I titoli ovvi dei giornali e l’evidenza dell’esserino con le unghie
Ieri i maggiori quotidiani italiani davano della sentenza della Corte suprema americana in materia d’aborto un’interpretazione fotocopia. Il Corriere: “Usa, abolito il diritto all’aborto”. Repubblica: “Shock in America, l’aborto non è più un diritto”. La Stampa: “L’America che odia le donne. Aborto, medioevo Usa”.
Ovunque la chiave di lettura era la medesima. È il ritorno dei secoli bui, dell’oscurantismo, dei cristiani talebani, e ora ci sarà l’attacco agli altri “diritti”, quelli degli omosessuali. Era tutto uno sgomento perché l’incontestabile è stato contestato. Perché l’ovvio è stato messo in discussione.
«Sentenza crudele»
Da questa linea non si discostava nessuno.
Emma Bonino diceva la sua su più quotidiani, sul Corriere si proponeva al lettore l’intervista alla filosofa americana Martha Nussbaum («una decisione politica, lontana dalla realtà delle donne. Una decisione che ridurrà il prestigio della Corte suprema agli occhi degli americani»), non c’era pagina dove non fossero riportati i giudizi del cattolico Biden («un tragico errore»), della cattolica Nancy Pelosi («sentenza crudele»), di Hillary Clinton («Il parere della Corte vivrà nell’infamia»), di Barack Obama («la decisione più personale che si possa prendere è stata relegata ai capricci di politici e ideologi»).
Ha già le unghie!
Il professore Carozza ha già spiegato su questo giornale, in modo perfetto, la sentenza. Non v’è nulla da aggiungere se non registrare la differenza abissale tra la mens americana e quella europea.
Per loro, gli americani, la soppressione della vita del bimbo in pancia ha continuato per mezzo secolo ad essere uno scandalo, un affare su cui accapigliarsi, litigare furiosamente, combattere senza mai arrendersi.
Per noi – per noi italiani, soprattutto – è diventato un “diritto”, una routine, un “ovvio” incontestabile, con buona pace di quei quattro pazzi, come noi, che ancora non s’arrendono a negare l’evidenza (un bambino è un bambino!).
Alla fine, il grande dimenticato, è sempre lui: l’esserino che sta nella pancia, “uno di noi”, quello che «ha già le unghie!» per dirla con la battuta della ragazzina pro life che, incontrando Juno fuori dalla clinica abortiva, la convince a farlo nascere e a darlo in adozione.
In questo mondo innamorato
C’è una presenza, reale, viva, nel santuario uterino, si muove, cresce e ha le unghie. Non serve il Catechismo per capirlo, basta un’ecografia. Si possono dire tante cose sulla sentenza, ma a noi pare che, da un punto di vista razionale, il passo decisivo che costringe a fare è che occorre riconsiderare l’evidenza, senza cercare giustificazioni in altro.
Si continuerà ad abortire, lo sappiamo. Ma nel muro di cemento ideologico, nell’abitudine mentale che ha degradato la generazione a pianificazione (Planned Parenthood, non si chiama così?), nella pavloviava stanchezza del giornalista collettivo che titola con slogan qualsiasi pezzo di realtà gli capiti a tiro, ecco, sì, è stata aperta una breccia, uno squarcio di ragione per chi vuole “chiamare le cose con il loro nome”, per chi non vuole nascondere l’evidente con l’ideologia dell’ovvio. Per chi, soprattutto, come ha detto l’arcivescovo di Los Angeles José Gomez, «vuole portare suo figlio in questo mondo innamorato».
Foto Ansa
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1 commento
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Alla 28^ settimana non è aborto; è infanticidio.
Capisco l’Erode furioso che ama tanto i bambini ma il giorno 24 giugno 2022 ha vinto la Scienza e la Realtà.