Lettere al direttore

Ah se potessi leggere la tesi di Matteo Renzi…

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Pubblichiamo la rubrica delle “lettere al direttore” contenuta in Tempi n. 23 (vai alla pagina degli abbonamenti). Per scrivere ad Alessandro Giuli: direttore.giuli@tempi.it

È noto che nella storia della Chiesa cattolica, che pure ha avuto una parte non trascurabile nella costruzione di quella che una volta si chiamava civiltà, un rilievo non secondario ha avuto la proclamazione delle virtù della castità e della verginità. Questo nonostante quella storia documenti innumerevoli casi di tradimenti che però mai l’hanno indotta a rinunciare all’affermazione di quei valori. Orbene, nelle cronache di questi giorni, relative al processo per l’omicidio di Lidia Macchi, ho potuto leggere la testimonianza di un’amica di Lidia, Mariapia Telmon, una delle persone che hanno trovato il corpo di Lidia. La testimone ha ricordato in lacrime che – riporto da varesenews.it – «il pm, all’epoca, le mostrò le fotografie delle ferite sul cadavere della vittima e disse una frase che la ferì e che suonava più o meno così: così l’hanno ridotta i vostri princìpi. Affermazione che la donna ha interpretato come una critica alle loro convinzioni religiose e alla scelta di preservare la verginità. A questo proposito tutti i testimoni hanno raccontato, rispondendo a una domanda della pg Gualdi, che in quel gruppo di giovani la verginità era un valore assoluto e che nessuno l’avrebbe persa con leggerezza». Confesso che stento a credere che possa mai essere accaduta una cosa del genere. Si tratterebbe di un’azione così turpe, così brutale, così nefanda che forse neppure i più geniali cantori dell’umana abiezione saprebbero descriverla: le mostrano le foto del corpo martoriato dell’amica e sputano sui più alti ideali ai quali lei e la vittima ispiravano e sacrificavano la loro vita (cioè – di fatto – sputano sul corpo della vittima!). Bisogna capire che questa ignominia viene riproposta anche nel processo contro Stefano Binda, nella cui ordinanza di custodia cautelare si legge che uccidendola l’imputato avrebbe manifestato «l’intento distruttivo della donna considerata causa di un rapporto sessuale vissuto come tradimento del proprio ossessivo e delirante credo religioso». Vale a dire che Lidia non sarebbe stata violentata, ma avrebbe acconsentito a quel rapporto. Scrivono proprio così: «Ossessivo e delirante credo religioso». Io penso che tutto ciò sia intollerabile: qui si sta profanando la santità della Chiesa che in questo caso – ne sono convinto – si manifesta nella santità di Lidia.
Carlo Schieppati, Novate Milanese

Ps. Ma i vertici di Cl lo sanno che quello avviato a Varese non è un processo a Stefano Binda ma un processo a Comunione e Liberazione?

Temo che non si tratti di “profanazione” verso la Chiesa, gentile signor Schieppati, questo è vilipendio contro l’umanità. Al prossimo che vorrà pedagogizzarci sul corpo delle donne faremo imparare la sua lettera a memoria.

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Ciao direttore, dunque elezioni anticipate? Cui prodest? 
Gennaro Altieri, Savona

Pare proprio di sì, gentile signor Altieri. E non mi sembra un dramma, anche se il “partito del non voto” è sempre operoso e conserva qualche chance da giocarsi al momento giusto. A chi giova? Non ad Angelino Alfano, è l’unica cosa che gli elettori hanno capito in questi giorni. Dalle nostre parti, tuttavia, non si partecipa alle esequie preventive nei confronti del piccolo partito centrista. È di cattivo gusto, oltreché assai prematuro. Fra tanti dubbi, più o meno superabili peraltro, c’è per me un elemento decisamente positivo nella prospettiva del voto autunnale: verrebbero rinviate a data da destinarsi, possibilmente mai, alcune norme care a Laura Boldrini e Pietro Grasso, le così dette “leggi da non tradire” di cui scrive l’inconsolabile Repubblica. Fra queste: lo ius soli (o meglio: ius sòla) e il biotestamento. Spiace per la riforma del Codice antimafia e per la riforma della giustizia, ma siamo certi che i prossimi governi sapranno farsene carico nell’arco del secolo. Quanto alla mancata legalizzazione della cannabis, vuoi mettere il gusto di fumarsela ancora un po’ da fuorilegge?

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Volevo far notare che nell’articolo di Tortorella “Le vite parallele dei due Mattei” l’articolista è in errore quando scrive che «nessuno dei due si è laureato, per esempio». È risaputo (certo, bisogna vedere con quale vera passione e reali competenze personali) che Renzi si sia laureato nel 1999 in Giurisprudenza con una tesi in Storia del diritto dal titolo “Amministrazione e cultura politica: Giorgio La Pira Sindaco del Comune di Firenze 1951-1956”, con relatore il professor Bernardo Sordi e la votazione finale di 109/110. 
Fabrizio Antonelli via internet

Ah se potessi leggere la tesi di Matteo Renzi… Dipende da lui, ma sta facendo il vago.

@a_g_giuli

Foto Ansa

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