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Home Società

America, ora il gender detta legge

Per vietare la discriminazione nei confronti dei lavoratori Lgbtq la Corte Suprema riscrive il significato legale di "sesso". Ecco perché sarà il caos

Redazione
20/06/2020 - 1:00
Società
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Cosa c’entra la tutela da discriminazioni ingiuste con la ridefinizione della natura umana e relative conseguenze? Se lo è chiesto il presidente della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti, l’arcivescovo José H. Gomez di Los Angeles, dichiarandosi «profondamente preoccupato per il fatto che la Corte suprema degli Stati Uniti abbia effettivamente ridefinito il significato legale di “sesso” nella legge sui diritti civili della nostra nazione. Questa è un’ingiustizia che avrà implicazioni in molti settori della vita».

LE MARCE E LA SENTENZA

L’America è nel caos e il caos aumenterà: non si erano ancora dispersi i manifestanti di New York, Hollywood, Chicago, San Antonio e Boston – che a migliaia avevano marciato la scorsa domenica per i diritti dei trangender, in particolare delle donne transgender nere, contro ogni forma di «razzismo, sessismo, omofobia, bifobia, transfobia e accesso incontrollato alle armi che cospirano per privarle di lavoro, alloggio, assistenza sanitaria» – quando è stata diramata la sentenza. «Un datore di lavoro che licenzia una persona perché è omosessuale o transgender viola la legge» ha proclamato Neil Gorsuch, estensore dell’opinione di maggioranza, giudice che passerà alla storia per aver consegnato, contro ogni facile pronostico, una vittoria colossale al mondo Lgbtq. Con una robusta maggioranza di sei alti magistrati contro tre la Corte ha infatti deciso che il titolo VII del Civil Rights Act del 1964, ovvero la legge federale che oggi vieta ogni discriminazione sulla base della razza, del colore, della religione, del sesso o della nazionalità, va applicata anche all’orientamento e all’identità di genere di una persona.

TRE CASI IN ESAME

Tre i casi in esame: quello di un istruttore di paracadutismo licenziato nel 2010 dopo aver rivelato a un cliente di essere gay, quello di un assistente all’infanzia licenziato nel 2013 dopo essersi unito a una lega di softball gay, quello di un dipendente di una casa funeraria licenziato nel 2013 dopo aver comunicato ai colleghi che si sarebbe sottoposto a un intervento di riassegnazione del genere. Casi diversi, accomunati però dalla perdita del posto di lavoro decisa a causa dell’omosessualità o della transizione di genere dei protagonisti e in cui «il sesso gioca un ruolo necessario e impossibile da mascherare nella decisione».

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IL TRIONFO DEL GENDER SUL PIANO SOCIALE

Molto si è dibattuto sulla decisione di Gorsuch, giudice nominato da Trump e di scuola testualista, schierato con i togati liberal ai quali si è unito il presidente della Corte John Roberts, molto sul plauso di Trump alla sentenza della “sua” corte a maggioranza conservatrice. Grandissima resta tuttavia la confusione sulle conseguenze della decisione, considerata l’alta mole di casi portati in tribunali di ogni ordine e grado aventi a tema lo scontro tra libertà di espressione e precetti di non discriminazione. Se giuridicamente la sentenza gioca un ruolo specifico e di metodo ben circoscritto nell’ordinamento federale americano, sul piano sociale si profilano molteplici conseguenze: bagni, spogliatoi, sport, pronomi, lezioni sul gender, dalla protezione dei diritti individuali sul luogo di lavoro alle implicazioni in ogni ambito pubblico e privato sul diritto di critica e di espressione il passo, per molti, sarà breve.

IL DISSENSO DI ALITO

Che la legislazione sui diritti civili si ponga in conflitto con la libertà di espressione non è una novità, secondo Gorsuch tuttavia nei tre casi sui cui si è espressa la Corte il 15 giugno l’applicazione del titolo VII non avrebbe violato per esempio alcuna libertà religiosa, e la possibilità che «i datori di lavoro coinvolti in altri casi possono sollevare argomenti di libero esercizio che meritano un’attenta considerazione» resta aperta. Di tutt’altro parere il giudice Samuel Alito, per il quale la sentenza sul transgenderismo equivale a una vera e propria “legislazione” giudiziaria che «potrà avere effetti che vanno ben oltre il dominio degli statuti federali antidiscriminazione», «minaccerà la libertà di religione, la libertà di parola, la privacy e la sicurezza personale». «Le persone transgender potranno sostenere di avere il diritto di utilizzare un bagno o uno spogliatoio riservato alle persone del sesso con cui si identificano», o unirsi a squadre sportive analogamente separate dal sesso, la chirurgia di riassegnazione di genere potrebbe essere coperta da un’assicurazione sanitaria, agli insegnanti potrebbe essere richiesto di modificare i pronomi con cui si rivolgono agli studenti e le entità religiose potrebbero essere costrette «a impiegare individui la cui condotta infrange i principi della fede dell’organizzazione», ha spiegato.

LA DISCRIMINAZIONE DEI “NON ALLINEATI”

Molti giuristi e studiosi cattolici e protestanti concordano con Alito, paventando “implicazioni sismiche” che scateneranno una seria infinita di azioni legali contro istituiti e organizzazioni religiose o lavoratori di opinioni non allineate a tema gender e, va da sé, bollati come pericolosi omofobi che contribuirebbero ad alimentare un clima ostile o minaccioso nei luoghi di lavoro. Chi mai vorrebbe assumerli? Casi di pasticceri o fioristi o titolari di esercizi commerciali che in nome delle loro credenze si sono rifiutati di prestare la loro opera a banchetti nuziali gay o feste di transizione (e sono finiti a difendersi davanti ai giudici) non mancano, non mancano nemmeno casi come quelli del capo dei vigili del fuoco di Atlanta, Kelvin Cochran, licenziato dopo aver scritto un libro a titolo personale che difendeva le posizioni della Chiesa in materia di sesso.

DALLO SPORT AI BAGNI

Facile, in un’America capace di bandire dalle università laici non allineati o critici del gender, femministe o docenti universitari, pensare che le protezioni del primo emendamento o delle norme sulla libertà religiosa possano diventare oggetto di nuove e numerose contese giudiziarie. Sono oltre 100 le leggi federali che oggi vietano la discriminazione sessuale, come verranno usate ora? Le vittorie schiaccianti dei transgender nelle competizioni sportive femminili non potranno più essere messe in discussione? Istituti, aziende, società sportive dovranno rassegnarsi all’adozione di bagni gender neural? E nelle scuole cosa accadrà? Davvero il prezzo perché nessuno si senta discriminato è la revisione a mezzo legge di cosa sia il sesso e la natura umana?

Foto Ansa

Tags: americacorte supremaIdeologia Genderneil gorsuch
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