Se non è facile come bollire un uovo l’aborto è un dramma. Se no è come andare dal dentista

Di Caterina Giojelli
19 Settembre 2021
Da Rolling Stone alla Mostra di Venezia si alza il coro dei pro-choice dell'era Amazon. Non ci si pone nemmeno più il "problema" del bambino ma di come rendere legale, sicuro e alla portata di tutti farlo fuori con un click

Ma se l’aborto è sempre un dramma, perché tifare aborto? Difficile non chiederselo se Rolling Stones interviene sulla vicenda della legge del Texas (che vieta interruzioni di gravidanza dopo la sesta settimana e contro la quale l’amministrazione Biden ha depositato una causa contro lo Stato presso la corte federale) con un mega spottone ai molto progressivamente aggiornati fornitori di aborti in rete.

“Come ordinare un aborto online” si intitola il pezzo, «nel 21esimo secolo si può fare senza mai uscire di casa», «Vai online. Hai una consulenza virtuale o una visita elettronica: basta compilare un modulo e chattare con il fornitore. E poi spediscono le pillole a casa tua… Non c’è bisogno di prendersi una pausa dal lavoro. Non c’è bisogno di incontrare manifestanti». E non c’è bisogno, se vivi in Texas, di fare incriminare qualcuno per averti aiutato, come prevede quel «divieto medievale di abortire dello Stato».

Aborto facile come bollire un uovo

Rolling Stones passa il microfono agli esperti di Aid Access, portale della Galassia Woman on Web fondata dall’estremista pro-choice olandese Rebecca Gomperts per fornire pillole abortive via web o via drone dove l’aborto è illegale. Aid Access e Rolling Stone la mettono giù facilissima, ti connetti, compri la pillola, e hai un aborto facile e sicuro, ci sono filmati e guide per farlo come si deve: alla fine non muore nessuno (a parte il bambino, ovviamente). E se qualcosa va storto Aid Access ha da anni una soluzione, basta andare da un medico e dire che si è avuto un aborto spontaneo (dalle “condizioni d’uso” del sito lanciato nel 2018: «I sintomi di un aborto spontaneo e dell’aborto con le pillole sono esattamente gli stessi e il medico non sarà in grado di vedere o testare alcuna prova di un aborto, a patto che le pillole si siano completamente dissolte»).

Un film pericoloso, a volte letale (qui il rapporto della FDA sui casi avversi registrati tra chi ha fatto uso di mifepristone) e già visto con Vice e il lancio del filmato HowToUseAbortionPill.org: «Nello stesso lasso di tempo necessario per far bollire un uovo o rispondere a un’e-mail, un nuovo video online vi mostrerà come terminare una gravidanza con le pillole».

O come andare dal dentista

Aborto online facile come bollire un uovo, una narrazione che fa il paio a quelle più aggiornate sull’aborto chirurgico che, per esempio, «è come andare dal dentista»: così Amelia Bonow, fondatrice del movimento #ShoutYourAbortion ai ragazzini tra i 10 e i 14 anni che ancora non leggono il New York Times (vi ricordate la paginata «La gravidanza uccide, gli aborti salvano vite»?). Spiega Bonow che ad abortire non ci vuole nulla, «vai dai dottori e loro mettono questa piccola cannuccia dentro la tua cervice e dentro il tuo utero. E poi ti succhiano fuori la gravidanza. Mi sono sentita un po’ a disagio, ma poi è finita e mi sentivo davvero grata di non essere più incinta». Amelia Bonow è diventata una star pro choice impartendo lezioni come questa in tv, scrivendo post e articoli a tema “My Abortion Made Me Happy”, incensando il colosso delle cliniche abortive Planned Parenthood, «era finita in tre minuti. Ho avuto esperienze più dolorose con il filo interdentale».

Ma l’aborto non era un dramma? C’è da chiederselo mentre una sede di Planned Parenthood a Houston che normalmente eseguiva circa due dozzine di aborti al giorno, lamenta di averne fatti solo 52 in tutto nei dieci giorni successivi all’entrata in vigore della legge del Texas. O mentre il Guardian pubblica un pezzo sul «dibattito diventato tossico» in corso a San Marino alla vigilia del referendum sulla legalizzazione; “tossico” perché «i muri del piccolo paese, senza sbocco sul mare nel centro Italia, sono stati coperti di manifesti di attivisti anti-aborto che raffiguravano un ragazzino con sindrome di Down. La didascalia diceva: “Io sono un’anomalia, per questo ho meno diritti di te?».

O ancora, mentre la mostra del cinema di Venezia premia a furor di popolo e giornali L’événement, manifesto per l’aborto giocato sulla difficoltà per una donna negli anni Sessanta di terminare una gravidanza e che secondo attrice protagonista e giornali «è un argomento di estrema attualità. In Italia si parla di un 70 per cento di obiezione di coscienza», mentre a Bologna viene sommerso di proteste il cinema che proietta Unplanned, la storia vera di Abby Johnson, ex manager di Planned Parenthood che decise di mollare dopo avere assistito a un’interruzione di gravidanza.

Il dramma non è l’aborto, ma non abortire

Dovremmo trovare difficile conciliare i vecchi slogan sull’aborto “safe, legal, and rare” (sicuro, legale e raro) con i nuovissimi “safe, legal and accessible to every person who chooses it” (accessibile a tutti), cioè su richiesta e senza giustificazione. Ancora di più sostenere la depenalizzazione dell’aborto, rivendicando il dramma a esso sotteso e la libertà della donna dallo stigma di abortire, e al contempo censurare scelte di senso opposto basate sul riconoscimento dello stesso dramma.

Dovremmo, perché passati dal sostegno alla scelta personale al tifare aborto per tutti, è diventato lecito parlare di “dramma” solo in riferimento alle condizioni di accessibilità. Proprio come consumatori su Amazon: se non è facile, se esiste l’obiezione di coscienza e le cliniche fanno meno aborti, allora sì che l’aborto è un dramma, su cui pesano stigma, «omertà, ombra» (dall’invettiva sulla Stampa di Alice contro papa Francesco e chi parla di «dramma, dolore, cicatrice. Non è sempre così, questo è il modo per non parlarne o per instillare comunque un senso di colpa in chi decide di parlarne»).

Altrimenti? Altrimenti è come andare dal dentista. Da Rolling Stone ad Alice, dalla Mostra di Venezia al Guardian su San Marino si leva alto il coro dei tifosi pro-choice, si accendono le luci dei pc, si fa chiasso per urlare mai più stigma, ombra, omertà. Non ci si pone nemmeno più il problema del bambino perché il dramma non è più l’aborto, il dramma è non riuscire a rendere facile, legale, sicuro e alla portata di tutti uccidere un bambino con un click mentre l’acqua bolle.

Foto Ansa

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