Un disegno di legge per «superare l’attuale divieto di adottabilità da parte delle coppie che hanno avuto in affido temporaneo un minore, permettendo invece a queste ultime una sorta di diritto di “prelazione”, qualora ovviamente il bambino non possa più far ritorno nella propria famiglia di origine». È sicuramente commendevole, spiega Avvenire, l’obiettivo del testo che dovrebbe approdare in aula al Senato domani. L’istituto dell’affido così com’è concepito attualmente in Italia, infatti, è vittima di un’anomalia che gli addetti ai lavori chiedono da tempo al governo di risolvere (vedi per esempio la nostra intervista ad Alda Vanoni, giudice e socio fondatore di Famiglie per l’accoglienza): «Concepito come un affiancamento tra famiglie (non certo una sostituzione) e destinato a non protrarsi per più di 24 mesi, in quasi il 60 per cento dei casi ha una durata molto più lunga», spiega sempre il quotidiano dei vescovi. Addirittura «il 25 per cento degli affidi dura anche fino 4 anni, mentre il 31,7 per cento addirittura oltre. Il che pone il problema della continuità educativa e affettiva da garantire al minore: è possibile (e capita non di rado) che un bambino e una bambina, già provati da una prima separazione, siano sottoposti ad una seconda dolorosa frattura e “trasferiti” a una terza famiglia, diversa da quella in cui si erano abituati alla loro nuova vita».
L’EMENDAMENTO. Un intervento legislativo dettato dallo scopo di sciogliere questa contraddizione, dunque, è sicuramente «opportuno» secondo Avvenire. Tuttavia il ddl firmato da Francesca Puglisi, senatrice e responsabile Scuola del Pd, corre il rischio di essere utilizzato per uno scopo ben diverso dalla promozione del “superiore interesse del minore”, denuncia tra gli altri il Forum delle Associazioni Familiari. Qual è il problema? Il problema, osserva Avvenire, è il «deposito di un emendamento all’attuale testo di legge che vorrebbe abolire una parte significativa del suo primo articolo: quella in cui, al privilegio riservato alla famiglia affidataria nel caso il cui minore sia dichiarato adottabile, è legato indissolubilmente il requisito che la coppia sia sposata. Sì all’adozione per i genitori affidatari, dunque, anche se sono single. E addio all’articolo 6 della legge 184, in cui si stabilisce che l’adozione, invece, “è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni”».
«LA SOCIETÀ È DIVERSA». Si vuole dunque tentare di introdurre “nuovi diritti” di adozione con la scusa di risolvere le criticità dell’affido? La stessa Puglisi, presentando il ddl nel novembre scorso, aveva espresso l’intenzione di non trattare più le adozioni da parte dei single come «casi speciali». Ma è stata la sua collega di partito Monica Cirinnà, che è anche relatrice della proposta di legge sulle unioni civili gay promessa da Renzi, a confermare esplicitamente il vero scopo della legge, o per lo meno quello degli emendamenti del Pd: «Questo è un testo importante e su questo abbiamo lavorato in Commissione giustizia», ha detto la Cirinnà giovedì 5 marzo in aula a Palazzo Madama. «Sicuramente è un passo iniziale verso lo scardinamento, che già esiste nella nostra società, rispetto alla famiglia tradizionale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna che non è più la sola, con rispetto di tutte quelle che esistono, di cui anche io sono una rappresentante. La società ci dimostra essere diversa: ci sono le famiglie allargate, le famiglie arcobaleno, le famiglie monogenitoriali, le famiglie adottanti, le famiglie affidatarie. Tutte le famiglie sono meritevoli della stessa tutela. Tutelare un tipo di famiglia non vuol dire depauperarne un’altra. Tutti gli amori sono meritevoli della stessa dignità. Come mi tocca dire continuamente sul testo delle unioni civili, che spero arrivi presto in Aula, l’uguaglianza è uguaglianza. Tutto quello che non è uguaglianza è discriminazione».
«NON GENERALIZZARE». Ricorda al contrario il Forum delle Associazioni Familiari: «La ratio della limitazione alle coppie sposate appare di una evidenza cristallina: offrire ai bambini una famiglia che abbia il massimo della stabilità e dell’impegno pubblico, attraverso il matrimonio. Una coppia sposata testimonia infatti una esplicita responsabilità sociale, formalizzata nel patto matrimoniale, sottoposto ai vincoli della legge, e garantisce al bambino un padre e una madre, cioè una coppia genitoriale completa, il che costituisce ovviamente maggiore garanzia di benessere. Quindi la legge vuole assicurare anche a queste situazioni il massimo di tutela possibile». Naturalmente il Forum non intende negare la realtà e riconosce che «molti affidi da parte di persone sole riescono ottimamente, e in “casi speciali” si può già oggi approvare un’adozione da parte di un single, ai sensi dell’art. 44 della legge 149». Si tratta però «appunto di casi speciali, mentre la generalità della risposta dello Stato deve necessariamente tendere a dare il massimo ad un bambino in difficoltà. E per lo Stato il massimo è una coppia genitoriale completa, regolarmente sposata, che proprio davanti allo Stato si è impegnata alla stabilità e ai compiti di cura previsti dal codice civile. Davvero questa legislatura vuole introdurre una norma che, anziché garantire in tutti i modi possibili il “superiore interesse del minore”, vuole promuovere lo slogan “adozioni più facili”?».
Foto bambina da Shutterstock