tasmania, Australia Meridionale, Queensland e nel Territorio della Capitale) e dove l’abolizione del segreto confessionale è oggetto di proposte legislative a livello federale. L’impulso, come abbiamo scritto in occasione del parere controcorrente della commissione legislativa dell’Australia Occidentale, nasce sempre dalle inchieste sugli abusi nella Chiesa, abusi che le istituzioni sono convinte di estirpare sottomettendo il sacerdote a una legge che gli imponga la violazione del sigillo sacramentale. Una legge non solo fuori dalla portata del potere politico (e difficilmente applicabile visto che la maggior parte delle confessioni avviene in forma anonima), ma che rischierebbe di essere controproducente rispetto allo scopo prefisso: la lotta alla pedofilia.

LA CROCIATA CHE NON SCONFIGGE LA PEDOFILIA

Come ha sottolineato Timothy Costelloe, arcivescovo di Perth, presentandosi alla Royal Commission australiana per ribadire l’impegno contro gli abusi del clero e al contempo difendere il sacro sigillo (difesa ribadita dalla “Nota sull’importanza del foro interno e l’inviolabilità del sigillo sacramentale” pubblicata dalla Penitenzieria Apostolica con l’approvazione di papa Francesco), non solo il rischio di denuncia porterebbe i colpevoli ad evitare di confessare le proprie colpe. Ma allontanerebbe le stesse vittime:

«Se si tratta di qualcuno che vuole rivelare di essere stato abusato, confidando sul fatto che il confessionale è un posto sicuro dove parlarne, confidando che quanto detto resterà segreto, anche questi rinuncerà a venire, e forse non riuscirà a fare i conti con quanto è successo. Per questo io temo davvero che il risultato di tale cambiamento potrebbe ben essere per i bambini e per i giovani una sicurezza minore, non maggiore».

Foto Ansa

Tags: australiaconfessioneNorth Dakotasegreto confessionaletimothy costelloe
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