

All’entrata, hostess giovanissime e gentilissime tutte vestite allo stesso modo, cioè con foulard giallo e abbigliamento nero (braccia e gambe accuratamente coperte), porgono due diverse bandierine: una è la riproduzione della bandiera egiziana, con l’aquila al centro della banda bianca poco visibile; l’altra è la famosa mano nera col pollice piegato e le altro quattro dita aperte, su campo giallo, e sotto la scritta R4BIA e #AntiCoup. Il simbolo allude a Rabia Al-Adawiya, il nome della piazza e della moschea del Cairo luogo del massacro del 14 agosto, quando centinaia di manifestanti pro-Morsi e decine di agenti di pubblica sicurezza persero la vita nello sgombero forzato della piazza e della moschea.
Ci sono anche parecchi palloncini con la mano dalle quattro dita aperte, che scoppiano a intervalli irregolari nel corso della serata. Il significato del simbolo gioca sull’assonanza fra il nome della santa musulmana che dà il nome alla piazza e alla moschea del quartiere Nasr e la parola dell’arabo egiziano che significa “quarta”. Ai militari, protagonisti della caduta di Morsi, e al loro capo supremo e quasi certamente futuro presidente Abd al-Fattah Al-Sisi, il pubblico dedica i cori più trancianti: «Abbasso il colpo di Stato, abbasso il governo militare!», «Al-Sisi assassino!», e altri ancora rigorosamente in arabo.
Slogan veri e propri per Morsi non se ne sentono, nemmeno quando il teatro diventa una bolgia. C’è solo un ritratto del deposto presidente su un cartello sostenuto da una persona del pubblico, recante la sobria scritta “Sì alla legalità”. In italiano si ode un unico slogan, che suona decisamente bene con la sua rima: «Libertà, libertà! Per l’Egitto siamo qua!». Una radiografia del pubblico indica una maggioranza di giovani uomini fra i 25 e i 30 anni fra i partecipanti, vestiti all’europea e senza la tipica barba dei Fratelli Musulmani. I barbuti veri e propri dall’aria aggressiva si contano sulle dita di due mani. Non poche donne, tutte col foulard che nasconde la capigliatura e alcune (non più di una decina) col niqab che le rende invisibili. Poi un bel po’ di bambini di tutte le età: dai tre ai dieci anni. Incredibilmente resistono senza lamentarsi a due ore e passa di comizi e slogan ritmati, filmati dei disordini di agosto e, unico momento di relativo relax, un paio di canzoni politicamente impegnate del noto cantante siriano pro-Fratelli Musulmani Yahya Hawwa. Fra i cantanti e gli uomini e le donne di spettacolo egiziani da una parte e gli islamisti dall’altra, si sa, non è mai corso buon sangue. Così per dare una colonna sonora dal vivo alla serata è stato invitato Hawwa, che è anche famoso come qari (cioè recitatore del Corano, che ha imparato a memoria).
Al Jazeera riprende tutto e lo trasmette in diretta a 50 milioni di telespettatori, a dar retta a quel che annuncia Ahmed Abdel Aziz, il presentatore italo-egiziano della manifestazione e coordinatore nazionale del Comitato. Italiano perfetto e look elegante, Abdel Aziz ha 29 anni e vive a Milano, dove studia ingegneria e lavora come project manager. È lui che apre la serie degli interventi. «Onore al coraggio di chi è sceso in piazza a manifestare tenendo i propri figli per mano, correndo il rischio che fossero uccisi. Abbiamo un messaggio per il governo italiano: dite con chiarezza se state dalla parte dei carri armati o da quella del popolo egiziano. Non ci scorderemo di nessun politico, alle prossime elezioni. Non ci scorderemo di chi vuole svendere la causa egiziana a basso prezzo. Abbiamo un messaggio per Al-Sisi: se pensa di zittirci, la risposta è no. Scenderemo in piazza finché gli egiziani saranno un popolo libero».
I principali speaker sono Abdel Maujud El Dardiri, già deputato al parlamento, docente universitario residente ora in Inghilterra; Khedr Abdel Moty, docente di arabo all’università di Berlino e l’ospite d’onore Mohammad El Gawadi, storico e scrittore. C’è anche il coordinatore di tutti i comitati d’Europa, un egiziano che vive in Francia e che di nome fa Abu Bakr. Parleranno tutti in arabo.
Khedr Abdel Moty paragona ripetutamente Al-Sisi a Mussolini, raccoglie applausi quando dà del “bugiardo” ad Ahmed Al-Tayeb, rettore di Al Azhar (dove Moty ha studiato), si lamenta del trattamento riservato dal tribunale al deposto presidente Morsi: «Lo hanno messo dentro a una gabbia di vetro per non far sentire la sua voce!». Poi è la volta di El Dardiri: «Polizia, esercito, non ammazzate i nostri fratelli! In Egitto è tornata la dittatura come al tempo di Mubarak. Questo regime non ha nessun progetto politico, solo quello di uccidere degli egiziani. Agli italiani dico: avete lottato contro il fascismo, ora il fascismo comanda in Egitto, perciò chiediamo a voi e agli americani di non aiutare il regime, di rispettare la scelta democratica che il popolo egiziano ha fatto eleggendo Morsy».
El Dardiri accenna alla Chiesa copta egiziana – l’unica citazione di tutta la serata – e chiede semplicemente che non si schieri dalla parte del governo militare. Sottolinea la convivenza fra musulmani e cristiani. Neanche una parola sulle 84 chiese assalite e distrutte in agosto dai Fratelli Musulmani per rappresaglia contro gli sgomberi delle piazze occupate al Cairo. El Gawadi, che prende la parola subito dopo nel tripudio generale, ha dichiarato pochi giorni fa che l’Egitto è sull’orlo di una guerra di religione perché i copti stanno per attaccare i musulmani. Nel suo intervento non fa riferimenti all’argomento, vola più in alto: «Vogliono cancellare la rivoluzione del 25 gennaio. È dal tempo di Nasser che l’Egitto è diventato una grande prigione. I musulmani continuano ad essere ammazzati in tutto il mondo, e ora anche in Egitto. E chi c’è dietro? L’Arabia Saudita. I sauditi si presentano come i musulmani più veri, ma sono il paese del mondo dove si consuma più whisky! La vita sotto il potere dei militari è peggio della morte. Per uccidere i nostri fratelli il regime chiama sicari dagli Emirati Arabi Uniti (al premier Letta saranno fischiate le orecchie, ndr). Chiediamo al popolo italiano, che ha sempre avuto un rapporto speciale con l’Egitto, di stare al nostro fianco contro il regime». Finisce facendo la storia dei rapporti fra l’Italia e l’Egitto, cominciando da Cesare, Antonio e Cleopatra. Quando si dice la prospettiva storica.
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
IN Egitto i FM sono giustamente fuorilegge, invece nella “democratica” e “liberale” Europa sono considerati una regolare forza politica !Me ne compiaccio e…..complimenti !
no, no. Molto di più. Sono considerati “risorse” e “ricchezze”. E altri mille preziosi elementi (irregolari) appena soccorsi.