Onorevoli colleghi, sull’aborto avete tradito il popolo dell’Irlanda del Nord
Alla fine mercoledì sera, 17 giugno, anche la Camera dei comuni di Londra ha approvato, con 253 voti a favore e 136 contrari, l’imposizione dell’aborto libero e legale all’Irlanda del Nord. Dopo il voto favorevole della Camera dei Lord, registrato due giorni prima, lunedì 15 giugno, il via libera dei “Commons” è la parola definitiva di Westminster che sigilla l’operazione.
Come abbiamo spiegato in questo articolo, la legge è già in vigore in Irlanda del Nord da fine marzo, ma il fatto significativo è che le nuove regole sull’aborto non sono state volute dal popolo nordirlandese: sono state appunto imposte dalla capitale del Regno l’anno scorso in modo furbesco sfruttando una paralisi istituzionale dovuta a uno scontro tra le maggiori forze politiche del paese, ossia «approfittando della mancanza di un governo locale che potesse opporsi alla decisione» (copyright Repubblica).
Una manovra destinata a lasciare il segno nei rapporti tra Londra e Belfast, se si tiene a mente che le precedenti campagne per liberalizzare l’aborto attraverso metodi più democratici erano tutte fallite. Tanto è vero che il Parito unionista, cioè la compagine i “lealisti” verso Londra, ora parla apertamente di «giorni più bui della storia nordirlandese» e di «devoluzione gettata via». (Questo mentre, per inciso, Amnesty International festeggia la rottura delle «catene del passato»).
Fatto sta che adesso, con la nuova legge, in Irlanda del Nord l’aborto è legale in qualunque caso entro le prime 12 settimane di gravidanza, 24 in caso di rischi per la salute fisica o mentale della donna. Si può abortire fino all’istante prima del parto, invece, in caso di anomalie del feto o rischi di gravi disabilità per il nascituro.
Non a caso, tra i più delusi dalle scelte di Westminster c’è Heidi Crowter, giovane donna con la sindrome di Down divenuta paladina e principale testimonial del fronte contrario alla liberalizzazione dell’aborto in Irlanda del Nord. Tra le due votazioni dei Lord e dei Comuni, la Crowter ha provato perfino a portare in extremis il suo grido direttamente a Downing Street. Un grido suffragato da una petizione con 18 mila firme che recita più o meno così: quella legge suggerisce che le persone come me sono «better off dead» («meglio morte»), fermatela per favore.
Proprio Heidi Crowter aveva ispirato la mozione contro l’imposizione della nuova legge sull’aborto approvata il 2 giugno dall’Assemblea dell’Irlanda del Nord, il parlamento locale. Un atto privo di conseguenze normative che però mandava un «messaggio chiaro» a Westminster, tanto da accendere qualche speranza nel fronte pro life.
E invece niente da fare, evidentemente a Londra il “diritto all’aborto” è ormai un tema tabù, come conferma il record di interruzioni di gravidanza registrato nel 2019, un dato che smentisce ogni retorica sui benefici dell’aborto legale e che però sembra non scandalizzare nessuno.
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A commento di tutto ciò, pubblichiamo di seguito in una nostra traduzione il post firmato il 15 giugno – giorno della ratifica della nuova legge sull’aborto in Irlanda del Nord da parte della Camera dei Lord – da David Alton, Pari del Regno Unito, battagliero parlamentare cattolico sempre in prima linea nella difesa della vita e del buon senso.
Westminster ha deluso di nuovo il popolo nordirlandese. Con 388 voti contro 112 la Camera dei Lord ha votato questa sera per proseguire nell’imposizione delle leggi sull’aborto all’Irlanda del Nord. I Regolamenti passeranno ora alla Camera dei Comuni dove saranno discussi probabilmente mercoledì 17 giugno.
Gli elettori a cui sta a cuore la cosa adesso dovrebbero presentare urgentemente le proprie rimostranze ai loro deputati. Se i Comuni rifiutano di approvare i Regolamenti, il governo sarà obbligato a farne una nuova stesura e ad avanzare proposte meno estreme. La questione ritornerebbe poi all’Assemblea democraticamente eletta dell’Irlanda del Nord.
In ogni caso, bisogna anche chiedere ai parlamentari come riescano a giustificare l’estensione di una legge che ha già portato via 9 milioni di vite in Gran Bretagna – una ogni tre minuti. E come possano farlo dopo una discussione in cui i Pari hanno avuto l’ordine di fare interventi di un minuto appena. In questo dibattito all’insegna del «hai un minuto», una parodia della democrazia, due sole eccezioni sono state ammesse alla mancanza di un giusto processo.
Le due eccezioni sono state gli interventi della Baronessa (Nuala) O’Loan, che è riuscita a presentare una mozione contraria, e Lord (Kevin) Shinkwin, che ha potuto promuovere una ulteriore mozione e spiegare perché i Regolamenti sono discriminatori nei confronti delle persone con disabilità.
Sono stati 18 gli interventi contrari ai Regolamenti e 20 quelli favorevoli, ma le prime file dei partiti politici hanno avuto tempo extra per pronunciare i loro discorsi a sostegno dell’imposizione delle leggi abortiste, mentre i Pari dell’Irlanda del Nord – provenienti da tre altri partiti – non ne hanno avuto alcuno.
Provate a immaginare le conseguenze se avessimo trattato in questa maniera il Parlamento scozzese.
Le élite politiche si domandano perché mai la gente è diventata tanto ostile e disillusa nei loro confronti: la risposta è negli atti di questa sera.
A più riprese è stato detto al Parlamento che questi Regolamenti debbono essere applicati per via della Cedaw (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women [Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, ndt]) e perché l’aborto è «un diritto umano». Entrambe queste affermazioni sono false. Nei 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani non è contemplato alcun diritto umano all’aborto. Piuttosto è vero il contrario: la Dichiarazione insiste che ognuno ha il diritto alla vita.
E tanto per essere chiari, la Convenzione Cedaw non fa menzione alcuna dell’aborto.
Per di più, il Rapporto della Commissione [Committee Report], che è vincolante soltanto perché noi lo abbiamo reso tale, condanna esplicitamente gli aborti discriminatori verso i disabili e gli aborti selettivi sulla base del sesso del nascituro, cosa che questi Regolamenti non fanno.
I Regolamenti contraddicono la devoluzione [dei poteri da Londra all’Irlanda del Nord] e ignorano le opinioni della maggioranza schiacciante e unita dei nordirlandesi, manifestata nei sondaggi e nel recente voto dell’Assemblea dell’Irlanda del Nord.
Questi Regolamenti inoltre non passano il test del buon governo.
Il Secondary Legislation Scrutiny Committee della Camera dei Lord [commissione preposta al vaglio della normativa secondaria di competenza esclusiva, ndt] ha detto che il tempo a disposizione per le consultazioni – che hanno prodotto 21.000 risposte, il 79 per cento delle quali contrarie [ai Regolamenti] – è stato «troppo breve per un argomento così sensibile», e ha concluso che il Parlamento si è visto privare della «opportunità di una indagine prima che la misura entri in vigore».
Ignorare la stessa Commissione della Camera di Lord, l’Assemblea devoluta [di Belfast] e le opinioni ponderate di gruppi e organizzazioni di beneficenza a favore dei disabili e quelle del Procuratore generale nordirlandese porterà soltanto discredito al Parlamento ed è uno schiaffo in faccia alla devoluzione, al buon governo, al giusto processo e alla giusta legge.
Soprattutto, è stato un brutto giorno per le future generazioni che non sono ancora nate e dopo oggi non lo saranno mai.
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